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Infolampo: Pensioni – trasporti

La bomba sociale delle pensioni
Sbilanciamo le elezioni/ Se si proietta nei prossimi 2-3 decenni la situazione attuale, larga parte di
coloro che sono entrati nel mercato del lavoro dalla metà degli anni ’90, oltre ad essere penalizzati da
salari bassi e saltuari nella vita attiva, lo saranno in misura corrispondente anche come pensionati
di Felice Roberto Pizzuti
Nel nostro sistema previdenziale sta crescendo una vera e propria “bomba sociale”[1] generata dalla
combinazione dei cambiamenti intervenuti a partire dagli
anni ’90 nel mercato del lavoro e nel sistema pensionistico
e, in particolare, dal passaggio del calcolo della pensione al
metodo contributivo.
Il metodo contributivo, in primo luogo, ha irrigidito il
funzionamento del sistema pensionistico: lo ha ancorato
alla logica dell’equilibrio attuariale, ma a discapito
dell’equità previdenziale; ha uguagliato i tassi di
rendimento interni, ma ha ridotto fortemente le possibilità
redistributive. In secondo luogo, da un lato, ha stabilizzato
la spesa e, anzi, tende a ridurne l’incidenza sul PIL; d’altro
lato, a ciascuna generazione ripropone con più forza per la
vecchiaia la stessa distribuzione dei redditi dell’intero
periodo lavorativo e ostacola la possibilità di adattamenti
micro e macro delle prestazioni pensionistiche alle
condizioni economico-sociali correnti.
A quest’ultimo riguardo va ricordato che i sistemi
pensionistici – pubblici o privati, a capitalizzazione o a
ripartizione – pur con diversa trasparenza, redistribuiscono parte del reddito correntemente prodotto dalle
generazioni attive a quelle anziane contemporanee.[2]
La redistribuzione tra generazioni contigue è sempre esistita; l’entità e le modalità dei trasferimenti
costituiscono un pilastro importante della coesione sociale e i loro cambiamenti andrebbero gestiti con la
consapevolezza anche dei tempi delle loro conseguenze.
Il reddito corrente trasferito a ciascun anziano dipende anche da quanto egli ha fatto nel suo periodo di
attività; ad esempio, quanto egli ha contribuito al sistema pensionistico. Ma l’entità e le modalità del
trasferimento dipendono anche e soprattutto dalla possibilità e dalla disponibilità delle generazioni attive
di trasferire parte del reddito correntemente prodotto agli anziani contemporanei, e da tali scelte
discendono più generali conseguenze economiche e sociali.
Nel secondo dopoguerra, quando i sistemi produttivi erano pressoché distrutti, i sistemi pensionistici
avevano ben poco da redistribuire agli anziani; pur essendo per lo più finanziati a capitalizzazione e,
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Macerata, il 18 febbraio corteo
antifascista

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migranti a Pietraperzia (Enna)

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Mezzi pubblici gratis: la Germania (forse) ci prova
Bonn, Essen, Mannheim, Reutlingen e Herrenberg: sono le cinque città tedesche – le prime due in
Renania-Westfalia, le altre nel Baden-Württemberg – dove potrebbe essere sperimentata la Grande Idea
che fa discutere in questi giorni esperti e meno esperti in Germania: la gratuità dei mezzi di trasporto
pubblici.
di Paolo Soldini
Si tratta di una proposta seria? A un certo punto era parso di no: si era fatto forte il sospetto che l’idea
avanzata dal ministro federale dei trasporti Christian Schmidt (CSU) e da quella all’Ambiente Barbara
Hendricks (SPD) fosse in realtà un escamotage per prendere tempo ed evitare che diventasse realtà la
minaccia di aprire una procedura di infrazione venuta dal commissario UE all’Ambiente, il maltese
Karmenu Vella, per la mancanza di misure adeguate in difesa della qualità dell’aria da parte di Berlino.
Come dire: vedete? Qualcosa stiamo facendo (o almeno pensando). Ma quando il sospetto della manovra
diversiva ha cominciato a circolare in rete e sui media a dire che no, il governo di Berlino sta veramente
facendo (o almeno pensando) sul serio, è arrivato il massimo garante dell’ufficialità, il portavoce della
cancelleria Steffen Seibert.
Insomma, sull’idea dei bus, dei tram, delle metropolitane e insomma di tutti mezzi di trasporto pubblici
gratis ci mette la faccia, come si dice con un’espressione alla moda, tutto il governo federale, Frau Merkel
in testa.
Ma basta questo per ritenere che l’esperimento si farà davvero? I dubbi, e anche i pareri contrari, sono
molti e pesanti. La gratuità assoluta dei mezzi di trasporto collettivi nelle città non è un’idea inedita. È
stata sperimentata negli anni ’70 in molti paesi (anche in Italia) e, dicono i critici, se non è sopravvissuta
ci saranno dei motivi. Il motivo principale, quello che secondo loro dovrebbe tagliare la testa al toro, è
che è perdente nel calcolo, decisivo, dei costi e benefici. La gratuità dei mezzi pubblici riduce, sì, la
produzione di smog perché molti automobilisti sono indotti a rinunciare al mezzo proprio. Ma i costi che
finiscono per gravare sui bilanci degli enti locali o sulla fiscalità generale sono talmente alti che il gioco
non vale la candela. Oltre a dover sostenere tutto l’onere dei servizi, gli amministratori, infatti,
dovrebbero anche investire notevoli quantità di soldi nel potenziamento e nell’ammodernamento delle reti
esistenti. Inoltre, dicono sempre i critici, c’è da considerare un altro svantaggio: il fatto che i mezzi siano
gratuiti potrebbe spingere ad usarli molti cittadini che attualmente vanno a piedi o usano la bicicletta. Gli
esperti favorevoli al progetto ribattono che già ora i costi dei trasporti gravano sui bilanci in forma di
sovvenzioni. A Berlino, per esempio, nella misura di oltre il 50%, ma in altre città si raggiungono punte
fino al 65-70%. La gratuità, inoltre, consentirebbe di risparmiare sulle spese necessarie, ora, ai controlli e
alla contabilizzazione delle tariffe. E poi – è l’argomento più forte – bisognerebbe tener conto dei
vantaggi, anche economici, che verrebbero prodotti dall’aria meno inquinata.
Forse sarebbe il caso di studiare i pochi esperimenti che, qua e là, sono sopravvissuti all’esperienza degli
anni ’70. In Germania ce n’è uno, nella città di Templin, 16 mila abitanti nel Brandeburgo, la regione che
circonda Berlino. Nel giro di cinque anni, dal 1998 al 2003, il numero dei passeggeri sui mezzi pubblici è
salito da 41 a 350 mila, la qualità dell’aria è molto migliorata e le finanze del Comune non sono andate in
tilt. È l’esperienza che è stata fatta anche in altre città europee, come Hasselt, 60 mila abitanti in Belgio,
dove la gratuità vale per bambini e anziani mentre tutti gli altri pagano solo 50 centesimi; Aubagne (45
mila abitanti) e Vitré (18 mila) in Francia; Tòrshavn (20 mila) nelle isole Färöer. Si tratta però di piccoli
centri: l’unica grande città europea che può valere come esempio è la capitale dell’Estonia Tallinn (420
mila abitanti), dove la gratuità fu decisa con un referendum dal 75% dei votanti. E dove, almeno finora,
non si sono pentiti.
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