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ANCHE I GRANDI … POSSONO COPIARE

700_0_4319763_136853Giusto un paio di mesi fa, nell’ambito delle molteplici iniziative previste in

occasione del centenario della Grande Guerra, tra gli scaffali delle librerie ha visto

la luce una pregevole antologia, curata da Massimiliano Mancini per i tipi de Il

Cubo di Roma, dal più che eloquente titolo: “Una tragedia senza poeta. Poesia in

dialetto sulla Grande guerra: testi e contesti”. Si tratta di una interessantissima

raccolta con gli scritti di diciotto autori provenienti da ben tredici regioni italiane,

in cui il Nord fa la parte del leone (ma non poteva essere altrimenti, data la

localizzazione degli eventi bellici), ma con una non trascurabile presenza del

Centro Italia e delle Isole maggiori.

Ed è stato proprio durante il lavoro editoriale di raccolta e revisione dei diversi

contributi regionalistici che ci si è imbattuti con non poca sorpresa

nell’eccezionale somiglianza, che risulterebbe quantomeno arduo imputare al

caso, tra due poesie, la prima proveniente da un piccolo autore marchigiano

vernacolare e la seconda a firma di un celebre poeta romanesco di rilievo

nazionale.

Ma facciamo un passo indietro e torniamo proprio in quegli anni funestati dagli

orrori della prima guerra mondiale.

Siamo nel 1916.

Per le strade, oltre alle note testate nazionali, gli strilloni vendono anche diversi

giornali locali, alcuni impostati sulla cronaca e sulle notizie che provengono dal

fronte; altri, prevalentemente in dialetto, incentrati sui fatti locali e sulla satira.

Tra questi ultimi, ad Ancona, c’è un periodico molto attivo che cambia spesso

nome e tipografia, pur mantenendo la stessa proprietà ed i propri collaboratori: “Il

Nuovo Rigoletto”, divenuto poi “Il Birichino” e che infine diventerà il “Corriere

umoristico delle Marche”, con direttori responsabili, rispettivamente, Errico

Guidi, Enrico Balestra e Giovanni Maria Bettarelli. Il gruppo di poeti anconetani –

tra cui Palermo Giangiacomi, Alberto Rondanini ed Enotrio Santoni – fa capo a

Duilio Scandali (1876-1945), condividendone le scelte e le impostazioni di fondo

e adottando come elementi portanti della propria cifra poetica il sonetto satirico,

avendo come riferimento il grande Giuseppe Gioachino Belli.

Tra questi, Alberto Rondanini (1873-1942) è senza dubbio una delle figure più

interessanti: laureato in Lettere e diplomato in composizione per musiche

bandistiche, collabora per diverse riviste e giornali, celando la propria identità

dietro diversi pseudonimi, ragion per cui non tutti i suoi scritti sono oggi

facilmente rintracciabili. Certamente sua è la poesia scritta in occasione della

Settimana Rossa ad Ancona, intitolata “El sassu de vila rossa”1. Così pure il

sonetto “A Checu Pèpe dopo l’ultimo sbumbardamentu”2, dove chiede ai

difensori della città dorica di far cadere il successivo aereo tedesco non in mare,

ma al centro della città, dove vi era il famoso, ma al poeta non particolarmente

gradito, Caffè Garelli.