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La “guerra” termoelettorale

E’ bene che i cittadini, elettori, del nostro Paese si preparino a quanto potrà accadere nei prossimi mesi, un periodo assai lungo di campagna elettorale, combattuta senza freni inibitori e con grande asprezza. Già ieri le esternazioni di alcuni politici, Di Battista in testa, hanno lasciato presagire quello che sarà il tema dominante delle prossime settimane, quali gli obiettivi sensibili da “abbattere”, quali le postazioni da conquistare. Ne è consapevole il Capo dello Stato, il quale con un’analisi puntuale, a tratti “puntuta” e ridondante ha fatto il punto della situazione di stallo, creatasi a seguito delle posizioni inconciliabili, dei veti e delle furbizie dei partiti e dei movimenti. Bene ha fatto il Capo dello Stato a sottolineare più volte i rischi derivanti dall’attuale paralisi, bene ha fatto il Capo dello Stato a chiarire agli italiani, quali sono gli scenari possibili e futuribili, non omettendo alcunché, al fine di fornire a tutti un quadro chiaro delle posizioni. Il Capo dello Stato ha dato la massima trasparenza agli accadimenti di questi giorni, ha offerto attraverso un governo di tregua una ulteriore possibilità ai partiti di trovare un’intesa e ha definito una dead line coincidente con la fine del 2018. Ha offerto alcuni spunti di riflessione per quanto concerne le possibili e molto probabili elezioni anticipate, Luglio, Ottobre o inizio 2019, per ognuna di queste ipotesi ha illustrato i pro e i contro senza infingimenti, senza neppure tacerne i rischi  legati all’inasprimento dei toni oramai troppo alti. Nonostante ciò e con autentico sprezzo del garbo istituzionale alcuni partiti e movimenti hanno immediatamente cercato di dettare l’agenda al Quirinale invocando le elezioni già a Luglio, fermi nel proposito di perseguire non il bene del Paese, ma unicamente gli interessi elettorali e di parte. Sono oramai cadute tutte le maschere. Il Capo dello Stato ha pazientemente atteso i colloqui tra le forze politiche, ha assistito silente al gran teatrino delle indisponibili disponibilità, rese ad arte per allungare i tempi e alzare cortine fumogene, mentre ogni giorno si consumavano a favor di telecamere e taccuini scontri furibondi e messaggi sempre meno politici e sempre più elettorali. Cosa cambierebbe votare tra qualche mese con questa stessa legge elettorale in assenza di coalizioni reali e di una forte divaricazione tra le forze politiche? Probabilmente nulla. Qualche forza politica guadagnerebbe punti percentuali a scapito delle formazioni affini, ma nessuno potrebbe contare su una maggioranza solida. Sarebbero ancora necessarie alleanze, quelle alleanze che non sono state possibili fino ad ora, per assenza di senso politico, di strategie condivise, di capacità di analisi, di sintesi e infine la somma incapacità di arrivare ad un compromesso, sempre necessario nell’arte della politica, purché a fin di bene e nell’interesse del Paese. Il nodo è proprio questo! A quanti interessa il bene del Paese? Interessa forse coloro che vogliono l’uscita dall’euro? A quelli che vogliono finanziare la crescita con nuovo debito? O forse interessa a quanti vorrebbero applicare una tassa la flat tax che alla resa dei conti privilegia i redditi alti e non rende giustizia a chi le tasse le ha sempre pagate per intero? Lo scenario è cupo e il baratro non è lontano, ma pochi ne sono consapevoli e ancor più interessati ad evitarlo!

ARES