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Infolampo: Conto – Fisco

Il conto con lo sconto
Mentre si vuole abolire il tetto ai contanti, la Ue ci ricorda che il nostro Paese è al top per l’Iva non
versata. Nelle transazioni tra privati sottratte all’Erario somme per 35 miliardi. In attesa della fattura
elettronica…
di Giorgio Frasca Polara
L’Italia è ancora una volta in testa nell’Unione europea per Iva non pagata. Un calcolo del sommerso,
cioè della truffa, dà una differenza di 35 miliardi tra imposta dovuta e imposta effettivamente versata. Il
confronto tra Italia e gli altri paesi comunitari è stato fatto dalla Commissione europea che segnala anche
una modesta riduzione dell’evasione italiana da 40.818 ad, appunto, 35.095 miliardi nell’arco di un
quinquennio. Poca cosa, tanto più che la diminuzione non è
dovuta ad una resipiscenza, come dire “morale”, dei truffatori ma
alla adozione di uno strumento – lo split payment – in qualche
misura efficace per l’Erario ma più oneroso per le imprese. Si
tratta del meccanismo per cui è direttamente la pubblica
amministrazione a versare l’Iva nelle operazioni con i fornitori
privati.
Ma resta il nodo delle operazioni da privato a privato: mercati,
commercio minuto, ristorazione, caffetterie, ecc. Più efficace
potrebbe rivelarsi l’arrivo (con il 1° gennaio dell’anno prossimo)
della fattura elettronica, che supera lo split, che è generalizzata e
che è ritenuta arma più efficace anche se con un limite rilevato
dal Sole24Ore: l’omessa fatturazione, soprattutto se riguarda
l’intero ciclo, non sarebbe comunque tracciata e resta comunque a
valle il problema dell’Iva sul consumo finale.
Ma restiamo all’enormità della truffa italiana. Già, perché il paragone tra i primi cinque paesi dell’Unione
certifica non solo il peso in valore assoluto del Vat gap (cioè il differenziale tra imposta dovuta e imposta
pagata) ma anche il peso percentuale sul totale dell’Ue. Ebbene, con i suoi 35 miliardi di Iva evasa,
l’Italia pesa per il 23,2% sul totale comunitario, mentre la Germania pesa per il 14,8 (malgrado un
aumento dell’evasione tra 20.589 a 22.366 miliardi); il Regno Unito è praticamente allineato alla
Germania nel peso (14,7) ma c’è un aumento assai maggiore dell’evasione: da 12.696 a 22.210 miliardi
nello stesso quinquennio. Il peso dell’evasione francese nel totale Ue è del 13,3%, e solo del 6,4 in
Polonia.
A proposito di truffe, c’è da segnalarne un’altra, anch’essa tutta italiana: la sezione antifalsificazione
monetaria dei carabinieri ha scoperto l’esistenza di un mercato della contraffazione delle “tacche” adesive
dell’imposta di bollo e dei contributi unificati utili a iscrivere a ruolo cause civili e amministrative presso
i tribunali. Secondo il colonnello Francesco Ferace, a capo del comando antifalsificazione, il mercato nero
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Il rebus dei riders avrebbe
bisogno di una legge

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Pace fiscale, i veri numeri della manovra di Salvini
L’Osservatorio sui conti pubblici di Carlo Cottarelli fa chiarezza sulla misura che nel programma della
Lega dovrebbe aggredire 650 miliardi di crediti. In realtà, non sono più di 51. E con lo sconto offerto, lo
Stato perderebbe buona parte del dovuto
di Eugenio Occorsio
ROMA – Non più di 51 miliardi. Altro che i 650 miliardi di cui parlava il programma elettorale della
Lega, quindi il contratto di governo, infine Armando Siri in un’intervista a Repubblica dello scorso 10
giugno. A tanto, e non di più, ammontano i crediti potenzialmente riscuotibili dello Stato con qualche
forma di “pace fiscale” secondo Carlo Cottarelli. L’Osservatorio sui conti pubblici italiani, che
attualmente Cottarelli dirige presso la Cattolica di Milano, ha in un rapporto – che verrà pubblicato oggi
sul sito dell’Osservatorio – pazientemente rielaborato e riordinato la giostra di numeri che diversi
esponenti del governo (tranne il ministro dell’Economia Giovanni Tria che continua ad opporsi a qualsiasi
tipo di condono o simili) continuano invece a presentare all’opinione pubblica.
E’ in particolare la Lega ad insistere. La cifra dei 650 miliardi sbandierata dallo stesso Salvini nel suo
programma elettorale e successivamente ripetuta in più di un’occasione, trarrebbe origine da una relazione
in commissione Finanze della Camera del 9 febbraio 2016 dell’amministrazione delegato di Equitalia,
Ernesto Maria Ruffini, che per la verità aveva parlato di 1058 miliardi. Salvini ha ritenuto appropriato
escludere i crediti dei soggetti nullatenenti per 314 miliardi, ma non è chiaro come sia arrivato a 650. Se
infatti non andassero considerati neanche i soggetti falliti, i crediti per cui la riscossione è sospesa per
forme di autotutela, le persone decedute e le imprese cessate, si scenderebbe a 500 miliardi e non 650. Siri
nel suo libro “Flat Tax, la rivoluzione fiscale in Italia è possibile” a pagina 150 riporta la cifra di 575
miliardi di crediti inesigibili, anche qui diversa dai 650 del suo segretario. Insomma, grande è la
confusione sotto il cielo della Lega, e il rapporto dell’Osservatorio cerca di mettere ordine. Vediamo
come.
Partendo dai numeri della relazione Ruffini (che si riferisce a dati di fine 2015) qual è l’importo dei crediti
che potrebbero effettivamente essere riscuotibili? Dei 1.058 miliardi, 217 sono stati annullati degli stessi
enti creditori, perciò non sono più dovuti dai contribuenti. E così l’ammontare dei crediti effettivi (il
cosiddetto carico netto) era di 842 miliardi di euro a fine 2015. Sempre secondo la relazione Ruffini,
occorre poi escludere i soggetti deceduti e le ditte cessate (78,5 miliardi), i falliti (138 miliardi) e i 92
miliardi dei soggetti nullatenenti secondo l’Anagrafe tributaria. Si arriva quindi a un carico effettivo in
riscossione pari a 506 miliardi di euro. Ma non è finita: occorre sottrarre ancora 314 miliardi di crediti
verso i quali sono già state implementate azioni di riscossione che non hanno avuto esito positivo, poi 34
miliardi non incassabili perché coperti da varie misure volte a sostenere i debitori in difficoltà economica
(ad esempio se si ha un debito inferiore ai 120mila euro, l’Agente di riscossione non si può rivalere sui
beni immobili anche diversi dalla prima casa), quindi 25 miliardi di pagamenti che comunque sono già
stati rateizzati nonché 81 miliardi che sono già stati riscossi anche se non ancora contabilizzati. Quindi, al
netto di tutti questi fattori, i crediti veramente recuperabili ammontano, secondo Cottarelli, a 51 miliardi
di euro. La cifra di quanto sarebbe riscuotibile è quindi meno di un decimo di quanto ipotizzato nel
documento della Lega.
Un margine di incertezza, ammette il rapporto (materialmente redatto da Piergiorgio Carapella, uno dei
ricercatori che lavorano con Cottarelli), potrebbe esistere per i 314 miliardi per cui si sono tentate
riscossioni senza successo e si potrebbe pensare che, con uno sconto particolarmente forte, contribuenti
recalcitranti potrebbero accettare di pagare una parte di quanto dovuto. Visti però gli inutili tentativi di
precedente riscossione, sarebbe ipotizzabile ricavare qualcosa da questa voci solo attraverso uno sconto
davvero senza precedenti. Il rapporto prende in considerazione anche una serie di dati più aggiornati di
quelli considerati nel programma della Lega, ma non se ne esce: l’importo “aggredibile” non supera
comunque i 50 miliardi, anzi ancora meno: quest’importo va ridotto per quanto incassato tramite dalla
rottamazione delle cartelle esattoriali avviata dal governo Renzi, quella che prevede il saldo del debito
fiscale con l’eliminazione degli interessi di mora e delle sanzioni: con tali provvedimenti si prevede di
ottenere ulteriori 7,5 miliardi, che salirebbero a 10 tenendo conto dello stralcio degli interessi e delle
sanzioni dall’ammontare totale dei crediti. È però aumentato (da 314 a 348 miliardi) il totale dei crediti
per cui si sono tentate azioni di riscossioni, credito per cui esiste comunque un margine di incertezza.
In tutti i paesi avanzati, conclude lo studio, l’amministrazione fiscale può offrire sconti di pagamento dei

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