Infolampo: Legalità – Europei
Legalità: Cgil, serve una risposta forte del Paese
Massafra: “Dall’inizio dell’anno undici Comuni sciolti per mafia. Il governo, le forze politiche si
facciano interpreti di questo fenomeno che ci rende drammaticamente deboli dal punto di vista
democratico, civile ed economico”
“Il commissariamento di Castelvetrano, deciso dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro
dell’Interno Minniti, rappresenta un fatto a dir poco
inquietante. Dall’inizio dell’anno, in cinque mesi, sono
undici i Comuni sciolti per mafia, dal 1991 oltre
duecento. Siamo di fronte ad un’emergenza nazionale e
come tale deve essere affrontata. Il Governo, le forze
politiche si facciano interpreti di questo fenomeno che
rende il Paese drammaticamente debole dal punto di vista
democratico, civile ed economico”. Così il segretario
confederale della Cgil Giuseppe Massafra.
“Senza legalità – sostiene Massafra – non c’è presente e
non è possibile disegnare alcuna prospettiva di libertà e
di sviluppo. O si riannodano i legami lacerati fra società
civile, mondo del lavoro e istituzioni, oppure questa
vitale battaglia il Paese non riuscirà a vincerla”.
Per il dirigente sindacale “unire le forze, dare valore e sostegno a quella straordinaria risorsa che
sul territorio esprime quotidianamente impegno per la legalità deve essere una costante e un
impegno forte, a partire dal rispetto dei diritti nel lavoro, del diritto alla rappresentanza sindacale,
che non a caso proprio le mafie osteggiano con ogni mezzo”. “La politica – prosegue Massafra –
comprenda che oltre all’azione di repressione che con grande impegno le forze dell’ordine e la
Magistratura stanno esercitando, c’è bisogno di dare valore e sostegno a chi, rappresentando sul
territorio il lavoro, ha un ruolo importante di sentinella della legalità”.
Per il segretario confederale della Cgil “i commissariamenti dei Comuni, la corruzione diffusa, i
tantissimi processi per mafia ormai in tutto il territorio nazionale, le sottovalutazioni del dibattito
aperto sulle condizioni di Toto Riina, i baciamano all’arresto del Boss a San Luca, sono tutte
facce della stessa medaglia. Occorre rigore, fermezza e – conclude – capacità di unire le forze sane
del Paese”.
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Come introdurre un reddito di base per tutti gli europei
L’introduzione di un reddito di base versato dall’Unione che costituisca la base minima sulla quale gli
stati membri possono costruire le loro politiche in questo ambito segnerebbe un grande passo avanti
verso la costruzione di una vera Europa sociale.
di François Denuit for VoxEurop
A fine aprile, in seguito alla consultazione pubblica che ha coinvolto più di 16.500 partecipanti
provenienti dalla società civile, la Commissione europea ha reso pubblica la sua riflessione sulla
dimensione sociale dell’Unione europea e ha adottato una raccomandazione in favore di una ”base
europea dei diritti sociali”. Se bisogna considerare positivamente la volontà dell’istituzione e del suo
presidente Jean-Claude Juncker di riprendersi il proprio diritto di iniziativa in campo sociale, questa
proposta dovrà comunque essere seguita da altre iniziative se la Commissione spera di raggiungere il suo
obiettivo di una “tripla A sociale” per l’Ue. Un sostegno sistemico ai meccanismi di protezione sociale
nazionale sotto forma di un euro-dividendo potrebbe aprire una via complementare e ambiziosa per
affrontare le attuali sfide sociali, economiche e politiche.
Le realtà sociali di oggi, le sfide di domani
Nel prolungamento del suo libro bianco sul futuro dell’integrazione europea, la Commissione ha
pubblicato la sua riflessione sulla dimensione sociale dell’Ue, dove ha descritto la carta sociale attuale e i
fattori di cambiamento all’orizzonte 2025, prima di valutare i diversi scenari possibili in tema
d’integrazione in ambito sociale.
L’analisi presenta un’immagine disparata, in cui i vari indicatori socio-economici rivelano alcuni lati
negativi per la “macchina di convergenza” rappresentata dall’Unione. Tasso di occupazione, tasso di
povertà e spesa pubblica destinata alle politiche di protezione sociale (parte del budget assegnata, fonti di
finanziamento, grado di copertura per i vari rischi, ruolo del dialogo sociale) mostrano rilevanti disparità
tra gli stati membri. La crisi e le insufficienti risposte che sono state apportate hanno reso più profonde
questi divari e hanno colpito in particolare le persone con i redditi più modesti. Ricordiamo che,
globalmente, circa un quarto della popolazione dell’Unione si trova in situazione di rischio di povertà o di
esclusione sociale, un quinto dei giovani è disoccupato nella zona euro, e le ineguaglianze salariali tra
uomini e donne sono sempre superiori al 16 per cento.
La Commissione inoltre individua i nuovi rischi relativi all’invecchiamento della popolazione,
all’evoluzione delle strutture familiari o al mercato del lavoro. Su quest’ultimo punto, ad esempio, gli
effetti combinati del progresso tecnologico, della globalizzazione degli scambi e della crescita del settore
dei servizi colpiscono la qualità degli impieghi disponibili, la sicurezza sul posto di lavoro, le condizioni
di lavoro e la sostenibilità dei modelli di protezione sociale. La “nuova questione sociale” implica,
secondo la Commissione, di dover ripensare l’accesso alla formazione permanente, l’accesso all’impiego
e la ripartizione dei tempi di lavoro, l’accesso a un reddito dignitoso e di dover “modernizzare” i sistemi
di sicurezza sociale, per evitare che le ineguaglianze e la precarietà si accentuino ulteriormente e che si
sviluppino nuove forme di esclusione sociale.
Se le disparità tra gli stati membri sono notevoli, queste sfide appaiono comuni. La Commissione
identifica dunque tre scenari possibili per il futuro dell’integrazione europea in ambito sociale: 1) la
politica sociale è una competenza esclusivamente nazionale e la sua dimensione europea si limita alla
libertà di movimento; 2) gli stati membri che desiderano un’integrazione approfondita utilizzano la
“cooperazione rafforzata” per armonizzare le proprie politiche sociali; e 3) l’insieme dell’Ue a 27
approfondisce la sua integrazione in ambito sociale, sviluppa un arsenale legislativo e delle capacità di
redistribuzione per garantire i diritti sociali di tutti i cittadini europei. Per quanto la Commissione si limiti
a aprire il dibattito e si rimette nelle mani degli stati membri, tuttavia insiste sulla necessità sia sociale sia
economica di costruire una società in grado di offrire delle reali opportunità a ognuno e sull’imperativo
politico di ridare fiducia al progetto europeo.
Una nuova base europea dei diritti sociali
È in questo quadro che si inserisce la proposta della Commissione in favore di una base europea dei diritti
sociali, formata da venti principi chiave raggruppati in tre punti: uguaglianza delle opportunità e accesso
al mercato del lavoro, eque condizioni di lavoro, e protezione e inserimento sociale. Elaborata in forma di
raccomandazione, la proposta della Commissione non possiede un valore legale vincolante. Bisogna
dunque invitare i paesi membri a adottare un certo numero di principi e di favorire la coordinazione delle
Translated by Andrea Torsello
Leggi tutto: http://www.voxeurop.eu/it/2017/europa-sociale-5121124