ANCHE I GRANDI … POSSONO COPIARE
Giusto un paio di mesi fa, nell’ambito delle molteplici iniziative previste in
occasione del centenario della Grande Guerra, tra gli scaffali delle librerie ha visto
la luce una pregevole antologia, curata da Massimiliano Mancini per i tipi de Il
Cubo di Roma, dal più che eloquente titolo: “Una tragedia senza poeta. Poesia in
dialetto sulla Grande guerra: testi e contesti”. Si tratta di una interessantissima
raccolta con gli scritti di diciotto autori provenienti da ben tredici regioni italiane,
in cui il Nord fa la parte del leone (ma non poteva essere altrimenti, data la
localizzazione degli eventi bellici), ma con una non trascurabile presenza del
Centro Italia e delle Isole maggiori.
Ed è stato proprio durante il lavoro editoriale di raccolta e revisione dei diversi
contributi regionalistici che ci si è imbattuti con non poca sorpresa
nell’eccezionale somiglianza, che risulterebbe quantomeno arduo imputare al
caso, tra due poesie, la prima proveniente da un piccolo autore marchigiano
vernacolare e la seconda a firma di un celebre poeta romanesco di rilievo
nazionale.
Ma facciamo un passo indietro e torniamo proprio in quegli anni funestati dagli
orrori della prima guerra mondiale.
Siamo nel 1916.
Per le strade, oltre alle note testate nazionali, gli strilloni vendono anche diversi
giornali locali, alcuni impostati sulla cronaca e sulle notizie che provengono dal
fronte; altri, prevalentemente in dialetto, incentrati sui fatti locali e sulla satira.
Tra questi ultimi, ad Ancona, c’è un periodico molto attivo che cambia spesso
nome e tipografia, pur mantenendo la stessa proprietà ed i propri collaboratori: “Il
Nuovo Rigoletto”, divenuto poi “Il Birichino” e che infine diventerà il “Corriere
umoristico delle Marche”, con direttori responsabili, rispettivamente, Errico
Guidi, Enrico Balestra e Giovanni Maria Bettarelli. Il gruppo di poeti anconetani –
tra cui Palermo Giangiacomi, Alberto Rondanini ed Enotrio Santoni – fa capo a
Duilio Scandali (1876-1945), condividendone le scelte e le impostazioni di fondo
e adottando come elementi portanti della propria cifra poetica il sonetto satirico,
avendo come riferimento il grande Giuseppe Gioachino Belli.
Tra questi, Alberto Rondanini (1873-1942) è senza dubbio una delle figure più
interessanti: laureato in Lettere e diplomato in composizione per musiche
bandistiche, collabora per diverse riviste e giornali, celando la propria identità
dietro diversi pseudonimi, ragion per cui non tutti i suoi scritti sono oggi
facilmente rintracciabili. Certamente sua è la poesia scritta in occasione della
Settimana Rossa ad Ancona, intitolata “El sassu de vila rossa”1. Così pure il
sonetto “A Checu Pèpe dopo l’ultimo sbumbardamentu”2, dove chiede ai
difensori della città dorica di far cadere il successivo aereo tedesco non in mare,
ma al centro della città, dove vi era il famoso, ma al poeta non particolarmente
gradito, Caffè Garelli.