Infolampo: Voucher – Lavoro
In campo contro il colpo di mano
Nella settimana dello “schiaffo alla democrazia”, con la reintroduzione dei voucher appena soppressi, la
Cgil riprende la mobilitazione. Manifestazione il 17 giugno, appello al Capo dello Stato e ricorso alla
Corte Costituzionale
Voucher: riparte la mobilitazione contro il colpo di mano del governo che, con un emendamento alla
manovra correttiva, vuole reintrodurre i buoni lavoro. Il testo è passato alla Camera con la fiducia, non
hanno votato Mdp e i centristi dell’Udc. Ora passa al Senato per l’esame definitivo. Per la Cgil si tratta di
uno schiaffo alla democrazia, un tradimento per quei milioni di cittadini che avevano votato per chiedere
e ottenere il referendum abrogativo. Per questo la confederazione di corso d’Italia ha indetto una
manifestazione nazionale il 17 giugno a Roma: due cortei
partiranno rispettivamente da piazza della Repubblica e da
piazzale Ostiense ed entrambi convergeranno a piazza San
Giovanni dove, alle 12.00, è previsto l’intervento
conclusivo del segretario generale Susanna Camusso.
La Cgil ha anche lanciato un appello al capo dello Stato
con raccolta di firme. E sta anche valutando un possibile
ricorso alla Consulta. Posizione condivisa da molti
costituzionalisti, come Mario Volpi, ordinario di diritto
all’Università di Perugia, per il quale l’azione del governo
è un “furto di democrazia”: “Siamo di fronte a un
imbroglio – spiega – perché in questo modo viene travolto il
diritto di un milione e 300 mila cittadini che avevano
firmato per votare in quel referendum. E tutto questo è
avvenuto senza che vi sia stato alcun confronto con le parti
sociali”.
Le iniziative e mobilitazioni, intanto, si susseguono, in
attesa del 17 giugno, in tutto il paese, mentre denunce
precise arrivano anche dalle categorie. Per la Slc nello
spettacolo e nello sport i nuovi voucher permetteranno di aggirare le regole. Nefaste le conseguenze
anche in agricoltura dove, denuncia la Flai, i nuovi buoni lavoro finiranno per destrutturare la
contrattazione. A fianco dei lavoratori il 17 giugno scenderanno in piazza anche gli studenti e i
pensionati: “Un Parlamento e un governo responsabili avrebbero aperto un confronto serio con i sindacati
– ha dichiarato Ivan Pedretti, segretario generale dello Spi Cgil -, questo confronto invece non c’è stato.
Ora la toppa è peggiore del buco e a precarietà si sta aggiungendo altra precarietà. Così non va bene”. Per
questo, conclude Pedretti, i pensionati della Cgil “come sempre saranno al fianco dei lavoratori e
parteciperanno in massa alla manifestazione del 17 giugno”.
Dell’emergenza lavoro e della tutela dei diritti in chiave europea si è occupato un importante
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Lavoro, imprese e finanza: una partita a tre sul Pil
Il tema della disuguaglianza, delle sue origini e conseguenze sta finalmente tornando al centro del
dibattito economico. L’attenzione, da tempo concentrata sulla distribuzione personale del reddito e della
ricchezza (e da alcuni estesa agli aspetti multidimensionali del benessere), di recente sta tornando anche
sulla distribuzione funzionale, ovvero la ripartizione del prodotto tra i fattori che partecipano alla
produzione.
di Stefania Gabriele and Enrico D’Elia
Un tema approfondito dagli economisti “classici” e dalla letteratura che ne discende, che ha sottolineato
l’aspetto conflittuale di tale distribuzione, in contrapposizione alla visione “marginalista”, secondo cui il
semplice operare del mercato porta la remunerazione di tutti i fattori produttivi ad eguagliare il contributo
fornito da ciascuno di essi alla produzione. Ciò garantirebbe l’uso più efficiente delle risorse disponibili,
tranne che nei casi in cui la presenza di asimmetrie informative e rendite di posizione provochi distorsioni
del sistema dei prezzi relativi e delle retribuzioni.
Quando la distribuzione operata dal mercato è molto sperequata, come è avvenuto negli ultimi decenni, le
politiche redistributive non sono in grado di correggere gli squilibri ed è dunque necessario intervenire
anche sulla distribuzione primaria, o pre-distribuzione, secondo un termine coniato di recente (J.S.
Hacker,The Institutional Foundation of Middle-Class Democracy, 2011; cfr. anche, sul Menabò,FraGra,
La pre-distribuzione e le sue ragioni, 2016).
Il dibattito economico sta anche riconsiderando gli effetti negativi di una eccessiva disuguaglianza sulla
crescita economica, abbandonando la narrativa del trickle down, abbastanza diffusa fino a qualche tempo
fa, secondo cui la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi individui più dotati e intraprendenti
stimolerebbe l’attività economica e non pregiudicherebbe una successiva redistribuzione delle risorse
(“sgocciolamento”) a favore degli individui meno fortunati; al contempo, si va diffondendo l’apprensione
per un livello di sperequazione così elevato da indebolire la domanda aggregata e frenare la crescita.
Gli studi sulla distribuzione funzionale hanno evidenziato una riduzione di lungo periodo della quota
attribuita al lavoro (comprensiva dei contributi sociali) sul valore aggiunto nelle economie avanzate (IMF,
World Economic Outlook: Gaining Momentum, 2017), che in Italia inizia a cadere nella seconda metà
degli anni settanta e raggiunge un minimo a inizio secolo – quando torna su livelli vicini a quelli del ’60–,
per lasciare il posto ad un andamento crescente negli anni 2000 (cfr. ad esempio R. Torrini, Labour, profit
and housing rent shares in Italian GDP: long-run trends and recent patterns, 2016).
Tuttavia, questa evidenza empirica dipende molto da come si stimano i redditi degli autonomi e le
procedure di calcolo finora utilizzate sono piuttosto insoddisfacenti, perché basate su ipotesi ad hoc più
che sui dati disponibili. Mostreremo che utilizzando le informazioni contenute nei conti nazionali per
settori istituzionali la distribuzione funzionale ha un diverso andamento, e l’analisi effettuata risulta utile
anche per comprendere meglio l’evoluzione dell’economia italiana negli ultimi due decenni.
Un aspetto cruciale dell’evoluzione delle quote distributive è l’andamento dei redditi da lavoro
indipendente. A differenza dai salari, una stima di tale componente non viene fornita direttamente dalla
contabilità nazionale, che la incorpora nella voce “risultato lordo di gestione”, assieme ai redditi da
capitale e impresa. Tuttavia la quota del lavoro, se fosse riferita esclusivamente ai dipendenti,
rifletterebbe non soltanto il rapporto tra costo del lavoro e prodotto medio per lavoratore, ma anche quello
tra lavoratori dipendenti e occupazione totale (A. Stirati, Come calcolare correttamente la riduzione dei
salari, 2011,).
In letteratura, come nei principali database internazionali sulla produttività (OECD, ECOFIN), il
problema viene spesso affrontato attribuendo ad ogni lavoratore autonomo lo stesso reddito medio pro-
capite dei dipendenti, eventualmente distinto per settore produttivo. Tuttavia, questa convenzione fornisce
indicazioni particolarmente distorte in paesi, come il nostro, in cui il lavoro indipendente ha finito per
rappresentare una tra le componenti più sensibili al ciclo e alle trasformazioni strutturali dell’economia.
Tra i redditi da lavoro dipendente forniti dalla contabilità nazionale non sono infatti incluse forme di
lavoro subordinato più o meno “mascherate”, quali le “partite IVA mono-committente” e le
collaborazioni coordinate e continuative. Un metodo di stima alternativo, adottato in un nostro studio in
corso di elaborazione, consiste nel fare uso dei conti dei settori istituzionali prodotti dall’Istat, una fonte
ancora poco sfruttata che consente di ricostruire con un certo dettaglio anche i redditi dei lavoratori
indipendenti e da capitale e impresa. Un corretto utilizzo delle informazioni fornite dall’Istat mostra che il
calo dei redditi da lavoro indipendente trascina verso il basso la quota complessiva del lavoro anche dopo
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