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Da Infolampo: Bassi salari – Ponti e affari

PONTE STRETTO: COSTO AGGIORNATO A 8,5 MLD PER VARIANTICome si dice bassi salari in inglese?

Lavoratori in saldo. Li sponsorizza il governo includendo i modesti stipendi tra i vantaggi per le aziende

che investono in Italia. Una campagna che ricorda quelle pubblicità recapitate nella cassetta delle lettere

per magnificare materassi o surgelati

di Silvia Garambois

“Il costo del lavoro in Italia è ben al di sotto di quello con economie simili, come Germania e Francia”;

“Un ingegnere guadagna in media 38mila e 500 euro all’anno, mentre in altri Paesi europei lo stesso

profilo ne guadagna 48mila e 500”. Non è una denuncia

sindacale. È la pubblicità dello Stato italiano per invogliare le

aziende straniere a investire da noi. C’è una intera campagna

sotto il titolo “Invest in Italy”, la pubblica (solo in inglese) il

ministero per lo Sviluppo economico sul suo sito web: nelle

prime pagine la foto troppo sorridente di Ivan Scalfarotto,

“sottosegretario per l’attrazione degli investimenti” (ma in

inglese suona meglio, “Secretary of State”), poi un elenco di

vantaggi per le aziende che investono in Italia che ricorda una

di quelle pubblicità che si trovano nella cassetta delle lettere

per magnificare materassi o surgelati. A pagina 18 della

brochure (che è stata anche distribuita, nell’indifferenza dei

cronisti, alla presentazione milanese del “piano nazionale

industria 4.0”) sono elencate le “pro business reform”, quelle

che devono far gola agli investitori stranieri. E qui, senza

vergogna, si magnifica: la certezza della tassazione, la

certezza delle regole e la certezza delle procedure. Ovvero

quello che di più incerto c’è nel nostro Paese.

Basta girare pagina e sotto il titolo “Capitale umano” (e viene

in mente il terribile e bel film di Paolo Virzì, dove con

“capitale umano” si intende quanto vale una persona per le assicurazioni, a seconda del lavoro che fa e

delle sue aspettative di guadagno) c’è un “focus” sul Job’s Act: la parola chiave è “deregulation” e non

importa sapere l’inglese per capirla.

Andando avanti con l’istruttiva lettura si arriva infine al punto in cui il governo vanta l’educazione

d’eccellenza che i giovani ricevono nelle università italiane – e si esaltano in particolare gli investimenti

per il “piano nazionale per la digitalizzazione nella scuola”, glissando completamente sullo stato reale

della nostra scuola – insistendo sulla competitività economica dei laureati italiani. Ma Scalfarotto lo sa

che i nostri laureati l’inglese lo conoscono, e vanno su internet, e prima o poi leggeranno come vengono

“venduti” (o svenduti) al miglior offerente straniero?

Un insignificante dubbio: perché questa campagna è solo in inglese? A comprare le aziende italiane ormai

Leggi tutto: http://www.radioarticolo1.it/articoli/2016/10/05/7881/come-si-dice-bassi-salari-in-inglese

11 Ottobre “Insieme per la

competitività del territorio”,

Susanna Camusso ad Ascoli

Leggi su Cgil Ascoli Piceno

www.sbilanciamoci.it

Ponti e affari. Da Istanbul a noi

Dal “terzo” ponte di Istanbul, fortemente osteggiato da Erdogan prima di appoggiarne la costruzione da

presidente della Turchia, alla vicenda nostrana del Ponte sullo Stretto, a proposito del quale

recentemente il premier Renzi ha annunciato la ripresa dei lavori. Cambiare idea sui ponti di regime

sembra politica costante tra gli ex sindaci

di Guglielmo Ragozzino

Come si ricorderà, i principali scontri avvenuti in Turchia nel tentativo non riuscito di colpo di stato

contro il potere del presidente Recep Tayyp Erdogan sono avvenuti a Istanbul, lungo i ponti del Bosforo,

il primo, detto primo ponte e il secondo ponte Faith Sultan Mehmet. Gli oppositori del regime che

indicheremo come Antagonisti pensavano al controllo dei ponti come mossa decisiva per la resa dei conti

e miravano anche al controllo della televisione e dunque alle 22 del 15 luglio 2016 hanno tentato di

impadronirsi di quelli e di questa, con tanto di segnalazione attraverso un proclama delle autorità militari

loro collegate. Lo scontro per il controllo dei ponti si è però rovesciato nel contrario e gli Antagonisti, con

i loro carri armati, sono rimasti imbottigliati nel traffico di Istanbul, sul Bosforo di un venerdì sera,

d’estate. In modo analogo la presa in forze dell’emittente televisiva si è capovolta nell’opposto controllo

dell’informazione attraverso il messaggio sms (“scendete in piazza!”) che Erdogan ha inviato alle 23,30

servendosi del suo telefonino, via Face Time a CnnTurk (mentre Twitter, Facebook o gli altri mezzi di

comunicazione giovanilista sono mal visti tanto dal Governo che dagli Antagonisti). Non è mancato un

certo fraintendimento tra i militari, con la marina che si è tirata da parte o non ha capito bene la parola

d’ordine e di conseguenza, come si è visto, il piano tanto ben studiato a tavolino non ha raggiunto il

successo. Negli anni futuri una miriade di storici e politologi analizzeranno di nuovo la Tecnica del colpo

di stato e del Contraccolpo di stato per spiegare cause, errori e conseguenze di tali fatti e misfatti (o fatti

mancati).

Ma non è di questo che vogliamo parlare se non per quanto riguarda i quasi decisivi ponti sul Bosforo.

Chissà se gli Antagonisti volevano impadronirsi del traffico essenziale di Istanbul oppure sottolineare il

distacco – o il collegamento – tra Asia ed Europa? Sapremo mai l’opinione che muoveva gli Antagonisti

o addirittura sarà svelato il loro recondito obiettivo? Conta di più che a distanza di pochi giorni, il 2

agosto, è stato lanciato il progetto di un secondo tunnel a tre livelli (due stradali e in mezzo, come una

fetta di salame in un sandwich, la ferrovia) che attraverserà il braccio di mare cittadino tra i due continenti

e sarà collocato tra i due ponti in funzione.

Ponti sul Bosforo che nel proseguo di agosto, da due che erano, quaranta giorni dopo il parapiglia del 15

luglio, sono diventati tre. Il prossimo colpo di stato va dunque pensato meglio, dislocando più

accortamente le forze disponibili, su non meno di due tunnel, di cui uno in costruzione, e tre ponti. Il

nostro argomento, non politico, non strategico, muove appunto dal terzo ponte. Val la pena di fermare

subito la nostra attenzione di profani – profani alla geopolitica internazionale, profani all’ingegneria dei

ponti e a quella dei buchi sotto l’acqua – prima che un nuovo interesse distolga l’interesse generale.

Questa volta si tratterebbe del Bosforo2, un canale artificiale, per ora senza nome, corredato di almeno sei

ponti, tra stradali e ferroviari, navigabile dalle grandi navi, da scavare nei prossimi cinque anni poco a

ovest di Bosforo1, quello antico e caro agli dei, pertanto in Europa. Già si nota che Istanbul, con il

Bosforo qui e un canale parallelo lì, disporrà di un’isola, una specie di Manhattan turca. Il potere rassicura

fin d’ora, in anticipo, gli ambientalisti preoccupatissimi: senza grattacieli. Massima altezza delle case

costruende: sei piani, così promette l’autorità comunale. Molti ricorderanno che Erdogan è stato sindaco

di Istanbul dal 1994 al 1998. Del Bosforo2 si sa ancora poco. Sarà largo, secondo le ultime indiscrezioni,

forse trecento, forse 500 metri e abbastanza profondo da consentire il passaggio di grandi navi. Sarà lungo

non meno di cinquanta chilometri, non rettilineo ma serpeggiante, per aggirare gli ostacoli naturali; il

numero delle chiuse, inevitabili, non è ancora conosciuto. Descritto così, con tanti preziosi dettagli il

secondo Bosforo, torniamo però al nostro argomento favorito, il terzo ponte.

Il terzo ponte, dedicato anch’esso a un famoso sultano, Selim- (Yavuz Sultan Selim, il feroce Selim) del

sedicesimo secolo, ha due caratteristiche inusitate. Consente la circolazione contemporanea di autoveicoli

e treni, con due linee ferroviarie centrali e quindi è un ponte molto largo, largo 60 metri, “come un

piccolo campo di calcio”, un po’ come il sempiterno Ponte dello Stretto di Messina, vero e proprio Loch

Ness della politica italiana che ogni tanto riappare, come il sempiterno terrore del lago scozzese. Sulla

carta il Loch Ness in versione calabro sicula, che potremmo chiamare sbrigativamente Ness, soprattutto

se dovesse rientrare nella nostra discussione quotidiana è un po’ più largo; un dieci per cento in più.

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