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Infolampo: Pensioni – legge elettorale

infografica_requisiti_pensione017Pensioni, dal governo risposte inadeguate
Ghiselli e Scacchetti (Cgil) dopo l’incontro con Poletti: “L’esecutivo non considera la previdenza priorità
del 2018. Grave il mancato intervento sull’aspettativa di vita”. Sulla manovra “alcuni dubbi, ma giudizi
equilibrati”
La Cgil ha ribadito “alcuni dubbi” sull’impostazione complessiva della manovra, ma i giudizi “vanno
mantenuti equilibrati” per “la necessità di capitalizzare
gli avanzamenti ottenuti”. I dubbi riguardano, in
particolare, “la scelta della decontribuzione e la
necessità di non destinare tutte le risorse a
incentivazione delle imprese ma anche a qualificare il
sistema formativo”. Così i segretari confederali di corso
d’Italia, Roberto Ghiselli e Tania Scacchetti, al termine
dell’incontro con il ministro del Lavoro, Giuliano
Poletti, che si è tenuto stamani (16 ottobre) insieme a
Cisl e Uil, per affrontare i temi del lavoro e della
previdenza.
Sul capitolo lavoro, il ministro ha illustrato alcuni
provvedimenti che dovrebbero trovare spazio nella
legge di stabilità. Sulla questione dei centri per
l’impiego, ha confermato che, oltre che un’ulteriore dotazione per Anpal, nella legge sarà previsto lo
stanziamento di risorse per sostenere l’accordo con le regioni per un definitivo passaggio dei dipendenti
dei centri per l’impiego in capo alle regioni, compresa la stabilizzazione dei contratti a tempo
determinato.
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Sul nodo del lavoro per i giovani il ministro ha confermato la volontà di inserire anche in questa legge di
stabilità una norma sulla decontribuzione. “La misura, al 50% – spiega la Cgil -, si deve intendere
strutturale nel senso che spetterebbe per sempre per tre anni: per il primo anno di vigenza, cioè il 2018, il
ministero si sta attivando affinché possa valere fino al 35° anno di età (ma ancora nulla è definito), mentre
in generale dovrebbe valere fino a 29 anni di età”. Al Sud, sempre secondo il governo, con la proroga dei
bonus attualmente in vigore (che verrebbero rifinanziati) si mantiene il 100% di decontribuzione annuale.
In tema di ammortizzatori sociali, oltre, allungamento di 12 mesi di cassa integrazione straordinaria per
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Pensioni. Il Governo ha disatteso gli
impegni. Verso la mobilitazione

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Legge elettorale e assetto istituzionale. Una questione di
democrazia
Vorrei lanciare un appello per un ritorno alla semplicità delle forme e alla chiarezza nei principi.
La discussione sulla riforma del sistema elettorale è diventata insopportabilmente confusa, anzi del tutto
indecifrabile, almeno per chi vuole ragionare in base a valori e non solo per perseguire i propri interessi
di partito, se non direttamente quelli strettamente personali. Ci vengono proposti sistemi elettorali,
sempre più complessi, che sembrano fondarsi sul mistero della cabala, con il solo scopo di acquisire
prima del voto un risultato politico desiderato ovvero con il fine di esorcizzare esiti non graditi.
di Gaetano Azzariti
Così è per l’ultima proposta -che si sta cercando ora di imporre al parlamento utilizzando l’arma
impropria rappresentata dalla questione di fiducia -elaborata dagli stessi protagonisti che pochi mesi
addietro si erano accordati per introdurre un sistema del tutto diverso, che ora immaginano di poter
escogitare un meccanismo grazie al quale – secondo le parole dei commentatori più accreditati e dei più
scaltri esponenti politici –si garantisca a Berlusconi di ottenere la leadership nel centrodestra, a Salvini di
fare il pieno nei collegi del nord, ad Alfano di provare a non scomparire, a Renzi di tacitare gli avversari
interni e orchestrare un trappolone per Pisapia, a quest’ultimo di affrancarsi dall’ingombrante D’Alema e
abbandonare la sinistra soi-disant radicale.
È questo un terreno di discussione inaccettabile. L’espressione unicamente del livello di assoluta
l’autoreferenzialità della politica, un’ostentazione della politica che si allontana sempre più dal mondo
reale.
Allora, il primo dovere è quello di riportare con i piedi per terra il confronto sulla legge elettorale.
Ricordare, che questa non serve per assicurare il risultato ai giocatori, bensì a permettere al popolo
sovrano di esprimere e scegliere i propri rappresentanti.
Per questo mi appello alla semplicità della forma.
Vorrei anzitutto fornire un criterio di massima per poter giudicare la bontà dei sistemi elettorali. Quanto
più sono difficili da spiegare, tanto più vanno criticati; poiché il sospetto che dietro le alchimie e le
subordinate algebriche si celi la volontà di alterare il risultato elettorale volgendolo a favore di alcuni e a
scapito di altri è spesso fondato.
Rilevo che, nel frenetico succedersi dei sistemi elettorali in Italia e nella caotica riproposizione di
riformarli, una costante è data. Tutte le proposte sono modellate attorno al calcolo differenziato dei voti in
uscita, alle soglie d’accesso, ai premi di lista, ad incentivi o penalizzazioni infinite. Ormai sono questi
tratti artificiali ad aver preso il sopravvento, scalzando la realtà materiale del suffragio. “Una testa, un
voto” era l’ingenua richiesta del terzo stato che pose fine al diverso sistema di voto per ordine dell’ancien
regime. Ricordalo oggi si rischia di passare per irresponsabili sabotatori, o almeno fautori
dell’ingovernabilità del sistema.
Oltre la semplicità, è soprattutto alla chiarezza dei principi che bisogna guardare.
Quali? Se è vero che la legge elettorale non è altro che uno specchio della nostra visione di democrazia, la
vera domanda cui rispondere per individuare i principi è la seguente: quale democrazia vogliamo? Ed è di
questo di cui dovremmo parlare: della qualità della nostra democrazia, delle sue forme e della sua
sostanza.
Sulla riforma della legge elettorale mi limito qui a due considerazioni. La prima legata a quel che
dovrebbe fare il buon legislatore se volesse dare un seguito coerente alle indicazioni della Corte
costituzionale ed evitare per la terza volta di trovarsi ad approvare una legge in contrasto con i principi
supremi della costituzione. La seconda legata alla convenienza politica e alla necessità – se si vuole
cambiare veramente il Paese – di abbandonare le logiche maggioritarie che ci hanno condotto sin qui.
Sul primo punto ricordo che entrambe le decisioni della Consulta sui sistemi elettorali hanno rilevato che
le ragioni della governabilità –obiettivo politico legittimo – devono però essere perseguite “con il minore
sacrificio possibile per la rappresentanza politica nazionale”, la quale “si pone al centro del sistema di
democrazia rappresentativa e della forma di governo prefigurati dalla Costituzione”.
A me sembra chiaro il senso di un tale rilievo: l’ossessione maggioritaria, l’ansia di governabilità che ha
dominato la politica in Italia nell’ultimo quarto di secolo è andata troppo oltre e, passando di fallimento in
fallimento, è giunta a comprimere eccessivamente il valore supremo della rappresentatività

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