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Infolampo: Pensioni – Stipendi

sole24ore-guida-pensioni-2013-258Pensioni, si apre una fase delicata con l’Inps

In questi giorni parte il secondo periodo per la presentazione delle domande, che durerà fino al 30

novembre prossimo; richieste che saranno prese in considerazione solo se rimarranno risorse

economiche da spendere

di Fulvia Colombini componente del collegio di presidenza Inca

Il 15 luglio scorso è terminata la prima fase per la presentazione delle domande all’Inps di Ape sociale e

pensionamento anticipato per lavoratori precoci. L’Istituto di previdenza ha comunicato ufficialmente che,

nelle quattro settimane intercorrenti dal 17 giugno, giorno del rilascio della procedura online, al 15 luglio,

termine di chiusura della prima fase, le domande

complessivamente presentate risultano essere 66.409, di cui

39.777 per Ape sociale e 26.632 per la pensione anticipata

dei lavoratori precoci.

Visto il grande numero di richieste inoltrate, in così poco

tempo, la considerazione che viene spontaneo esprimere è

che queste due misure, volute con forza da Cgil Cisl e Uil,

erano molto attese dalle persone e per questo sono state

apprezzate. Entrambi i benefici consentono, ad alcune

categorie disagiate di lavoratori e lavoratrici, in possesso di

una serie di requisiti oggettivi e soggettivi, di poter essere

accompagnati o di poter anticipare di qualche tempo la

pensione. E oggi, visto che sia l’età sia il requisito

contributivo della pensione si allontanano sempre di più, non

è un beneficio di poco conto. Tuttavia, occorrerà attendere

ancora qualche mese per conoscere il numero di quanti riusciranno effettivamente a ottenere l’indennità di

Ape sociale o ad andare in pensione anticipata.

Si apre, dunque, una fase molto delicata, che durerà fino ad ottobre, nella quale l’Inps, coordinandosi con

le altre istituzioni pubbliche (Inail, Direzioni territoriali del lavoro, Centri per l’impiego ecc.), vaglierà

tutte le domande per poi comunicare agli interessati se sono in possesso di tutte le condizioni previste e se

rientrano nel budget di spesa previsto dalla legge di bilancio 2017. In considerazione dell’avvenuto

superamento delle previsioni quantitative del governo di circa 60 mila lavoratori, una parte di coloro che

hanno inoltrato la domanda potrebbe vedersi respinta la richiesta perché privo di qualche requisito

oggettivo o soggettivo, oppure perché le risorse economiche risultano insufficienti per accoglierle tutte.

Nelle quattro settimane in cui si è proceduto all’inoltro delle domande, gli uffici territoriali di Inca si sono

riempiti di persone che si sono fatte assistere dal patronato della Cgil nel complicato compito di assolvere

agli adempimenti procedurali telematici in modo corretto onde evitare errori nella compilazione dei

moduli. Non è stato facile, perché, oltre a una richiesta di informazioni più dettagliate sulle misure, gli

operatori e le operatrici hanno dovuto fare i conti con una procedura online che presentava alcune

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Gabrielli, G8 catastrofe ma non

ci sarà più un’altra Genova

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Fazio si merita il suo stipendio? Alcune riflessioni su

super-ricchi, mercati e meriti

“Le regole le fa il mercato, nessuno regala nulla. Il programma costa 450 mila euro, 15 secondi di

pubblicità costano 40mila euro…. Si fa presto a capire costi e ricavi”. Così Fabio Fazio risponde a chi

gli chiede del contratto appena firmato con la Rai (cfr. https://video.repubblica.it/spettacoli-e-
cultura/rai-fazio-sul-suo-contratto-se-15–di-pubblicita-costano-40mila-euro-si-fa-presto-a-capire-i-
ricavi/279834/280428).

di Maurizio Franzini e Elena Granaglia

Sebbene la Rai tenda a non rendere pubblici i costi dei suoi programmi, svelandoli solo nei momenti più

opportuni, non ci sono ragioni per dubitare dei costi e dei ricavi delle puntate del programma di Fazio.

Considerando i minuti di pubblicità per ogni puntata, il ricavo netto per puntata si aggirerebbe, salvo

errori, attorno ai 2 milioni (2.500.000 essendo le entrate pubblicitarie totali).

Perché allora stupirsi (e, meno che mai, preoccuparsi) che Fazio guadagni nell’anno un po’ di più del

fatturato di una puntata, ossia, circa 2.800.000 euro? D’altro canto, i compensi annuali di alcune delle

anchorperson di maggior successo negli Usa sono ben maggiori: Matt Lauer guadagna 21 milioni di

dollari, Katie Couric e Meredith Vieiria 15 milioni. E, come noto, non di meno percepiscono altre star

dello spettacolo e dello sport.

Sembrerebbe allora avere ragione chi pensa che le critiche a Fazio (meglio, ai suoi compensi che sono

pari a 12 volte quelli del presidente della Repubblica, 100 volte quelli di un lavoratore medio e sono 1000

volte più elevati del reddito minimo che finalmente sarà assicurato con il reddito d’inclusione) nascano da

un mero sentimento d’invidia, da uno stato d’animo rancoroso e forse anche populista. Forse è così per

alcuni o anche per molti ma non è questo che ci interessa. Né qui ci interessano argomenti sulle virtù

personali e per questo non scomoderemo un importante filosofo da poco scomparso, G. Cohen, che nel

suo If you are egalitarian why are you so rich (Harvard University Press, 2001) ha richiamato l’attenzione

sull’importanza dei nostri comportamenti e sul valore della coerenza tra il modo in cui si vive e ciò in cui

si crede. Siamo ben consci che praticare la virtù non è facile – sebbene non impossibile – e per questo non

parleremo di virtù, di coerenza e della loro mancanza.

Parleremo invece proprio di mercato, del mercato in cui diventano possibili stipendi come quelli di Fazio

per capire che razza di mercato esso sia e quali regole lo governino. Da questo, a noi pare, dipende il

giudizio che si può dare non del comportamento di Fazio ma dell’accettabilità di un sistema e dell’idea di

merito che esso trasmette. Più precisamente ci lascia molto perplessi, l’idea che o si accetta questo

mercato o si è fuori da ogni meccanismo concorrenziale, come Fazio sembra ritenere visto che nella

stessa intervista richiamata in apertura ha affermato che la Rai deve scegliere – appunto – se vuole stare

nel mercato o, invece, chiudersi nel recinto del pubblico, sottraendosi alla sfide del “mercato”. E, a questo

riguardo, la posizione sul suo stipendio sarebbe decisiva: stare nel mercato significa offrire almeno quanto

offre un potenziale concorrente. Il punto è che il mercato può funzionare in modi molto diversi e

contrapporre il mercato (senza altre qualificazioni) all’offerta pubblica (come sembrano fare anche coloro

che sono critici nei confronti del modo in cui questo mercato funziona, si veda ad esempio Bersani) non

aiuta a comprendere perché questo mercato non è né l’unico né il miglior mercato possibile.

La prima, banale, osservazione è, appunto, che non esiste il mercato; esistono i mercati con i loro

meccanismi di funzionamento e le loro regole che non hanno il dono della naturalità. Esse sono il frutto

delle decisioni (o delle mancate decisioni) degli uomini, soprattutto di quelli che hanno il potere di

regolare le umane interazioni economiche. Una decisione cruciale riguarda l’assegnazione dei diritti di

proprietà intesi in senso lato; da essi dipende – assieme alle forme specifiche che assume la concorrenza –

“cosa è mio” e “cosa è tuo”, “cosa devo fare io” e “ cosa devi fare tu”.

Se: i) il mercato prevede che chi offre un servizio o un bene sia direttamente compensato da chi compra

(in piena consapevolezza) quel servizio o quel bene; ii) non esistono barriere all’accesso; iii) i compensi

determinati dal mercato riflettono il contributo che ciascuno offre alla produzione allora si può concludere

che sono soddisfatte le principali condizioni (non necessariamente tutte) per considerare il mercato un

sistema che stabilisce compensi accettabili e difendibili.

Insomma occorrono tre elementi: i) i consumatori devono essere consapevoli e disposti a pagare per quel

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ricchi-mercati-e-meriti/