Infolampo: Lavoro – Europa
Il segretario generale Cgil Susanna Camusso scrive agli iscritti: il 17 giugno tutti in piazza contro il
ritorno dei voucher. Esuberi all’Ilva, inizia il confronto. Non si ferma la strage degli operai nei cantieri,
in pochi giorni sei vittime
Il 17 giugno tutti in piazza contro il ritorno dei voucher. Il segretario generale della Cgil Susanna
Camusso scrive agli iscritti: “Mai avvenuta una violazione così palese dell’articolo 75 della Costituzione.
Respingiamo questo schiaffo alla democrazia, rilanciamo le ragioni del lavoro, incontriamoci a Roma”. Il
sindacato ha lanciato una petizione che si può firmare online all’indirizzo www.schiaffoallademocrazia.it.
“Hanno calpestato le regole”, spiega il segretario confederale Franco Martini. “I nuovi voucher –
aggiunge sempre per la segreteria Rossana Dettori – rappresentano una lesione democratica”. “Andiamo
in piazza per rafforzare la democrazia”, insiste da corso d’Italia Vincenzo Colla.
SCIOPERI E VERTENZE
Esuberi all’Ilva, inizia il confronto. Vertice tra governo e sindacati a Roma sul piano di Am Investco Italy,
che prevede 5 mila posti in meno. Vanno al lavoro, ma non li fanno entrare: licenziati: è accaduto a nove
dipendenti di Servizi Italia 15 (gruppo Caltagirone), messi alla porta, è il caso di dire, senza alcun
preavviso. Esplode il caso delle aziende in fuga da Roma: Rassegna ne ha parlato con il segretario Cgil
Michele Azzola a un anno dall’elezione della sindaca Raggi: “Ecco le nostre proposte per la città”.
Continua intanto il processo di esternalizzazione per Wind Tre, a Palermo sarà sciopero il 14 giugno. Di
nuovo braccia incrociate alla Ericsson contro i licenziamenti, mentre sale la tensione alla Perugina dove,
secondo la Flai, l’azienda sta calpestando gli accordi. Sul fronte dei pubblici, lavoratori dei centri per
l’impiego verso la mobilitazione.
CONTRATTI E ACCORDI
Torna in azienda la mamma licenziata: si è conclusa la vicenda dell’impiegata della Reggiani Macchine di
Grassobbio (Bergamo), che dopo quindici anni di lavoro era stata mandata via al rientro dalla maternità.
Garantito lo stipendio precedente. La donna: grazie al sindacato e al sostegno dei colleghi. Firmato alla
Siemens un accordo sullo smart working: i dipendenti potranno effettuare la prestazione in altro luogo
concordando la propria presenza presso la sede. Si è chiusa l’operazione che ha consentito al gruppo Ubi
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L’Europa e le sue disuguaglianze. Contano più quelle tra
paesi o all’interno dei paesi?
Quando pensiamo alla disuguaglianza pensiamo soprattutto a come il reddito o la ricchezza si
distribuiscono tra gli individui o le famiglie all’interno di un paese. Accade, talvolta, che ci si riferisca ad
aggregati più ristretti, come una regione, una città o perfino un’impresa. Di recente ci si è mossi nella
direzione opposta e l’aggregato di riferimento è stato allargato fino a comprendere l’intero mondo.
Disponiamo, infatti, di stime sulla disuguaglianza tra i cittadini del mondo, indipendentemente dalla loro
nazionalità. Meno frequenti sono gli studi diretti a misurare la disuguaglianza su un aggregato
sovranazionale come l’Unione Europea o l’Eurozona.
di Stefano Filauro
Normalmente si assume, spesso a ragione, che gli individui rapportino le loro condizioni con quelle di
coloro che considerano in qualche modo “vicini” a loro. E questo dà conto dell’importanza degli studi
sulla disuguaglianza a livello di città o di paese. Interessarsi alla disuguaglianza nell’Unione Europea nel
suo insieme potrebbe però essere giustificato dagli effetti che essa potrebbe avere, in vario modo, sul
benessere e sui comportamenti dei cittadini europei. E ciò è particolarmente rilevante se si distingue la
disuguaglianza dovuta alle differenze nei redditi medi tra paesi (la cosiddetta disuguaglianza between) da
quella dovuta alla dispersione dei redditi all’interno dei paesi (la disuguaglianza within).
Ad esempio, se la disuguaglianza europea dipendesse soprattutto dalla disuguaglianza all’interno degli
stati, i ceti più poveri potrebbero allearsi tra loro, indipendentemente dal loro paese di origine. Se,
viceversa, fosse rilevante la differenza di reddito tra paesi è probabile che ne sarebbero influenzati i flussi
migratori dai paesi più poveri verso quelli più ricchi con ripercussioni sulla coesione sociale dei popoli e
sfiducia verso le Istituzioni comunitarie.
Alcuni precedenti storici mostrano che disuguaglianze crescenti possono alimentare, all’interno di
un’unione di stati, spinte centrifughe a carattere nazionalistico capaci di mettere in pericolo la stessa
sopravvivenza dell’unione. Secondo Branko Milanovic, infatti, la crescente disuguaglianza di reddito tra
le nazioni che formavano la Yugoslavia o l’URSS è stata la causa scatenante della crescente avversione
verso le istituzioni unitarie che alla fine ha condotto alla loro dissoluzione.
Vi è, d’altro canto, evidenza che i flussi migratori dai paesi più poveri a quelli più ricchi dipendono dalla
disuguaglianza tra tali paesi, specialmente se essi si sono geograficamente vicini. Questa tesi è stata
sostenuta da Rodrik e commentata sul Menabò in un precedente articolo.
Esaminare lo stato della disuguaglianza all’interno di un’area come l’Unione Europea può, dunque,
aiutare a comprendere sia il livello della fiducia nelle istituzioni europee – che oggi è relativamente basso
secondo Eurobarometer (Standard Eurobarometer 86), sia le migrazioni all’interno dell’Unione Europea –
che risultano in crescita dai paesi mediterranei e orientali verso quelli centro-settentrionali, come
documentato dalla Commissione Europea.
La metodologia appropriata a questo scopo è quella che consiste nello scomporre la disuguaglianza
complessiva all’interno dell’Unione nella componente within (cioè la disuguaglianza all’interno degli
stati membri) e in quella between (cioè tra gli stati membri).
Raitano ha applicato questa metodologia all’Italia scomponendo la disuguaglianza in quella interna alle
regioni e quella tra regioni. Il risultato, piuttosto sorprendente, è che se annullassimo le differenze nei
redditi medi regionali (quindi la disuguaglianza between) la riduzione di disuguaglianza complessiva in
Italia sarebbe minima, non superiore al 6%. Da tale analisi appare chiaro che per combattere la
disuguaglianza in Italia occorre identificare le cause che rendono le regioni disuguali, più o meno alla
stessa maniera al loro interno, piuttosto che i divari territoriali, che certo esistono.
Scopo di queste note è sintetizzare i risultati di un esercizio analogo condotto con riferimento sia
all’’Unione Europea sia all’Eurozona allo scopo, appunto, di stabilire quale quota della disuguaglianza di
reddito tra tutti i cittadini europei è attribuibile a disparità all’interno degli Stati Membri e quale, invece, a
disparità tra gli Stati Membri.
I redditi presi in considerazione sono i redditi disponibili come risultano dall’indagine EU-SILC relativa
ai paesi dell’UE-28. Tali redditi vengono considerati a livello familiare al netto delle imposte e al lordo
dei trasferimenti, e successivamente resi equivalenti per tenere conto della numerosità del nucleo
familiare. Inoltre, si tiene conto del fatto che lo stesso reddito in euro ha un diverso potere d’acquisto nei
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o-allinterno-dei-paesi/