Da Infolampo: Pensioni – America
Pensioni: Cgil, parole Boeri sconcertanti
“Le dichiarazioni di Boeri sulle misure pensionistiche contenute nella legge di bilancio
sono sconcertanti”. Questo il commento del segretario confederale della Cgil Roberto
Ghiselli alle parole del presidente dell’Inps di quest’oggi.
Per il dirigente sindacale “utilizzare le parziali, e per noi ancora insufficienti, risposte che
il Governo ha iniziato a dare ai pensionati con i trattamenti più bassi, ai lavoratori precoci
e a chi svolge lavori gravosi o usuranti, per alimentare una contrapposizione
intergenerazionale, è del tutto improprio e
strumentale. Sostenere poi – prosegue – che i
trattamenti migliorativi riguardino categorie di reddito
elevate, come i manager, è una pura invenzione, in
quanto la cosiddetta quattordicesima verrà erogata
solo a chi ha una pensione non superiore a due volte il
minimo (circa 1000 euro al mese)”.
“Con questi primi interventi – spiega Ghiselli – è
stato introdotto un minimo di equità, se si tiene conto
che in questi anni i pensionati ed i lavoratori
dipendenti hanno contribuito oltre misura al
risanamento dei conti pubblici. Lo dimostra il fatto
che il Fondo pensioni lavoratori dipendenti
incrementa costantemente il suo attivo, mentre –
sottolinea – altre gestioni, come quella dei dirigenti ad esempio, minacciano la
sostenibilità futura dell’Inps”.
“Il tema del futuro previdenziale dei giovani e del lavoro discontinuo e povero – continua
il segretario confederale della Cgil – è contenuto nel verbale sottoscritto da Governo e
sindacati lo scorso mese di settembre. Il sindacato – ricorda – ha di recente sollecitato il
Presidente del Consiglio e il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali a riprendere il
confronto su quel tema e ci auguriamo – conclude Ghiselli – che questo possa avvenire al
più presto e che si diano risposte certe a chi oggi, con la legge Fornero, queste risposte
ancora non le ha”.
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Impegno e costanza, avanti
con le campagne Cgil
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L’America (forse) può permettersi il nazionalismo,noi no
L’era Trump suona la sveglia per l’Europa. I Salvini e i Grillo non si illudano. E se lascerà spazio a
Putin, dimostrerà che la nostra moneta è debole. Teniamoci forte.
di Mario Margiocco
Durante l’insediamento a Washington Donald John Trump ha regalato lo show dell’uomo che ha capito
tutto, castiga tutti i predecessori e l’intera classe politica, abbaia a tutti e potrebbe mordere tutti. Vuole
riportare la prosperità con la formula dell’interesse nazionale inteso nel modo più spicciolo, buy
American e hire American, compra americano e dai lavoro agli americani. Right or wrong, my country, si
diceva una volta.
STANCHEZZA A STELLE E STRISCE. I commenti sono andati dal perplesso allo spaventato. La linea
Trump è per ora l’opposto di quanto l’America predica e spesso pratica da un secolo, a ben vedere, e certo
da oltre 70 anni. Segnali di stanchezza americana ci sono da tempo, e Barack Obama è stato il più
“disimpegnato” di tutti, e scettico su Unione europea e Nato, a ben vedere, e come precise prove
dimostrano, al di là della retorica. Ma Trump va ben oltre.
È una visione di ritorno al Paradiso perduto degli Anni 50 quando l’America aveva tutto e il resto del
mondo poco, visione incarnata nell’ossessivo bring back ripetuto quattro volte, cioè otto parole su una
frase di 25, alla riga 37 del sul intervento. Non c’è nessun rapporto privilegiato con nessuno. Il principio è
America First, con la F maiuscola, espressione di chiarissimo significato anche storico. Ricalca l’insegna
dell’America First Committe, fugace organizzazione isolazionista, assai “ben frequentata”, nata nel
febbraio 1940 e finita con Pearl Harbour.
IMPRONTA ULTRA RADICALE. Il discorso porta chiaramente la firma di Steve Bannon, ora alla Casa
Bianca come consulente speciale, stratega elettorale, alfiere della ultra radicale alternative right, una
destra americanissima (non fascista né classista all’europea), nazionalista convinto al punto di considerare
solo le nazioni sulla scena mondiale, nemico o molto scettico di qualsiasi organismo sovrannazionale,
dall’Onu (ostilità in parte condivisibile) alla Nato alla Wto (commercio globale) alla Ue, per fermarci a
quanto più ci concerne.
Poco è più vecchio del nazionalismo che ha avuto in Occidente, nell’Ottocento, il suo secolo di “gloria” e
nelle due Guerre mondiali la sua sanguinosa agonia. Ma il nazionalismo è in ripresa, e Bannon che ne fa
la sua pietra angolare non disdegna l’idea di una nuova alleanza (very loose, ovviamente, molto
informale) con gli alfieri della Brexit che piacciono anche a Trump, con Marine Le Pen e, pezzi minori
come Cavour nell’impresa di Crimea, anche i nostri Matteo Salvini e Beppe Grillo. E poi Vladimir Putin
naturalmente, che vuole nazionalisticamente una nuova Grande Russia. Lo Stato-nazione è tutto, per
Trump/Bannon.
STRATEGIA GLOBALE DAL 1914. Ma qui serve un po’ di Storia. Gli Stati Uniti hanno incominciato a
costruire una strategia globale, che allora voleva dire soprattutto verso l’Europa, nel 1914-1915, quando
la Prima guerra mondiale li vide i soli, dopo una prima incertezza, a mantenere l’ancoraggio monetario
all’oro, e quindi la solidità della moneta. Capirono subito che il sogno di sostituirsi alla sterlina poteva
avverarsi, ereditando quindi il ruolo di ago della bilancia globale che era stato di Londra. In un tempo
brevissimo il Paese da grande debitore diventava grande creditore e incominciava il Secolo Americano,
con il presidente Woodrow Wilson deciso a dettare le regole della Pace in Europa, dove mandava nel 17
le truppe a combattere.
L’ISPIRAZIONE VIENE DA COOLIDGE. Il Congresso come noto rifiutava il tutto, il presidente Calvin
Coolidge, il modello più calzante per capire l’ispirazione di Donald Trump, dichiarava nel 1925 che «the
chief business of the American people is business», citata spesso in modo inesatto come «the business of
America is business», e fino al 1940 e anche dopo Washington non ebbe più un completo disegno
globale.
“Gli Anni 20 erroneamente vengono definiti isolazionisti. La finanza e la politica monetaria erano già
allora attivissimi per creare il Secolo Americano”
Molti però lo auspicavano. Gli Anni 20 erroneamente vengono definiti isolazionisti. Era isolazionista il
Congresso. Ma la finanza americana e la politica monetaria, guidata dal presidente della Federal reserve
di New York Benjamin Strong, erano già allora attivissimi per creare il Secolo Americano.
DISASTRI FIGLI DEL PROTEZIONISMO. Per Cordell Hull, segretario di Stato di F.D. Roosevelt e uno
degli artefici della visione globale americana, il disastro che portava alla Seconda guerra era figlio del
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nazionalismo-noi-no/207966/