Pesaro e Urbino, ancora nubi all’orizzonte. Nel 2014 altri posti di lavoro in meno
PESARO – Pesaro e Urbino, anche il 2014 sarà un anno difficile per il lavoro. Alla fine di dicembre i posti di
lavoro nelle aziende della provincia saranno circa 2mila in meno.
Un risultato dovuto alla perdita di posti di lavoro, non compensati dai nuovi ingressi di personale nelle
aziende marchigiane. Si tratta di dati forniti da Unioncamere e Ministero del Lavoro sulla base dell’indagine
Excelsior sui fabbisogni occupazionali delle imprese marchigiane, ed elaborati dal Centro Studi Sistema per
la Cna Marche.
L’allarme viene lanciato dal presidente Cna di Pesaro e Urbino, Alberto Barilari secondo il quale “abbiamo
sei mesi di tempo per rendere meno pesante questa previsione e favorire le assunzioni di nuovo personale
nelle aziende della regione”.
Come? Moreno Bordoni, segretario provinciale lancia la sua ricetta. “Intervenendo sulle difficoltà
burocratiche, sull’accesso al credito, sulla conoscenza dei mercati in modo da rendere meno complicato
avviare un’impresa per i tanti giovani desiderosi di mettersi in proprio sulla riduzione della tassazione locale
che sta diventando un ostacolo alla crescita.
Secondo stime del sistema camerale, sono più di 5 mila i giovani marchigiani tra i 18 ed i 35 anni potenziali
imprenditori e riuscirebbero ad assorbire quasi il doppio di lavoratori, fornendo un contributo decisivo al
mercato del lavoro marchigiano. Regione, Camere di commercio e associazioni di categoria debbono unire i
loro sforzi per facilitare la nascita di nuove imprese, fornendo agli aspiranti imprenditori assistenza, supporto
e finanziamenti dedicati”.
Nella classifica regionale stiamo peggio solo rispetto alla provincia di Ancona dove nei prossimi mesi si
perderanno più posti di lavoro (- 2.180). Segue la provincia di Pesaro Urbino (- 1.880) e Macerata (- 1.280).
Situazione migliore ad Ascoli Piceno (- 830) e a Fermo (- 500).
I lavoratori maggiormente a rischio disoccupazione saranno quelli occupati nel commercio, nel turismo,
alloggio e ristorazione, nei trasporti, nei servizi. Tra le imprese manifatturiere, quelle che avranno il maggior
calo di personale saranno quelle del sistema moda, meccanica, mobile e alimentari.
“Di fronte ad una disoccupazione giovanile che ha raggiunto quest’anno il 36,1 per cento rispetto al 23,8
per cento del 2001 – concludono Barilari e Bordoni – non si deve e non si può restare a guardare. Si tratta
di una disoccupazione non solo manuale ma anche intellettuale, visto che negli ultimi due anni il tasso di
disoccupazione dei giovani laureati è salito dal 5,4 all’8 per cento e quello dei diplomati dal 7 al 10,1 per
cento. Bisogna per questo favorire l’inserimento di giovani occupati nelle nostre aziende, in particolare
diplomati e laureati, che portano competenze, innovazione, ricerca, capacità di guardare ai mercati
internazionali.”