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“La tassazione non crescerà” Forse!

00tasseitalia“Dopo tanti sacrifici, e gli italiani ne hanno fatti anche troppi, ci siamo davvero”. Lo afferma il premier Matteo Renzi, assicurando che non ci saranno nuove tasse: “L’Italia può ripartire”. E’ solo un piccolo inciso della lunga intervista del premier al Messaggero. Nei passi successivi sempre il premier si dilunga su intercettazioni e italicum, come se fossero le maggiori preoccupazioni degli italiani. Bontà sua il premier promette nessuna nuova imposta nel futuro e nessuna crescita della pressione fiscale. Sul primo punto dubitiamo essendo allo studio il riassetto delle imposte locali con accorpamento di Tasi Tari e imposta sugli immobili e già un provvedimento del genere porta spesso con se un ritocco delle aliquote in virtù della insaziabile fame di denaro dei Comuni. Inoltre occorre rammentare la necessità di trovare all’incirca 300 milioni per poter dare il via alla mobilità dei dipendenti delle provincie, 10 miliardi per la conferma degli 80 euro, seppure il governo può contare su alcune congiunture favorevoli, differenziale degli interessi sul bund tedesco ai minimi per effetto dello spreed e quindi tassi di interesse sul debito pubblico bassi, relativa parità tra euro e dollaro, manca dall’altro lato una politica di contenimento e taglio della spesa pubblica che continua a crescere, nessuna semplificazione della pubblica amministrazione, nessuna riduzione degli enti inutili e delle municipalizzate. Affermare come afferma il premier che la tassazione non aumenterà e quindi una quasi boutade, la tassazione è oggi prossima al 50%, senza contare tasse e tributi locali e pesa soprattutto su lavoratori dipendenti e pensionati. Infine il premier nella sua professione di fiducia annuncia la ripartenza dell’economia, ma i dati non sembra siano dalla sua parte e se non riparte l’economia gli introiti fiscali diminuiscono e allora addio risanamento dei conti pubblici. Il vero nodo per l’Europa non è la microscopica Grecia con il suo debito, ma il mastrodonte Italia con i suoi oltre 2.000 miliardi di debito pubblico, sostenibile solo con una crescita almeno intorno al 2% e un taglio deciso della spesa pubblica improduttiva, degli sprechi e della corruzione nelle opere pubbliche.

ARES