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L’effetto Flynn – Più parole e meno immagini per il nostro QI

Milioni di anni fa c’era l’uomo preistorico, prima ancora la scimmia, oggi l’uomo va nello spazio senza
particolari problemi, l’evoluzione umana ha fatto innegabilmente passi da gigante. Si è visto nel corso del
tempo come il QI, il Quoziente Intellettivo medio della popolazione, sia aumentato progressivamente, un
fenomeno conosciuto come ‘Effetto Flynn’ dal nome dello studioso statunitense James Robert Flynn,
vissuto in Nuova Zelanda, che per la prima volta ha scoperto che i valori di Q.I. aumentano col passare del
tempo, mediamente di 3 punti ogni 10 anni.
Alla base di questo fenomeno motivazioni logiche e più che ovvie, come una migliore alimentazione, un
aumento della scolarizzazione, ancora nel secolo scorso l’analfabetismo anche in Italia era piuttosto diffuso,
un ambiente stimolante fatto di problemi da risolvere, hanno contribuito all’evolversi della capacità umana
di generare progresso. E’ doveroso puntualizzare che molti analisti del tema tendono a distinguere
l’aumento del QI dall’evoluzione umana.
A parte i dubbi sulla correlazione QI-evoluzione, quello che appare certo è che le nuove generazioni stanno
regredendo, un fenomeno che si nota a partire dal 1970 e che è stato oggetto di ricerca da parte di due
ricercatori del Centro Ragnar Frisch per la ricerca economica in Norvegia, Bernt Bratsberg e Ole Rogeberg,
che hanno esaminato un ampio campione di dati del quoziente intellettivo di giovani militari in Norvegia,
per un periodo di quasi 40 anni. I risultati sono pubblicati sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America. La misurazione dei punteggi Qi di 730mila giovani uomini misurati, è avvenuta in occasione della visita di leva per il servizio militare norvegese nel periodo dal 1970 al 2009. Il campione è stato suddiviso in due sottogruppi di età, i ragazzi nati fra il 1962 e il 1975 (che entravano come nuove leve dal 1970 al 1993) e quelli più giovani, nati fra il 1975 e il 1991 (con punteggi misurati dal 1993 al 2009).
La regressione è stata osservata anche all’interno dello stesso nucleo famigliare, dove i fratelli minori
appaiono avere un punteggio inferiore rispetto ai primogeniti. Da questo si deduce che non si tratta di
scolarizzazione ed alimentazione, quindi dell’ambiente interno, ma delle influenze esterne. I due studiosi
affermano che l’effetto Flynn al contrario sia da imputarsi all’uso crescente del mezzo televisivo e dei
media, che proprio a partire dagli anni ’70 hanno iniziato la loro virale ascesa.
Il fenomeno è d’altronde chiaramente visibile gettando un occhio attento sui social, la distorsione della
realtà per farla collimare con i propri pensieri, il voler dimostrare di avere conoscenze in ogni campo senza
detenerne alcun titolo, i pregiudizi crescenti. Sono peraltro sfatati dagli studi di Flynn alcuni pre-concetti,
oltre dimostrare con i numeri che il totalitarismo sminuisce l’aumento del QI, i numeri dimostrano che non
è vero che un buon welfare ne favorisca l’aumento. Svezia e Norvegia che sono all’apice della catena sono
ora in regresso, mentre il terzo mondo conosce un incremento progressivo più che interessante. Tirando le
somme potremmo pensare che uno dei fattori più importanti, a questo punto, sia il minore impatto dei
media nel terzo mondo, diciamo che ci vorrebbero più parole e meno immagini per tornare ad un Effetto
Flynn positivo.
MAURIZIO DONINI