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Infolampo: Tasse – Europa

Abbassare le tasse ai ricchi fa stare meglio i poveri? Le
illusioni del trickle down
“Se uno fattura di più e paga di più è chiaro che risparmia di più, reinveste di più, assume un operaio in
più, acquista una macchina in più e crea lavoro in più. Non siamo in grado di moltiplicare pani e pesci.
Ma l’assoluta intenzione è che tutti riescano ad avere qualche lira in più in tasca da spendere”. Così si è
espresso alcuni giorni orsono il Ministro Salvini, per difendere quella che a molti pare una proposta di
riforma dell’imposta personale sul reddito che va a favore solo delle famiglie più ricche.
Scritto da: FraGRa
Lasciamo da parte il riferimento (lapsus?) alle lire. Concentriamoci sull’assunto soggiacente, quello del
cosiddetto effetto sgocciolamento, o con il termine inglese,
del trickle down: se stanno meglio i più ricchi, staranno
meglio tutti.
Il trickle down ha una lunga storia.Anche se non ancora
con questo nome, esso è menzionato più di 120 anni fa, nel
1896, da William Jennings Bryan, tre volte candidato alla
presidenza degli Stati Uniti per i Democratici, in un
discorso considerato tra i più influenti della storia politica
americana e noto come Cross of Gold Speech. Affermava
Bryan: “C’è chi crede che, se si legifera per rendere più
prosperi coloro che già stanno meglio, la prosperità
sgocciolerà su coloro che hanno meno”.
Bryan già allora ne riconosceva i limiti, aggiungendo che
“l’ideale dei Democratici era, però, sempre stato che se si
legifera per rendere prospere le masse, la loro prosperità avrebbe trovato modo di espandersi anche verso
le classi superiori”. Dunque, Bryan contrapponeva al trickle down una sorta di trickle up.
L’idea ha, tuttavia, continuato a prosperare, sgocciolando, anch’essa, da un Presidente americano
repubblicano a un altro, passando da Reagan a Bush e a Trump. In forma leggermente diversa si è
infiltrata anche nel campo democratico. “Un’onda che si alza solleva tutte le barche” affermò più volte J.
F. Kennedy. “Se si riducono i redditi dei più ricchi si finisce con il non aiutare i più poveri” è stato un
convincimento cardine del pensiero di Blair. Ora, l’idea sembra essere pienamente accolta dal governo
italiano.
Stupisce questa longevità del trickle down e non è facile spiegare con l’evidenza empirica e con l’analisi
teorica l’ampiezza del consenso che riceve. Quanto alle evidenze empiriche, in un lavoro assai accurato,
Andrews, Jencks e Leigh (Do top incomes lift allboats?, The B.E. Journal of Economic Analysis and
Policy, 11, 2011) esaminano i dati relativi a 12 paesi avanzati- che in alcuni casi coprono l’intero periodo

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illusioni-del-trickle-down/

Io, la mia malattia e il patto spezzato

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Viaggiare, studiare, curarsi: come sarebbe senza l’Europa
Devo partire per Amsterdam e non trovo il passaporto. Prima dell’Eurexit, battezzato dagli entusiasti il
giorno del Grande Risveglio della Sovranità (GRS), non serviva. Avevo in tasca la carta d’identità e non
dovevo neppure tirarla fuori. Finirà che perderò l’aereo. Un bel guaio con quello che mi è costato il
biglietto.
di Paolo Soldini
Una volta per andare ad Amsterdam spendevo 40-50 euro; ora in dollari o in nuovi marchi tedeschi (le
neolire non vengono accettate per i voli internazionali) pago venti volte tanto. I voli low-cost non esistono
più, perché le compagnie di bandiera operano in regime di monopolio. Se poi il volo dovesse essere
annullato per colpa della compagnia, nessuno mi rimborserebbe perché sono decaduti i regolamenti
europei che tutelavano i passeggeri. Potevi fare un’assicurazione, direte. Sì, potevo. Ma mi sarebbe
costata un’iradidio: finita la concorrenza europea tra le società, i prezzi sono schizzati alle stelle.
Ma è proprio necessario andare ad Amsterdam? Non è meglio restarsene ciascuno a casa propria, dove
tutti parliamo la stessa lingua e abbiamo, più o meno, le stesse abitudini? Sì, io devo andarci perché lì
vive mio figlio, che ha fatto l’Erasmus, si è laureato ed aveva trovato un lavoro in una società olandese.
Non vorrebbe tornare, ma potrà restare lassù solo se Italia e Paesi Bassi faranno un accordo bilaterale
sugli scambi professionali. In ogni caso, questione di anni. Aveva anche una fidanzata, ma poiché lei
faceva ancora l’Erasmus, quando lo hanno chiuso non aveva più titolo per risiedere ancora nei Paesi
Bassi. Così non le hanno concesso il permesso di soggiorno ed è tornata in Italia. Dove l’università ha
dovuto ricominciarla da capo perché i titoli conseguiti in Olanda da noi non sono più riconosciuti.
Poco male, direte: torneranno nel nostro bel paese. Non è così semplice. Ad Amsterdam vivevano
insieme, ma qui dovranno cercare una casa e i mutui, da quando non c’è più l’euro, sono aumentati
spaventosamente. Possono cercare una casa in affitto, certo. Ma l’impennata dei mutui ha stravolto tutto il
mercato immobiliare e anche gli affitti sono saliti alle stelle.
Intanto, finché non torna, lui deve evitare assolutamente di ammalarsi: gli accordi europei sul mutuo
riconoscimento sulla copertura delle spese sanitarie sono caduti con l’Eurexit. Dovrebbe pagare le cure
tutte di tasca sua e io non potrei aiutarlo in alcun modo, giacché i bonifici SEPA (quelli espressi in euro)
sono stati aboliti insieme con la moneta comune e ora inviare soldi all’estero è come partire per un
viaggio al buio nel labirinto della burocrazia delle banche e dell’Istituto Italiano Cambi. Lui ha un conto
in un istituto di Amsterdam, certo, ma le autorità fiscali olandesi potrebbero bloccarlo in attesa che, caduti
i regolamenti europei sui depositi, si chiarisca dove, a chi e come un cittadino italiano con un conto
olandese debba pagare le tasse.
Se perdo l’aereo (e trovo il passaporto) ad Amsterdam posso pensare di andarci in macchina. Ho una
Peugeot nuova di zecca che mi è costata un occhio della testa, il 30% in più del vecchio prezzo di listino
dopo che sono stati introdotti i dazi sulle importazioni di automobili. Il problema è che dovrei attraversare
almeno tre frontiere e vedo dai telegiornali che le attese alle dogane durano adesso ore ed ore. Si deve
dichiarare tutto quello che si ha nel bagagliaio e, come succedeva al tempo dei nonni, dimostrare che si
tratta di oggetti personali. I generi alimentari e gli alcolici, comunque, sono esclusi: ogni paese ha
reintrodotto le norme igieniche e di tutela nazionali. Inoltre, non vorrei che mi capitasse ciò che capitò a
un turista tedesco negli anni ’70. Aveva in auto una scorta di cinque litri di benzina, com’era obbligatorio
all’epoca in Germania e in Austria. Ma al confine del Brennero gli venne segnalato che in Italia, invece,
era proibito trasportare benzina fuori dal serbatoio. Allora, imprecando, decise di svuotare la lattina nei
campi. Ma anche questo fu impossibile perché, ovviamente, tanto in Austria che in Italia è proibitissimo
versare liquidi infiammabili all’aperto. Chissà come andò a finire. E poi, oltre alla vignette di 40 franchi
che si paga per percorrere le autostrade svizzere, in Germania dopo l’Eurexit hanno introdotto per gli
stranieri il pedaggio obbligatorio che non solo è molto salato ma deve essere pagato in contanti e in nuovi
marchi, cosicché bisognerà pure farsi una bella fila agli sportelli dei cambi.
Intanto, facendo la fila, potrei riempire i moduli delle polizie svizzera, tedesca e olandese mutuati su
quelli che si debbono riempire per entrare negli Stati Uniti d’America. Sei un terrorista? Hai gravi
malattie contagiose? Sarai ospite di qualcuno? Vieni per lavorare? Come ti manterrai durante il
soggiorno?
No, non sono un terrorista, anche se potrei diventarlo se continuate a tormentarmi. I terroristi veri sono
già tra noi e non si fanno beccare alla frontiera dalle raffiche di stupide domande dei formulari. Dicevate
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