Abusi edilizi
In materia di abusi edilizi commessi da persona diversa dal proprietario, l’ordine di demolizione è legittimamente notificato, in caso di locazione, anche al proprietario, il quale, fino a prova contraria, è quanto meno corresponsabile dell’abuso, almeno dal momento in cui ne sia venuto a conoscenza (Consiglio di Stato, Sesta Sezione, sentenza n. 2211/2015).
Con ricorso al T.A.R., i proprietari di un terreno con fabbricato agivano per l’annullamento dell’ordinanza con cui il sindaco aveva ordinato loro, unitamente alla conduttrice ditta, che deteneva in locazione dal 1999 il bene, il ripristino dei luoghi mediante rimozione di strutture abusive di diverso materiale, di una recinzione, di un cancello e altro.
Il provvedimento veniva adottato con l’avviso che, in caso di inottemperanza nel termine di novanta giorni, l’immobile e l’area sarebbero stati acquisiti gratuitamente al patrimonio del Comune.
I ricorrenti sostenevano di essere completamente estranei all’abuso; gli immobili, ereditati dal padre, erano detenuti in locazione fin dal 1999 dalla ditta, che li utilizzava come deposito di automezzi e bonifica e smaltimento di rifiuti.
Il 23 giugno 2008 i ricorrenti avevano ricevuto comunicazione di avvio del procedimento per accertare le violazioni urbanistico-edilizie; il sopralluogo era avvenuto in data 18 maggio 2009 e in tale sede si era constatato che gli abusi erano consistiti in “deposito veicoli, realizzazione di quattro strutture, di cancello e recinzioni in ferro in assenza di titolo abilitativo e presenza di animali da allevamento”; delle quattro strutture, tre venivano descritte come realizzate in lamiera e di tipo cantiere e la quarta di tipo cassone, forse parte di un vecchio camper, utilizzata come deposito; in data 19 maggio 2009 (con atto notificato in data 22 maggio 2009) il Comune diffidava la sola ditta conduttrice al ripristino dei luoghi concedendo il termine di sessanta giorni; i ricorrenti, che non avevano ricevuto diffida, in data 5 agosto 2009 presentavano richiesta di accesso; in data 14 settembre 2009 il sopralluogo di verifica avveniva con la presenza di un rappresentante dei proprietari, attuali appellanti; in tale occasione si rilevava il permanere dei veicoli depositati, di due strutture di diverso materiale, del cancello e delle recinzioni in ferro; successivamente, il Sindaco emanava l’ordinanza oggetto del ricorso di primo grado; quanto ai veicoli, in data 25 febbraio 2010 la Regione, Assessorato Territorio e Ambiente, diffidava la ditta dal ricevere nuovi veicoli fuori uso da sottoporre a bonifica nonché dall’effettuare ulteriori operazioni di bonifica e smaltimento di rifiuti.
Con il ricorso i ricorrenti proprietari sostenevano che non si trattava di opere permanenti, per la cui realizzazione era necessario il permesso di costruire, ma di opere precarie, essendo sufficiente la denuncia di inizio di attività, con la conseguenza che, in caso di rilevata difformità, sarebbe stata irrogabile la sola sanzione pecuniaria.
Secondo il primo giudice, che accoglieva soltanto parzialmente il ricorso per quanto riguarda l’ordine di demolizione della recinzione e del cancello, respingendolo per il resto, mentre la tesi della precarietà poteva valere per il cancello e la recinzione, trattandosi di opere che non comportano la trasformazione urbanistica del territorio, sulla base delle fotografie a corredo dell’istruttoria, a diverse e opposte conclusioni doveva pervenirsi in relazione alla struttura in lamiera e al deposito dei mezzi, dovendosi avere riguardo ai due parametri giurisprudenziali “della natura e delle dimensioni” delle opere nella loro destinazione e funzione; pertanto, laddove le opere comportino una significativa trasformazione edilizia del territorio per effetto della realizzata volumetria è necessario il rilascio del permesso di costruire, di tal che, in assenza, è irrogabile la misura della demolizione e di ripristino dello stato dei luoghi.
In ordine alla asserita estraneità all’abuso dei proprietari ricorrenti, il primo giudice osservava che, almeno a partire dalla data di accesso agli atti che essi stessi avevano presentato (5 agosto 2009), i proprietari erano ben al corrente dell’abuso; sotto altro profilo, la dichiarazione, peraltro non documentata, da essi presentata in data 13 aprile 2012, secondo cui a quella data essi stavano “formalizzando la risoluzione del contratto di locazione de quo”, quanto dichiarato era rimasta una mera intenzione, di fatto non attuata.
I proprietari venivano quindi ritenuti coinvolti nel fatto abusivo e giusti destinatari dei provvedimenti sanzionatori, potendo la posizione del proprietario ritenersi neutra rispetto alle sanzioni per abusi edilizi e segnatamente rispetto all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime sulla quale insiste il bene, soltanto quando risulti, in modo inequivocabile, la sua completa estraneità al compimento dell’opera abusiva o che, essendone egli venuto a conoscenza, si sia poi adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall’ordinamento.
Il Consiglio di Stato, investito dell’appello, ha ritenuto che in materia di abusi edilizi commessi da persona diversa dal proprietario, costituisce principio consolidato che la posizione del proprietario possa ritenersi neutra rispetto alle sanzioni (previste dal d.P.R. n. 380 del 2001) e, segnatamente, rispetto all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime sulla quale insiste il bene, quando risulti, in modo inequivocabile, la completa estraneità del proprietario stesso al compimento dell’opera abusiva o che, essendone venuto a conoscenza, si sia poi adoperato per impedirlo con gli strumenti offertigli dall’ordinamento.
Come aveva già osservato (CDS, V, n. 1179/2013), l’ordine di demolizione è legittimamente, in caso di locazione, notificato anche al proprietario, il quale, fino a prova contraria, è quanto meno corresponsabile dell’abuso, almeno dal momento in cui ne sia venuto a conoscenza (vd.: CDS, V, n. 1878/2010; VI, n. 8705/2010).
Se, nella specie, può ammettersi la completa estraneità e ignoranza nel momento della realizzazione dell’abuso e anche nel momento iniziale del primo procedimento di accertamento dell’abuso, non può invece negarsi la conoscenza da un dato momento, e quindi la sussistenza di doveri del proprietario, che riemergono a partire dal momento di conoscenza certa dell’abuso realizzato.
Non vale ad escludere l’incombenza dei doveri di gestione dominicale la circostanza della stipulazione del contratto di locazione, in quanto tale negozio, se comporta il trasferimento al conduttore della disponibilità materiale e del godimento dell’immobile, non fa affatto venire meno in assoluto in capo al proprietario i poteri e doveri di controllo, cura e vigilanza spettanti al proprietario locatore, il quale, anche se in un ambito diverso da quello in cui si esplica a sua volta il potere di custodia del conduttore, conserva un effettivo potere fisico sull’entità immobiliare locata (si pensi alla manutenzione straordinaria), con conseguente obbligo, sotto tutti i profili, di vigilanza sull’immobile (CASS. CIV., III, n. 16422/2011).
Sotto il profilo edilizio, se è giustificabile che tale vigilanza non sia stata attiva nella situazione di ignoranza dell’abuso, ciò non può valere dal momento in cui il proprietario ne sia stato notiziato.
Essendo indubbio quindi, che a partire da una certa data o da un certo momento, i proprietari erano venuti ben a conoscenza dell’abuso edilizio realizzato sula loro proprietà, secondo i principi affermati dalla giurisprudenza che regolano la materia, il proprietario incolpevole di abuso edilizio commesso da altri, che voglia sfuggire all’effetto sanzionatorio di cui all’art. 31 del testo unico dell’edilizia della demolizione o dell’acquisizione, come effetto della inottemperanza all’ordine di demolizione, deve provare la intrapresa di iniziative che, oltre a rendere palese la sua estraneità all’abuso, siano però anche idonee a costringere il responsabile dell’attività illecita a ripristinare lo stato dei luoghi nei sensi e nei modi richiesti dall’autorità amministrativa.
Perché vi siano misure concretanti le “azioni idonee” ad escludere l’esclusione di responsabilità o la partecipazione all’abuso effettuato da terzi, prescindendo dall’effettivo riacquisto della materiale disponibilità del bene, si ritiene necessario un comportamento attivo, da estrinsecarsi in diffide o in altre iniziative di carattere ultimativo nei confronti del conduttore (“che si sia adoperato, una volta venutone a conoscenza, per la cessazione dell’abuso”; vd.: CASS. PEN, n. 2948/1998), al fine di evitare l’applicazione di una norma che, in caso di omessa demolizione dell’abuso, prevede che l’opera abusivamente costruita e la relativa area di sedime siano, di diritto, acquisite gratuitamente al patrimonio del Comune, non bastando invece a tal fine un comportamento meramente passivo di adesione alle iniziative comunali.
Se, per ipotesi, la proprietà potesse dissociarsi soltanto con mere dichiarazioni o affermazioni di dissociazione o con manifestazioni di intenti, senza alcuna attività materiale o almeno giuridica di attivazione diretta ad eliminare l’abuso (risoluzione iniziata giudiziariamente per inadempimento contrattuale, diffide ad eliminare l’abuso, attività materiali), la tutela dagli abusi rimarrebbe inefficace nei casi di locazione.
Rispetto a tale necessaria attività di dissociazione risulta, nel caso di specie, soltanto la mera dichiarazione, non documentata, peraltro, da parte degli appellanti, risalente al 13 aprile 2012, con cui essi dichiarano che “stanno formalizzando la risoluzione del contratto di locazione de quo”.
Le spese sono state liquidate in complessivi euro quattromila, e poste a carico degli appellanti proprietari.
Avv. Roberto Mandolesi