LAVORATORI PUBBLICI MARCHE: AL VIA LA MOBILITAZIONE PER 67MILA
Per la prima volta, il pubblico impiego insieme per una
mobilitazione nazionale che culminerà con una manifestazione a
Roma il prossimo 8 novembre: dalle Marche ci saranno circa 3mila
lavoratori.
Sono 67mila dipendenti pubblici delle Marche interessati a
questa mobilitazione. I sindacati hanno già promosso alcune
iniziative come raccolte di firme e assemblee nei luoghi di
lavoro.
Le ragioni della protesta, illustrate questa mattina da Fp Cgil,
Flc Cgil, Cisl scuola, Fns Cisl, Uil Fpl, Uil Pa e Uil scuola,
riguardano l’ennesimo blocco del contratto di lavoro, scaduto
nel 2009 e fermo sino al 2018.
Prorogare per tutto il 2015 il blocco della contrattazione nei
settori pubblici non solo infliggerebbe un danno ulteriore
ai lavoratori ma priverebbe gli enti per un altro anno degli
strumenti per riorganizzarsi dall’interno, investire sulle
professionalità e fare innovazione.
I lavoratori pubblici hanno già pagato al risanamento un
prezzo intollerabile per la dignità del lavoro e per i bilanci
familiari: in cinque anni quasi 5.000 euro di mancati rinnovi,
con una perdita secca del potere d’acquisto che sfiora le due
cifre.
Intanto il debito pubblico continua a lievitare, mentre a
livello locale le risorse diminuiscono, i servizi sono messi a
dura prova, i bisogni sociali non trovano risposta.
Questo dimostra che le scelte fatte fin qui non hanno abbattuto
i veri sprechi, né risolto le inefficienze e i “colli di
bottiglia” del sistema; non hanno contribuito a riqualificare
veramente la spesa, migliorare i servizi ai cittadini e
rilanciare la qualità dell’azione amministrativa.
Dare un contributo per far ripartire il Paese è giusto; ma
continuando a colpire e depauperare il lavoro pubblico si
rischia la paralisi totale.
Il sindacato chiede di far ripartire la contrattazione, perché
con essa si può innovare davvero: investire in progetti per
la produttività, sviluppare le competenze, modernizzare
l’organizzazione del lavoro, assumere giovani qualificati,
risparmiare ottimizzando i processi anziché essere costretti a
far quadrare i conti togliendo servizi ai cittadini.
La contrattazione che il sindacato vuole non pesa sui
bilanci e nemmeno sulle tasche dei contribuenti: anzi aiuta
a spendere meno, perché aiuta a spendere meglio. Ci guadagna
l’amministrazione, ci guadagnano le famiglie e le imprese, ci
guadagnano i lavoratori pubblici. Con i blocchi e i tagli,
invece, ci perdiamo tutti – ci perde il Paese.
Il sindacato vuole per la Pa un progetto complessivo per
la riorganizzazione e il rilancio dei servizi pubblici: da
costruire e implementare attraverso una forte partecipazione dal
basso, dai territori, da alleanze ricche di energie e di idee
condivise tra le forze produttive della società.
I sindacati chiedono agli amministratori locali delle Marche
di condividere la nostra iniziativa per far sentire forte la
nostra voglia di cambiamento vero e partecipato, per chiedere al
governo di investire nei servizi pubblici: qualità, innovazione,
professionalità, investire nelle risorse umane: mappare i
fabbisogni, assumere giovani, fare formazione investire nella
partecipazione: trasparenza, relazioni sindacali.
Nel comparto scuola questo significa che, come ipotizza il
governo, con la cancellazione degli scatti di anzianità il
66% potrà riprendere il proprio percorso di carriere mentre
il restante 34% sarà bloccato sino al 2021. “I salari sono in
discesa, la prossima Legge di Stabilità taglierà ulteriori
risorse alla categoria, chiediamo alla Regione e alle
amministrazioni locali un supporto a questa mobilitazione”,
hanno detto i sindacati.
Nelle Marche, secondo i calcoli effettuati dai sindacati, il
blocco del contratto dal 2009 ha determinato solo ai 27mila
lavoratori della conoscenza una perdita di potere di acquisto
pari quasi a 170milioni di euro, tra i 4 e i 5mila euro pro
capite. Senza contare che i continui tagli hanno creato
situazioni come quelle del Pergolesi di Ancona che quest’anno
non aprirà.
Nell’ambito di università e ricerca, i sindacati hanno fatto
notare che il 66% del personale è precario e, senza il rinnovo
dei contratti, tanti rischiano di essere licenziati.