Da Infolampo: Inps – stabilità
L’Inps chiede indietro i soldi a migliaia di pensionati
La denuncia dell’Inca Cgil: pretesa la restituzione di cifre anche ingenti. Il paradosso, secondo il
patronato, è che in caso di inadempienza anche chi è senza altri redditi è comunque invitato a restituire
somme a cui aveva pienamente diritto
L’Inps non si ferma neppure ad agosto e invia numerose lettere ai pensionati chiedendo loro la
restituzione di somme, anche ingenti, “indebitamente” percepite sulle prestazioni di tipo assistenziale
negli anni 2013/2014. Si tratta di prestazioni riconosciute
per legge alle persone in particolari condizioni di disagio
economico, quali, ad esempio, l’assegno sociale, le
maggiorazioni sociali, le integrazioni al minimo, le
invalidità civili.
“Le notifiche – spiega in una nota il patronato Inca Cgil –
fanno riferimento al mancato adempimento, da parte del
pensionato, di comunicare all’Inps le dichiarazioni dei
redditi, sulla base delle quali l’Istituto ha l’obbligo di
verificare la sussistenza del diritto alle prestazioni
percepite, il cui riconoscimento è subordinato al possesso
di requisiti reddituali ben dettagliati per legge. Da qui la
minaccia di procedere alla revoca definitiva della
prestazione collegata al reddito, come prevede l’articolo
13 della legge 122 del 2010”.
Tuttavia, il patronato osserva che in un secondo passaggio della lettera, “l’Inps attenua i toni avvertendo i
pensionati, ai quali è stato contestato l’indebito, che possono mettersi in regola presentando ‘domanda di
ricostituzione completa delle informazioni sulla situazione reddituale’ entro tassativamente il 14 ottobre
2016, tramite patronato o direttamente online, se in possesso del PIN dispositivo rilasciato dall’Istituto”.
“Perciò – sottolinea ancora l’Inca Cgil – per chi avesse ricevuto la comunicazione dall’Inps c’è un’ultima
possibilità per non vedersi cancellare la prestazione, senza restituire quanto già percepito. La revoca
definitiva della prestazione, quindi, avverrà nel caso in cui il pensionato non presenterà la domanda di
ricostituzione entro il termine predetto, ovvero nel caso in cui l’Inps, dopo la verifica dei redditi
comunicati, accerti il mancato rispetto del limite reddituale, cui è legato il riconoscimento della
prestazione”.
Nella domanda di ricostituzione i pensionati interessati devono comunicare solo i redditi diversi da quelli
memorizzati nel Casellario Pensioni, che sono già conosciuti dall’Inps. Il reddito dell’anno 2012 incide
sul diritto e sulla misura della prestazione da erogare nell’anno 2013; il reddito dell’anno 2013 sulla
prestazione per il 2014.
“Il termine perentorio del 14 ottobre – sottolinea l’Inca – deve essere tassativamente rispettato perché, in
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Pedretti, da Boeri continui attacchi
ai pensionati. È inadatto.
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La legge di Stabilità rischia di portare nuovi aumenti
nelle bollette
ROMA – Come ogni anno, abbiamo aggiornato la consueta analisi sulla evoluzione delle tariffe dei
servizi negli ultimi 10 anni. Da tale indagine emerge chiaramente che nell’ultimo decennio le tariffe sono
aumentate mediamente (vedi nota allegata) del + 32,7% a fronte di un inflazione nel medesimo periodo
del 15,1 %. Il costo di questi servizi essenziali incide sempre di più in percentuale sul bilancio delle
famiglie italiane, a discapito di altre spese importanti come i consumi; un peso sempre maggiore che
secondo le nostre elaborazioni su dati Istat è aumentato del +38% rispetto 20 anni fa (1996-2016).
Scritto da Redazione
La crescita più marcata nell’ultimo decennio 2006-2016 è stata quella delle tariffe dell’acqua +88,2%, dei
rifiuti +52,8%, dei pedaggi autostradali e dei parcheggi +42,6%, dei trasporti ferroviari +48,3 %, dei
servizi postali +40,9%, dei trasporti urbani +29,7%, dei taxi +26,6%, dell’energia elettrica +18%.
Il maggior aumento si è registrato in servizi vitali per le famiglie.
Unico dato in controtendenza, che segna una diminuzione del -16%, è quello relativo alla telefonia (fissa
e mobile). Registra una crescita moderata, a seguito della eccessiva offerta e del calo dei consumi, anche
la tariffa del gas, +3,1 %.
Una seconda analisi suddivide (vedi nota allegata) invece l’andamento di tali tariffe in due fasi: una
precedente alla crisi, dal 2002 al 2008, l’altra in piena recessione. dal 2008 al 2016.
Basta dare uno sguardo alle tabelle riassuntive per comprendere come, nonostante la crisi ed il
concomitante calo del potere d’acquisto delle famiglie, alcune tariffe (acqua, pedaggi e parcheggi,
trasporti urbani e ferroviari e servizi postali) siano aumentate in maniera più pesante rispetto alla fase pre-
crisi. Questo denota come diversi fattori, tra cui il fatto che la concorrenza in alcuni settori non ha
prodotto contenimento delle tariffe o non è mai decollata, il peso sempre più forte della pressione fiscale e
parafiscale (in particolare sulle bollette energetiche) ,la riduzione dei trasferimenti dallo Stato agli Enti
locali che a loro volta hanno scaricato i mancati introiti sulle bollette dei servizi a decisione locale, hanno
portato ad un aumento insostenibile delle tariffe, contribuendo così al grave impoverimento delle
famiglie.
Se poi aggiungiamo i redditi da lavoro fermi da anni ed erosi nel potere d’acquisto; i consumi ridotti e
contenuti sugli altri capitoli di spesa familiare per privilegiare il pagamento delle spese obbligate, quali
quelle dei servizi essenziali; l’aumento delle entrate fiscali nel 2015 del +6,4%, un debito pubblico che
non accenna a diminuire ed un Paese che non cresce, il quadro si completa in tutta la sua drammaticità.
Proprio a causa dell’aumento dei costi relativi a tali servizi si registra inoltre un grave aumento della
morosità e delle richieste di sospensione delle forniture (senza contare la forte richiesta di rateizzazione
nel pagamento delle medesime).
Tassi di morosità che si attestano a 24 mesi al 4,5% delle utenze per le bollette dell’acqua, al 2,6% per le
bollette del gas ed all’1,2% per quelle elettriche, in un contesto di forte crescita della povertà assoluta, che
conte 4.598.000 cittadini italiani in forte disagio sociale quotidiano e 15.000.000 di Cittadini che
anch’essi si trovano in povertà relativa con valori che non sono mai sono stati così elevati da 10 anni a
questa parte.
11,264 miliardi di Euro nel 2014 è invece il credito che vantano le società di recupero credito per le
bollette energetiche, acqua e telefonia (con dati in crescita nel 2015/6).
Ora che il Governo sta lavorando per delineare la nuova legge di Stabilità 2017, non vorremmo che gli
investimenti e le infrastrutture vengano finanziati con le bollette, diventate in questi anni il bancomat di
nuovi tributi e di risorse, utili oltre che pagare i servizi anche per rimpinguare le casse dello Stato nelle
sue diverse articolazioni. Tutto ciò in un quadro di deflazione non ancora debellato.
Uno scenario che vorremmo scongiurare e che, se si dovesse prospettare, contrasteremo fortemente,
perché indebolirà ulteriormente il potere di acquisto delle famiglie italiane, già ridotto ai minimi termini,
incidendo in maniera sempre più negativa e depressiva sull’intero andamento dell’economia.
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