Da Infolampo: Guardia Medica – Toponomastica femminile
Guardia medica notturna: le Regioni ribadiscono il taglio
Sindacati “sconcertati” dalla decisione: “Il Ministro Lorenzin e la politica si assumano le proprie
responsabilità, serve un tavolo immediato”
“La lettera con la quale il Presidente del Comitato di Settore Regioni-Sanità, Massimo Garavaglia, ha
respinto le richieste di modifica dell’Atto di indirizzo per il rinnovo della convenzione di medicina
generale da parte del Ministero della Salute desta sconcerto e preoccupazione, in primo luogo per
l’assistenza notturna ai cittadini, oltre che per gli stessi medici operanti nella guardia medica, nel 118 e nei
pronto soccorso degli ospedali”. È quanto si legge in una nota
di Smi, Fp Cgil Medici, Cisl Medici, Uil Fpl Medici e Simet.
“L’unica concessione delle Regioni – proseguono – è che in
particolari situazioni la singola azienda sanitaria possa
valutare l’attivazione del servizio di continuità assistenziale
anche oltre l’h16, aumentando anche le diseguaglianza delle
prestazioni, tra aziende/regioni più ricche e più povere.
Peraltro senza neanche volerlo chiaramente scrivere nello
stesso Atto di indirizzo ma affermando che sarà scritto nel
nuovo articolato della convenzione, senza che sia iniziata la
trattativa. Siamo a sole promesse, scarne e largamente
insufficienti”.
“È come se – precisano Smi, Fp Cgil Medici, Cisl Medici, Uil
Fpl Medici e Simet -diversi sindacati, il Ministero della
Salute, le associazioni dei cittadini, tanti Comuni e i diversi
parlamentari che hanno presentato interrogazioni, abbiano tutti
preso un abbaglio. Invece le Regioni, a braccetto con un unico
sindacato, imperterrite continuano a pensare che nella
stragrande maggioranza delle situazioni l’assistenza notturna
sia da demandare al 118 e ai pronto soccorso ospedalieri, superando la stessa vigente legislazione che
prevede l’H24. Ma la tutela della salute dei cittadini dalla mezzanotte alle 8 della mattina non è una
questione che possono decidere da sole le Regioni con un sindacato medico, seppure maggiormente
rappresentativo nell’area della sola medicina generale”.
“Il re è nudo. Si ponga fine al balletto delle lettere e il Ministro Lorenzin e la politica si assumano le
proprie responsabilità. Invece, di proseguire sulla strada del grottesco e dei pasticci in salsa nazional-
regionale, non è più saggio resettare l’Atto di indirizzo e ripartire da un sistema che già in gran parte
funziona ? Quindi aprire un tavolo di confronto, immediato e rapido, per potenziare la continuità
dell’assistenza per i cittadini sull’h24, valorizzare la medicina di iniziativa, di gruppo e in rete, puntare sul
ruolo unico declinato con il tempo pieno, non come impostato ora. Ma soprattutto bisogna evitare di
confondere i ruoli e di far operare inappropriatamente il sistema di emergenza e urgenza, già in affanno e
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Toponomastica femminile, non è impossibile
Ridisegnare le città in una prospettiva di genere non è un’impresa impossibile, a partire dai nomi di
strade
“Casa e villaggio, e in un secondo tempo la città, sono in gran parte opera femminile. […] Secondo i
geroglifici ‘casa’ o ‘città’ possono essere anche essere simboli di ‘madre’, come per confermare la
similarità fra funzione individuale e collettiva”.[1]
Nel tempo le donne, dedite alla cura, alle attività domestiche, all’educazione, hanno tenacemente
intrecciato trame sottili, ma consistenti, di relazioni e dimensioni storiche a carattere “orizzontale” che,
nei secoli, hanno determinato la sopravvivenza del tessuto umano, e quindi anche urbano, delle comunità.
Presenze continue e resistenti, eppure rese invisibili dal prevalere del carattere “verticale” della storia,
segno tangibile tipicamente maschile del potere e delle gerarchie dominanti.
Ancora adesso lo spazio della città, il suo territorio, la sua organizzazione sono “in prevalenza campo
d’azione degli uomini che hanno il potere, politico come pure professionale, essendo molto bassa la
presenza femminile in entrambi gli ambiti, di decidere come debbano svilupparsi e in che direzione
orientarsi nell’immediato e nel domani […]”[2].
Le donne questa organizzazione, spesso disordinata e distorta, la vivono e la subiscono allo stesso tempo,
a partire dalla qualità dell’ambiente, dalla programmazione e distribuzione dei servizi, dall’accessibilità
degli spazi e dei luoghi fino alla pianificazione di orari e tempi.
Allo spazio fisico della città si sovrappone un altro spazio, simbolico e immateriale ma altrettanto
significativo, quello del disequilibrio fra genere maschile e genere femminile, quello dell’odonomastica e
della toponomastica. Le intitolazioni delle strade e delle piazze, ma anche di aree verdi e spazi pubblici,
riflettono una cultura e una dimensione sociale e storico-culturale ancora molto misogine: lo
sbilanciamento in favore dei personaggi maschili è l’espressione del potere degli uomini che hanno scritto
la storia e che continuano a perpetuarla nei percorsi di vita urbana.
Sono forme d’espressione non neutrali le targhe delle strade in cui abitiamo, lavoriamo, ci incontriamo.
Parlano di celebrità e memorie maschili gli itinerari culturali dei nostri viaggi, i musei, i monumenti e le
opere che si affiancano lungo le vie e le piazze delle città d’arte. Delle storie femminili rimangono poche
tracce e poche testimonianze, oscurate da eventi quasi tutti raccontati al maschile. Al contrario le
numerose immagini pubblicitarie che ci circondano proseguono nel voler riproporre quasi esclusivamente
volti e corpi di donne, rinnovando in ogni istante distorte percezioni del mondo femminile.
Riequilibrare la nostra storia e la nostra cultura partendo dagli spazi urbani è l’intento delle guide edite da
Toponomastica femminile, gruppo indipendente di ricerca e di azione nato nel 2012 su Facebook e da
poco più di un anno trasformatosi in associazione.
Questa collana di itinerari culturali vuole riscoprire le tracce delle storie femminili, come scrive Mary
Nocentini nel primo volume pubblicato e dedicato alla cittadina di Albano Laziale, per “colmare un vuoto
a cui siamo tanto abituati che ormai non ci facciamo più caso”. Le guide propongono percorsi urbani che
raccontano le donne cercando di interpretarle senza gli stereotipi con cui si è letto, e ancora si legge, il
mondo femminile.
La riflessione sulle molte “assenze” femminili nell’odonomastica cittadina è stato il primo passo del
cammino di Toponomastica femminile. Dopo l’iniziale constatazione che la maggior parte delle
intitolazioni degli spazi urbani è riservata agli uomini, si è sentita la necessità di dare una dimensione più
articolata e sostanziosa alla ricerca del gruppo, effettuando un monitoraggio sull’intero territorio
nazionale, cercando e contando le intitolazioni con nomi femminili. I dati parlano da soli e in modo
inequivocabile mostrano come la costruzione e la celebrazione della memoria passi in primo luogo
attraverso figure maschili.
Possono valere come esempio i censimenti di alcune grandi città italiane.
A Roma esistono 16.140 strade o piazze, 7.600 delle quali dedicate a personaggi maschili e 630 a nomi
femminili; a Milano più della metà delle strade censite sono maschili (2535 su 4241) e solo 135 vie hanno
odonimi femminili. Così anche a Torino (1054 intitolazioni maschili e 65 femminili su un totale di 2235
strade), a Napoli (3801 totali, 1726 maschili e 279 femminili), a Bari (2263 totali, 1220 maschili e 90
Leggi tutto il dossier “Che genere di città” a cura di inGenere.it
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