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Infolampo: Sviluppo – Politica

La sfida dello sviluppo sostenibile
La Cgil presenta la sua Piattaforma integrata, costruita in un percorso di condivisione con categorie e
strutture territoriali, che si pone l’obiettivo di tenere insieme tutela dell’ambiente, legalità e creazione
del lavoro nell’azione contrattuale
di Riccardo Sanna
Le sfide ambientali rappresentano per le istituzioni come per le organizzazioni sociali una sfida, non solo
ineludibile, ma anche imperdibile. Tra le macro-tendenze che attraversano il volto attuale della
globalizzazione e tracciano già i lineamenti del futuro ci sono senz’altro i cambiamenti climatici, che
assieme all’innovazione tecnologica, alle grandi migrazioni e
al rallentamento demografico, incideranno profondamente nei
modelli di vita, nell’economia e inevitabilmente nel lavoro,
rischiando di generare ulteriori squilibri macroeconomici, a
partire dall’acuirsi delle disuguaglianze e della
disoccupazione (qui il testo della piattaforma della Cgil).
Non è solo una questione etica. Proprio le arretratezze e le
potenzialità ancora inespresse dall’economia verde possono
modellare lo sviluppo globale nella direzione di una nuova
sostenibilità, non solo ambientale, ma anche economica e
sociale. Le opportunità di crescita, di lavoro, di investimento
per le economie industrializzate sono innumerevoli, tanto per
quelle avanzate che per quelle di recente sviluppo. Tali
possibilità, però, sono direttamente correlate alla capacità di
governare il processo – attraverso l’intervento pubblico e le
relazioni industriali – per assicurare una “giusta transizione”.
Sebbene gli obiettivi ambientali siano stati contrapposti troppo spesso al lavoro, la Cgil resta convinta che
una sintesi non solo sia possibile, ma necessaria per tutelare l’ambiente dove viviamo e la salute di
lavoratori e cittadini. D’altra parte, gli impegni internazionali dopo l’Accordo di Parigi 2015 (Cop21) e
gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu (SDGs), così come i vari target delle Agende europee dal
2020 al 2050, nei prossimi anni determineranno scelte profonde per il nostro Paese.
A titolo esemplificativo, la nuova strategia europea sull’economia circolare, con cui si stabilisce il riciclo
totale degli imballaggi in plastica entro il 2030, il bando delle microplastiche nei cosmetici e misure per
ridurre oggetti in plastica mono-uso (come le stoviglie). In sintesi, la Commissione europea dichiara
guerra alla plastica con una strategia – una nuova direttiva sulle strutture portuali e uno strumento per
monitorare gli avanzamenti nell’economia circolare – con lo scopo di ridurre i 25 milioni di tonnellate
l’anno di rifiuti da plastica prodotti in Europa, aumentando il ricorso al riciclo e al riuso, che oggi è solo
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Anci e pensionati firmano un
accordo sul welfare

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Elezioni 2018 e trattative: così l’Italia narra la politica
come un reality
Stiamo assistendo a un processo involutivo, di infantilizzazione del dibattito, che non lascia tranquilli. La
liturgia istituzionale segue ormai la logica del reality del varietà del sabato sera.
di Massimo Del Papa
Un tangaccio. Una mazurka di periferia. Una lounge grottesca alla Fantozzi. Breaking news! «Ecco!
Ecco! Ci siamo! Vi interrompo brevemente, scusate, ma…». La narrazione dell’elezione dei presidenti
delle Camere ha segnato, televisivamente parlando, nuovi orizzonti, più cartonati, più cartoonati.
Qualcosa di isterico, di avventuroso, di genere fantafiction, qualcosa che c’è ma non c’è (o viceversa), che
esiste ma è distante, come di un altro mondo che ci investe ma non ci riguarda, ci condiziona da remoto
come la luna con le maree ma vive di logiche tutte sue e noi possiamo solo guardarlo, subirne i riflessi:
appassionandoci, possibilmente.
TUTTO SEMBRA UN GRANDE REALITY. È difficile stabilire se la versione Lara Croft o Tomb
Raider di Fico e Casellati – se la playstation del parlamento – sia inevitabile, se cioè cammini
marxisticamente «nel senso della storia» – e della tecnologia; quello che però sembra certo è che stiamo
assistendo a un processo involutivo, di infantilizzazione delle istituzioni e della politica che non lascia
tranquilli: tutto pare trattato lungo le coordinate del reality, comunque del format logorroico, di squisita
apparenza, tutto indugia sui particolari secondari, il look del candidato di turno, gli sguardi scoccati con
alleati e antagonisti, le entrate e uscite dai ristoranti, e, naturalmente, le schermaglie via Twitter.
“Quello che però sembra certo è che stiamo assistendo a un processo involutivo, di infantilizzazione delle
istituzioni e della politica che non lascia tranquilli”
Ma, quanto a questo, si resta nel solco della comunicazione recente, diciamo degli ultimi 15 anni, al più
tardi dal rinomato risotto di D’Alema da Vespa che segnò uno spartiacque nella mitopoiesi del potere. A

marcare un salto di qualità in quell’episodio è proprio il modo in cui il contesto nella sua completezza-
complessità fu trattato: la dimensione ludica che copre tutto, senza lasciare spazi vuoti e le stesse

ricostruzioni scritte se ne lasciarono contagiare. Come se ogni epifenomeno politico – le trattative, le
manovre sotterranee, gli inevitabili tradimenti, il minuetto tattico delle finte aperture e dei voltafaccia in

contropiede, gli incontri riservati – non potesse ormai venire ricostruito e servito agli elettori-cittadini-
spettatori in altro modo, sotto altra luce che non sia quella di un gioco di ruolo.

COME NELLA LITURGIA DEI TELE-CAPODANNI. Complicato pure capire se l’effetto sia cercato o
solo pavloviano, cioè servile; se, in altre parole, ci sia del metodo o della malizia in questo epicizzare e
insieme irridere i (nuovi) protagonisti delle istituzioni, come a voler significare che, alla fine, non vanno
presi sul serio, che sono dei pupazzi (manovrati da chi? Manovranti chi?). Nondimeno si coglie, si
intuisce una brezza carica di implicazioni inquietanti, tanto più che i presupposti sono recentissimi: già le
scorse elezioni, ancora fresche eppure relegate alla preistoria della cronaca, per quella curiosa distorsione
temporale che, complice l’uso forsennato di una tecnologia forsennata, deforma i tempi fisiologici della
assimilazione degli eventi, somigliavano tanto alla liturgia dei tele-Capodanni: conti alla rovescia,
animazioni anche demenziali, grafici coloratissimi pertanto incomprensibili, strilli, strepiti, previsioni,
premonizioni, smentite, manie di persecuzione, miraggi, mancava solo il trenino finale.
Elezioni mai così inafferrabili, ingestibili, una campagna elettorale mai così sopra le righe, orfana di
applicazioni tecniche, nella quale non si è parlato “di” lavoro ma “sul” lavoro, non si è mai accennato,
neppure per sbaglio, a misure determinabili, alle coperture di spesa per i progetti più fantasiosi, al debito
pubblico, ai delicati scenari geopolitici, alle crisi umanitarie, non si è proposta, da nessuna parte, l’ombra
di un programma organico e coerente, si è discusso solo di alleanze, di presa del Palazzo, di percentuali,
di segmenti elettorali da conquistare come mercati, di proiezioni. Quindi, il giorno della consultazione
vera e propria gli argini si sono rotti e l’allegra pazzia ha travolto tutto e tutti. Sino ai fuochi d’artificio
finali, coi festeggiamenti dei vincitori che in parecchie circostanze hanno suggerito, più che la composta
gravità di chi si sente investito da responsabilità enormi, l’oscena felicità di fine anno, con le cucine
vecchie e i pitali scaraventati per strada, preferibilmente sulle macchinette dei Fantozzi che votano.
“I festeggiamenti dei vincitori in parecchie circostanze hanno suggerito, più che la composta gravità di
chi si sente investito da responsabilità enormi, l’oscena felicità di fine anno, con le cucine vecchie e i

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reality-show-festeggiamenti/218976/