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Infolampo: Occupati – Immigrazione

Occupati in aumento, ore prestate sotto i livelli del 2008
I risultati di un report elaborato dalla Fondazione Di Vittorio confermano il trend negativo. Fammoni:
“La divaricazione che emerge segnala, assieme ai dati sul tempo determinato e sul part time
involontario, il peggioramento della qualità del lavoro”
Nel primo trimestre 2018 il numero degli occupati torna ai livelli precedenti la crisi, ma lo stesso non
avviene per la quantità di ore lavorate. Lo sottolinea il report “Ore lavorate e Pil dieci anni dopo”,
elaborato dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio della Cgil. “È corretto affermare – si legge nella ricerca
– che il numero di persone occupate recupera il livello massimo toccato prima della crisi, ma nello stesso
tempo va segnalato che la quantità di lavoro effettivamente
prestata nel primo trimestre 2018 è ancora inferiore di 693
milioni di ore a quella dello stesso trimestre del 2008; tale
differenza corrisponde a meno 1,2 milioni di unità di lavoro
equivalenti a tempo pieno (Ula), che rappresentano il numero
di ore necessario per coprire continuativamente a un orario
standard un posto di lavoro”.
Una divaricazione, quella tra andamento delle ore e occupati,
che – ne è convinto Fulvio Fammoni, presidente della
Fondazione Di Vittorio – “segnala, assieme ai dati sul tempo
determinato e sul part time involontario, il peggioramento
della qualità dell’occupazione”. Gli occupati a tempo
determinato nel primo trimestre del 2018 sono infatti 2,92
milioni, circa 600 mila in più rispetto allo stesso periodo del
2008. Sempre nello stesso arco di tempo, il part time (di cui
oltre il 64% involontario) si attesta, invece, a quota 4,27
milioni, un milione in più rispetto allo stesso periodo del
2008.
Un elemento ulteriore, utile a comprendere le tendenze in atto nel lavoro, è la relazione tra l’andamento
del Pil e le ore lavorate. Nel primo trimestre 2018, il Pil è inferiore del 5,5% rispetto al livello di dieci
anni prima e le ore lavorate del 6%. “Questi numeri – sottolinea ancora Fammoni – confermano che
quantità e qualità del lavoro sono prevalentemente legate ai meccanismi dello sviluppo e molto meno a
interventi normativi o di temporanea incentivazione”.
Per la segretaria confederale della Cgil, Tania Scacchetti, per superare “la drammatica condizione
qualitativa del poco lavoro che c’è nel nostro Paese occorre rilanciare gli investimenti, pubblici e privati,
unica condizione per recuperare una crescita sostenuta. E occorre reintrodurre le causali nei contratti di
lavoro a tempo determinato, per favorire occupazione stabile e affrontare la questione del lavoro povero e
delle grandi disparità di condizioni occupazionali e redistributive”.
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Colf e badanti. No al caporalato.
A Sondrio parte lo sportello

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http://temi.repubblica.it/micromega-online
L’omicidio Soumayla Sacko, il caso Aquarius e il
governo fascio-stellato
Mentre scrivo (13 giugno 2018), al centro dell’attenzione politica e mediatica è tuttora un’altra bella trovata
salviniana, assai prevedibile, per quanto fraudolenta e illegittima: l’interdizione di approdo in uno dei
porti italiani per la nave Aquarius della Ong SOS Mediterranée, carica di 629 persone, fra le quali sette
donne incinte, 11 bambini piccoli e 123 minori non accompagnati. E’ stato un atto non solo contrario a
un principio-obbligo universale e a svariate convenzioni internazionali (in primis, quella sulla ricerca e
il salvataggio marittimi), ma anche del tutto arbitrario sul versante istituzionale.
di Annamaria Rivera
Infatti, se mai, era al ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture che sarebbe spettato decidere in
proposito e comunque mai era accaduto prima che un ministro dell’Interno negasse la possibilità di sbarco
in seguito a un’attività di soccorso coordinata dalla Centrale operativa di Roma della Guardia costiera
(MRCC). E’, inoltre, l’indizio di una visione del mondo non solo razzista, ma pure delirante: il delirio
d’onnipotenza spinge Salvini – sempre più sulla cresta dell’onda, anche grazie ai risultati delle ultime
elezioni comunali – a immaginare di poter erigere muri al centro del Mediterraneo, non importa fino a
qual punto ciò incrementerebbe a dismisura la già mostruosa ecatombe in mare.
Per fortuna, in tal caso voci di dissenso si sono levate anche da parte delle istituzioni: i sindaci di Napoli,
Messina, Palermo, Reggio Calabria, Ravenna, Taranto, Crotone, Sapri, Cagliari, Trapani si sono detti
pronti ad accogliere la nave nei propri rispettivi porti; altri sindaci e alcuni governatori regionali hanno
espresso il loro sostegno. Infine, il capo del governo spagnolo, il socialista Pedro Sanchez, ha offerto
all’Aquarius la possibilità di attraccare nel porto di Valencia: un atto di solidarietà, una prova di
superiorità politica e morale, che, con la consueta meschinità, Salvini ha dapprima osato interpretare
come una vittoria del suo pugno di ferro, della sua ossessione di pulizia etnica. Finché dal governo
francese (che certo non brilla per spirito di accoglienza) non è giunta una dura reprimenda e quello
spagnolo ha ventilato una denuncia per violazione di convenzioni e trattati internazionali. Un grande
successo diplomatico, non c’è che dire; più brillante perfino di quello ottenuto col definire la Tunisia
quale paese esportatore di “galeotti”, cui il ministero degli Esteri tunisino ha reagito duramente,
convocando l’ambasciatore italiano.
In comparazione con la vicenda dell’Aquarius, ben più deboli sono stati risonanza mediatica, pietas e
sdegno politico e morale nel caso dell’assassinio, di stampo razzista e mafioso, di Soumayla Sacko, a San
Calogero, in provincia di Vibo Valentia. Eppure Soumayla non era solo uno dei tanti braccianti ridotti in
condizione semi-schiavile e costretti ad alloggiare in baraccopoli più che fatiscenti: egli, infatti, aveva
saputo resistere al processo di de-umanizzazione cui sono sottoposti i suoi simili, al punto da farsi
attivista sindacale, al servizio dei suoi compagni di sventura. Era davvero “un eroe che sferza la nostra
coscienza”, come a giusta ragione lo ha definito non già qualche buonista-estremista, bensì il pur
“moderatamente di destra”, Pierluigi Battista.
A colmare l’abisso d’indifferenza istituzionale verso un delitto tanto atroce ed esemplare, non è certo
bastato il convenzionale, tardivo omaggio alla sua memoria, pronunciato il 5 giugno scorso dal nuovo
presidente del Consiglio, durante il suo discorso d’insediamento. Abito della domenica e capelli
imbrillantinati in stile anni ’50, eloquio da grigio funzionario – immemore della storia, anche la più
recente (alludo alle numerose gaffe, la più grave su Piersanti Mattarella) – Conte ha osato, nel corso di
quell’ossequio, puntualizzare che la vittima era un immigrato regolare. Come se il suo brutale assassinio
sarebbe stato da considerare un atto meno grave nel caso che, per esempio, al povero Soumayla fosse
scaduto il permesso di soggiorno e fosse in attesa del suo rinnovo oppure fosse stato, non certo per sua
scelta, un “clandestino”, come dicono loro.
Ancor più ipocrita, a dir poco, è suonato, quell’ossequio, in quanto pronunciato nel contesto di un discorso
punteggiato da feroci banalità sul tema-immigrazione: “finta solidarietà”, “business dell’immigrazione”,
difesa degli “immigrati che arrivano regolarmente sul nostro territorio”…Sebbene sia un giurista, Conte
sembra ignorare che, per quanto di dubbia legittimità costituzionale, in Italia vige tuttora la legge detta
Bossi-Fini (30 luglio 2002, n. 189), che rende pressoché impossibile arrivare “regolarmente sul nostro
territorio”.
E che dire della patetica visita alla vecchia tendopoli di San Ferdinando, compiuta, oltre ogni tempo
massimo, dal presidente della Camera, Roberto Fico? Mentre la vicenda dell’Aquarius contribuiva a
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