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Infolampo: Marche – ripetizioni

20141013-regione-sindacati-jpMarche: bene incontro Regione-sindacati
È stata accolta la necessità di prestare la massima attenzione alla qualità del lavoro, a partire dal settore
edile, e di definire le azioni necessarie per garantire la tutela dei diritti, sicurezza e legalità. Sì a una
governance condivisa
Sisma e ricostruzione: positivo l’incontro tra sindacati e il presidente della Regione Ceriscioli. Ne dà
notizia in una nota la Cgil delle Marche. Obiettivo, “fare il punto sulla situazione post sisma e avviare un
confronto così da condividere una comune strategia e orientare le fasi dell’emergenza e della
ricostruzione ad una prospettiva di rilancio sociale ed economico dei territori colpiti dal terremoto”.
Alla base del confronto, vi è il documento presentato ad agosto da Cgil, Cisl, Uil (“Contributo per un
progetto di sviluppo sociale ed economico delle aree colpite dal sisma”), nel quale sono state indicate le
aree prioritarie di intervento e le proposte per rendere il territorio competitivo e attrattivo, mettendo al
centro le persone e, quindi, garantire lavoro e servizi
essenziali. “Scuola, servizi socio-sanitari costituiscono una
condizione essenziale e, nell’incontro, si è condivisa la
necessità di cogliere l’occasione della ricostruzione per
garantire servizi più innovativi, capaci di esprimere standard di
qualità più elevati e attrattivi, in una logica integrata di
territorio”, si legge in un comunicato.
Per Daniela Barbaresi, segretaria generale della Cgil Marche,
“si è trattato si un incontro positivo nel quale è stato rimarcato
come lavoro e occupazione, a partire dai giovani, siano
essenziali per evitare lo spopolamento: non bastano le case ma
occorre ricostruire le condizioni per un tessuto economico e
sociale solido, creando quelle opportunità che nelle aree
interne mancavano già prima del sisma”. Per quanto concerne
la ricostruzione, si è condivisa la necessità di prestare la massima attenzione alla qualità del lavoro, a
partire dal settore edile, e di definire le azioni necessarie per garantire la tutela dei diritti, sicurezza e
legalità. A tale proposito, si attende l’emanazione dell’ultima ordinanze del commissario Errani che
riguarda il Durc per congruità.
Ceriscioli ha condiviso il modello di governance proposto dai sindacati, con l’istituzione di un tavolo
regionale e coordinando tavoli provinciali per coinvolgere il maggior numero di attori del territorio e
garantire una strategia di ricostruzione e sviluppo partecipata e condivisa. A riguardo, il presidente
Ceriscioli ha annunciato una collaborazione con la società Nomisma e con Istao che elaboreranno studi e
analisi economiche sulle quattro regioni colpite a supporto della definizione di una strategia di rilancio e
sviluppo di quelle aree.
Per quanto riguarda gli aspetti relativi all’emergenza, la Regione si è soffermata sul problema della
rimozione delle macerie precisando che per le macerie “pubbliche” sono state rimosse 140 mila tonnellate
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Livorno: Cgil e Spi in azione
insieme ai volontari

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Nell’universo classista delle ripetizioni private
“Ci sono dei professori che fanno ripetizioni a pagamento. Invece di rimuovere gli ostacoli, lavorano a
aumentare le differenze. La mattina sono pagati da noi per fare scuola eguale a tutti. La sera prendono
denaro dai più ricchi per fare scuola diversa ai signorini. A giugno, a spese nostre, siedono in tribunale e
giudicano le differenze. Non è che il babbo di Gianni non sappia che esistono le ripetizioni. È che avete
creato un’atmosfera per cui nessuno dice nulla. Sembrate galantuomini”.
di Christian Raimo, giornalista e scrittore
Nel 1967 don Lorenzo Milani e i suoi ragazzi della scuola di Barbiana in Lettera a una professoressa
raccontavano una scuola classista che discriminava i figli dei contadini (i Gianni) dai figli dei dottori (i
Pierini); a distanza di cinquant’anni esatti l’accusa potrebbe essere identica e resterebbe ugualmente
inascoltata.
Da insegnante di liceo mi capita spesso di partecipare ad assemblee sindacali e politiche, dibattiti e
convegni, e ogni volta che pongo il problema delle ripetizioni è come se nominassi un tabù. La
maggioranza dei colleghi che ho conosciuto dà ripetizioni; in alcuni casi si tratta di una sorta di doppio
lavoro, in altri è diventato – in termini economici e di tempo – il lavoro principale. Eppure il tema delle
ripetizioni private non ha interessato nessuna delle proteste che hanno accompagnato la legge Gelmini o
quella sulla Buona scuola.
Di fronte a riforme che non hanno affrontato per nulla la questione della remunerazione dei docenti – il
contratto nazionale è fermo da dieci anni – le ripetizioni sono per molti insegnanti, e per quelli precari
ancora di più, una specie di salvagente economico e allo stesso tempo un limbo, una galassia gassosa.
Metterle in discussione, ripensarle, sembra impossibile.
Cosa prevede la legge
Dal decreto legislativo numero 297 del 1994 all’interpello 40/2010 del ministero del lavoro, agli
insegnanti viene chiesto di avvertire i dirigenti nel caso in cui decidano di dare ripetizioni (e quindi
ottenere un salario aggiuntivo) e gli si chiede anche di non farle agli studenti del loro stesso istituto e di
dichiarare al fisco le entrate. Ma tutto questo, ovviamente, non accade.
Anzi, l’idea condivisa è che le carenze del sistema scolastico non siano transitorie ma strutturali, e che le
ripetizioni private non siano un’eccezione. Così, accanto agli istituti statali, è normale che esistano e si
moltiplichino centri studi, insegnanti privati, siti dedicati.
Per chi vuole provare a fare l’insegnante dopo essersi laureato, tipo me quindici anni fa, è quasi
obbligatorio passare da questa trafila, disseminare curriculum tra scuole paritarie e centri studi, attaccare
foglietti davanti ai cancelli delle scuole pubbliche, chiedere agli amici di far partire un passaparola; e
mentre ci si districa nel labirinto delle vie d’accesso a una cattedra nell’istruzione pubblica – scuole di
specializzazione, tirocini formativi attivi, graduatorie a esaurimento, corsi regionali, chiamate dirette – si
passano due, tre anni, se non cinque o dieci, a farsi le ossa dispensando corsi di recupero e ripetizioni.
I centri studi
L’alta richiesta di lezioni di recupero genera la crescita di un settore che si regge sul malfunzionamento
del sistema scolastico. Ci sono centri studi che hanno finanziamenti dalle regioni per aiutare ragazze e
ragazzi di scuole elementari, medie e superiori; ma ce ne sono altri che sono semplici “diplomifici” pronti
a imbarcare tutti quelli che vogliono una promozione facile; e ci sono poi quelli dove si possono andare a
prendere ripetizioni ogni tanto.
Studenti bocciati alle superiori possono frequentarne uno, facendo lezioni in minigruppi o seguendo corsi
individuali, recuperare l’anno perso e tornare tra i banchi della scuola pubblica. Quanto può costare il
recupero di un anno? Sui tre-quattromila euro; l’offerta di mercato è alta proprio dove il bene offerto dalla
scuola pubblica è insufficiente. La nicchia non è così piccola, coordinatori e responsabili di molti centri
studi sono consapevoli di questo vuoto e cercano di ricavarsi il loro spazio.
Ma quando gli chiedo di parlare del loro lavoro, non si vedono come persone che sfruttano
economicamente un difetto del sistema; si considerano piuttosto una toppa che almeno in parte rimedia
alle falle di una barca che altrimenti affonderebbe molto rapidamente.
Molti centri studi non forniscono una preparazione di qualità
“Abbiamo bisogno dei centri studi. I centri studi sono un sostegno alla scuola pubblica, usano un metodo
anche migliore. Spesso anche gli insegnanti che arrivano dalla scuola pubblica e si propongono da noi
non hanno le capacità che servono qui: quelle di lavorare in modo tempestivo sulle fragilità dei ragazzi”,

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