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Infolampo: Antifascismo – immigrati

Una rete antifascista per Macerata
Un documento sottoscritto dopo l’orrore dell’attacco razzista in città. Tra i firmatari Cgil, Cisl e Uil,
Comune, Università, Anpi, Arci e Libera. Al via anche un tavolo permanente. “Siamo per la cultura
democratica, per l’accoglienza”
Una rete per Macerata, antifascista, antirazzista e nonviolenta. Nasce così un documento sottoscritto nella
città dello Sferisterio dopo l’orrore di quello che è stato un vero e proprio attacco fascista mosso da
razzismo.
Tra i primi firmatari, la Cgil di Macerata con il segretario generale Daniel Taddei: la Cgil, infatti, sarà in
prima linea alla manifestazione che si terrà domenica 18
febbraio. “Questo è un ulteriore passo verso un lungo
percorso che dovrà vedere impegnate tutte le forze
democratiche del nostro territorio – dichiara Taddei – per
ristabilire negli animi i valori profondi della nostra
Costituzione. È attraverso il coinvolgimento di tutti i
soggetti antifascisti, antirazzisti e nonviolenti, che si dovrà
lavorare per respingere quel sentimento di odio e
intolleranza che si sta insinuando in tutto il nostro territorio
e non solo. Soprattutto per questo, saremo tutti in prima fila
alla grande manifestazione nazionale del 24 a Roma,
perché tutta l’Italia è chiamata contro ogni fascismo e ogni
forma di razzismo”.
L’appuntamento di domenica 18 sarà una festa di colore e
di parole, con giovani, famiglie, bambini. Macerata, si
stigmatizza nel documento, è “città della cultura,
democratica, una città dell’accoglienza”. Condanna,
dunque, contro ogni forma di razzismo ma anche la sottolineatura dell’”orrore per la perdita della vita di
una giovane che meritava serenità e ha trovato violenza”.
Il documento è l’inizio di un tavolo permanente per lavorare insieme, aperto a tutti. Fino ad ora, tra i
firmatari, oltre alla Cgil di Macerata, ci sono il Comune di Macerata, l’ateneo locale, quello di Camerino,
l’Accademia di Belle Arti, la Cisl e la Uil di Macerata. E anche: l’Anpi, l’Arci, Isrec, Macerata coop
Mondo solidale, Refuges Welcome, Officina universitaria Rete degli Studenti Medi, Marche Emergency,
Macerata Pd, Giovani Democratici Macerata e LeU Macerata.
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Mai più fascismi: manifestazione
nazionale a Roma il 24 febbraio

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Immigrati, smettiamola d’inseguire post-verità
Quando l’intolleranza e la violenza colpiscono in modo feroce e fascista è impossibile non cominciare
innanzitutto da una condanna, e anche da una violenta repulsione. Questo sentimento di civiltà politica
deve rimanere sempiterno. Peraltro, qualcuno che, afferrata un’arma, apre il fuoco su gruppi anche
grandi di persone ricorda scenari lontani dai nostri, come quelli nordamericani, e incute ancora più
angoscia.
di Paolo Borioni
Ma, appena è possibile una riflessione, ci si deve chiedere se questi rigurgiti e, soprattutto, la reazione di
terrore che provocano non vadano affrontati anteponendo il ragionamento e la conoscenza dei dati. I dati
hanno i loro grandi limiti, non devono condurre a trascurare o a disdegnare lo sgomento e le ansie che
nonostante i dati rimangono, ma è sempre opportuno partire da essi per trovare una strada. Ad esempio, la
vicenda di Macerata, l’assassinio della giovane ragazza con problemi di dipendenza, le indagini ancora
non concluse e la reazione dell’assassino razzista e fascista sui cittadini immigrati, confermerebbe in sé la
sensazione di una società priva di controllo e preda del disordine violento.
Ma come si può evitare di ripetere che così non è? Che gli atti violenti in Italia, e i reati in genere, non
sono in aumento e non mostrano comunque alcun legame con l’incremento della presenza di cittadini
stranieri? L’Italia della crisi, della precarietà sempre più inevitabile per tutti, dell’impoverimento delle
classi medie, della crescente diseguaglianza e della calante mobilità sociale è tuttavia un paese nel quale,
ad esempio, gli omicidi sono diminuiti costantemente da livelli già comparativamente bassi rispetto a
molti altri paesi avanzati e democratici. Anche la violenza familiare (per il femminicidio sulle donne) è in
lieve diminuzione, ma siccome molte violenze avvengono comunque in famiglia, sottraendo questi dati da
quelli non allarmanti di violenza in genere, se ne trae che nulla è più falso della lamentela standard: “con
questa immigrazione si ha paura a camminare in strada”.
E tuttavia questo non deve condurre a disprezzare le ansie che permangono ma a domandarsi caso mai
perché nonostante tutto esse sono tanto facilmente alimentabili. Deve indurre a cercare la strada
dell’empatia, se si è un politico e si vuole rifondare una sinistra quasi scomparsa, ma al tempo stesso
rifiutando la semplice resa alla “post-verità” del “se la gente sente questo la verità allora è questa”. No, la
sinistra deve tenere sempre un diverso atteggiamento, una diversa strada sia dal puro disprezzo liberal per
i “sentimenti del volgo” sia dall’orgia dell’allarme politicamente, scientemente causato.
Per esempio, i dati ci dicono che la nostra società è nonostante tutto ancora dotata di spazi di civiltà e
tolleranza, di quotidiana distanza da una violenza che forse è avvertita in modo angosciante per altre
cause. Sapere questo significa che l’approccio di riforma della società è ancora valido, che non tutto è
caos e emergenza, necessità di un polso forte che metta tutti d’accordo. La riforma sociale ed economica
però va reclamata seriamente e con urgenza, perché, ad esempio, l’aumento delle diseguaglianze può
significare che se le medie statistiche smentiscono il marasma criminale, tuttavia per certo alcune
periferie del Paese possono sentirsi abbandonate, non necessariamente alla criminalità (anche) ma certo al
degrado e all’isolamento esistenziale. Quando si parla di maggiore investimento nella domanda interna
non si parla solo di rimettere in moto un elemento essenziale di un’economia tutto sommato capace di
competitività internazionale (e di surplus) ma anche e soprattutto di risorse verso questi problemi:
trasporti, riqualificazione, ordine pubblico, illuminazione, lavoro degno di questo nome.
Inoltre, una politica che voglia rifondarsi davvero deve sapere che senza la mediazione dei sindacati e dei
partiti democratici e senza la loro continua presenza come interlocutori nelle periferie e in tutto il
territorio la cultura politica oscilla, vacilla, decade e genera le più amare sorprese. Si ricordino sempre gli
anni Settanta, con una società in preda a violenza molto superiore e multiforme (dalla criminalità al
terrorismo più quotidiano davanti alle scuole, oggi impensabile) e che però teneva alla grande sotto
controllo le reazioni dell’opinione pubblica conducendole verso atteggiamenti costruttivi e anche
ammirevoli.
La triste realtà è che a quel tipo di politica presente, nei programmi e nella organizzazione partecipata e
prossima, si è sostituita la lista elettorale volante e caduca. Pessima abitudine confermata purtroppo in
queste elezioni. Anche a sinistra. Bisogna tornarci sopra e lo faremo.
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