EconomiaUltimissime Notizie

#ItalyMatters:Whirlpoolcredenell’Italia

merloniw017Milano, 28 marzo 2017 – Whirlpool crede nell’Italia e promuove un incontro sull’attrattività del

Sistema Italia: sfide, opportunità e prospettive, in collaborazione con Assolombarda e American

Chamber of Commerce in Italy. L’evento, che si è svolto questa mattina in Assolombarda, è

coinciso anche col trasferimento del quartier generale di Whirlpool EMEA (Europa, Middle East,

Africa) da Comerio (VA) a Pero, negli ex uffici di Expo.

All’evento sono intervenuti Gianfelice Rocca, Presidente di Assolombarda​, Michele Scannavini,

Presidente di ITA (Italian Trade Agency), Simone Crolla, Consigliere Delegato American Chamber

of Commerce in Italy​, Cristina Tajani, Assessore alle Politiche del Lavoro, Attività Produttive,

Commercio e Risorse Umane del Comune di Milano​, Enrico Cereda, Amministratore Delegato di

IBM Italia​, Cristina Scocchia, Presidente e Amministratore Delegato di L’Oréal ​e Carlo Purassanta,

Amministratore Delegato Microsoft Italia​.

“L’Italia è al centro dei nostri piani di sviluppo a livello EMEA”, ha commentato Esther Berrozpe

Galindo, Presidente Whirlpool EMEA. ​“Qui coltiviamo e investiamo su talento, know how e creatività

al servizio dell’innovazione e della qualità. Sentiamo la responsabilità di farci promotori di crescita e

nuove opportunità per far superare al Paese i gap ancora esistenti e renderlo più competitivo nel

mercato globale. Un impegno che in occasione di #ItalyMatters ha ricevuto l’apprezzamento e il

sostegno delle Istituzioni e di alcune delle aziende più attive nel Paese”.

Il dibattito ha preso spunto dalla presentazione dell’Indice della globalizzazione sviluppato

dall’Istituto Bruno Leoni, che ha analizzato il grado di apertura agli scambi dei Paesi del G20 e

dell’UE, misurandone in modalità comparativa negli ultimi 20 ann​i le correlazioni con i principali

indicatori di crescita del Paese. Tre i macro-indicatori rilevati: l’esposizione dei Paesi agli scambi

globali​; la capacità di attrarre o generare investimenti diretti esteri​; il grado di connettività ​e la loro

partecipazione ai mercati mondiali della conoscenza​.

“Misurare il grado di apertura alla globalizzazione è importante perché l’internazionalizzazione degli

scambi è oggetto di una divaricazione tra percezione e realtà”. ha commentato S. Sileoni,

Vice-Direttore Generale Generale Istituto Bruno Leoni. “​Infatti, sebbene l’opinione pubblica in molti

paesi si sia orientata in senso ostile alla globalizzazione, l’evidenza suggerisce che la partecipazione

ai mercati globali sia un fattore di crescita, occupazione ed equità”.

“Siamo fieri di essere ad oggi l’unica multinazionale con un Quartier generale regionale in Italia, e

siamo convinti che la nostra scelta, consolidata nel corso degli ultimi 28 anni, sarà presto seguita da

altri grandi gruppi internazionali” ha proseguito il Presidente di Whirlpool EMEA​, “D’altronde qui in

Italia abbiamo sempre trovato terreno fertile per implementare i nostri piani di sviluppo, da ultimo in

occasione degli impegni assunti nel luglio 2015 insieme alle Istituzioni e alle Parti sociali, un piano di

investimenti per oltre 500 milioni di Euro che saranno realizzati entro il 2018.”

Lo Studio IBL

Secondo l’indice realizzato per Whirlpool dall’Istituto Bruno Leoni, nel 2015 è l’Irlanda ad occupare

la posizione di vertice della “classifica”, seguita da Malta e Danimarca, affermandosi così come

campione della globalizzazione. L’Italia si colloca al 17° posto​, preceduta dalle grandi economie

europee: Regno Unito (6°), Germania (7°), Francia (9°), Spagna (13°).

L’indice è guidato da economie “piccole” che sono generalmente più propense a integrarsi con

l’estero per superare i limiti di un mercato interno non in grado da solo di produrre molti dei beni e

servizi richiesti dai consumatori. Questo è tanto più vero per quegli Stati che hanno assunto negli

anni le caratteristiche di snodo finanziario come, appunto, Malta. Nel 1994, primo anno preso in

considerazione dall’Indice, il grande Paese più globalizzato del mondo erano gli Stati Uniti, al

settimo posto della classifica (sceso al 14° nel 2015). Per quanto riguarda le grandi nazioni

europee – Francia, Germania e Regno Unito – avevano lo stesso indice, leggermente superiore

all’Italia.

Il caso Italia

Secondo lo Studio Bruno Leoni, l’Italia si caratterizza come un Paese relativamente aperto alla

globalizzazione, che tuttavia presenta ancora notevoli margini di miglioramento. Il punto di forza

del nostro Paese viene indicato nella elevata permeabilità al commercio internazionale di beni:

l’interscambio italiano infatti è cresciuto da circa il 41% del PIL nel 1994 al 57% nel 2015​,

addirittura superando il picco pre-crisi del 2006 (55%)​. Dove l’Italia appare invece indietro rispetto

ai principali competitor è sul fronte degli investimenti diretti esteri: con rare eccezioni, il flusso di

FDI (Investimenti Esteri Diretti) dal 1994 al 2015 si è attestato intorno all’1% del PIL​. Anche in

relazione alla connettività, il nostro Paese ottiene buoni risultati pur scontando alcuni ritardi legati

principalmente al digital divide tra il Nord e il Sud.

Lo Studio evidenza alcuni oggettivi vantaggi competitivi dell’Italia rispetto ad altre Nazioni con

economie paragonabili: la favorevole posizione geografica​, le professionalità e la tradizione

manifatturiera​, e un tessuto imprenditoriale dinamico​.

Con la crisi economica la tendenza alla globalizzazione registrata dall’Italia negli anni ha segnato

un rallentamento, nonostante la performance record dell’export italiano negli ultimi anni.

I 3 principali vantaggi della globalizzazione

Lo Studio odierno individua alcune correlazioni importanti tra livello di globalizzazione e fattori che

contribuiscono alla ricchezza, allo sviluppo e al benessere delle economie.

Innanzitutto più un Paese è “aperto” più è cresciuto negli anni il PIL pro capite​. Con le dovute

eccezioni in generale sono i Paesi più poveri, che cioè partivano molto distanziati dalle economie

sviluppate, ad aver registrato le crescite più significative del potere d’acquisto dei propri cittadini.

La Ricerca individua anche un rapporto tra globalizzazione e disoccupazione, tanto quella

generale quanto quella giovanile e femminile.​ Nonostante il disaccoppiamento dei due indicatori

durante la crisi economica globale, si è registrata una ripresa più rapida dell’occupazione in

corrispondenza della ripartenza degli scambi internazionali, con maggior vigore proprio nei Paesi

che occupano le posizioni più alte nell’Indice.

Infine, i Paesi più esposti alla globalizzazione tendono ad avere meno diseguaglianze interne​, un

più elevato indice di Gender Parity nel tasso di scolarizzazione per la fascia di età 15-24 anni e

minori livelli di inquinamento.

Le aziende manifatturiere “campioni” di globalizzazione

Un aspetto interessante dello Studio consiste nell’evidenza che i Paesi con una maggiore

presenza manifatturiera tendono ad essere più aperti agli scambi globali​. Questo dipende

verosimilmente da due aspetti: il primo riguarda la natura stessa del settore manifatturiero, cioè il

fenomeno di integrazione globale delle catene del valore​. I processi e la specializzazione

produttiva sono ormai tali da aver raggiunto un elevato livello di internazionalizzazione che obbliga

l’industria manifatturiera a cercare assetti organizzativi globali. Il secondo aspetto riguarda la più

facile circolabilità dei prodotti manifatturieri rispetto ai servizi. Per le caratteristiche produttive e

per l’elevata intensità di capitale che contraddistinguono la moderna “fabbrica”, l’industria

manifatturiera ha una vocazione naturale verso l’internazionalizzazione.

In questa prospettiva, è particolarmente interessante il ruolo che giocano le imprese

multinazionali​, considerando che le aziende di maggiori dimensioni e più internazionalizzate

tendono a generare occupazione più stabile e meglio remunerata​. Già oggi rappresentano il 33%

del PIL nazionale e occupano circa 1 milione di persone​, pari al 4,5% dell’occupazione totale (ICE,

2016). Nella sola Lombardia sono poco meno di 6.400 aziende a partecipazione estera che

generano ricavi per oltre 257 miliardi di euro e danno lavoro a oltre 570 mila dipendenti (Camera

di Commercio di Milano, 2017).

Le multinazionali quindi creano un valore tangibile molto rilevante ma allo stesso tempo sono

l’esempio più evidente – sia per la loro organizzazione interna, sia per le scelte che compiono

rispetto ai propri fornitori – di integrazione globale delle catene del valore. Esse contribuiscono

inoltre a portare nei Paesi in cui si stabiliscono una vera e propria cultura dell’apertura, sono un

veicolo di diffusione della conoscenza e di trasferimento tecnologico, rappresentano un

importante volano di innovazione.