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Infolampo: Disoccupazione – condivisione

disoccupazioneDisoccupazione, l’aumento non stupisce

L’Istat stima una crescita dei senza lavoro dello 0,2%. Peggiora anche il quadro per i giovani. Scacchetti

(Cgil): “Lo diciamo da tempo, il mercato è stagnante e l’ottimismo a tutti i costi non serve. Occorre

cambiare le politiche adottate sinora”

Arrivano cattive notizie dall’Istat sull’occupazione in Italia. Le stime su occupati e disoccupati diffuse

oggi raccontano infatti di un mercato del lavoro ormai stagnante. Dopo otto mesi, calano gli occupati. A

maggio l’Istituto di statistica stima che siano stati 51 mila in meno sul mese precedente. Si conferma poi

un trend che ha caratterizzato le ultime rilevazioni: aumentano solo gli occupati ultracinquantenni e i

dipendenti con contratti a termine. Il tasso di disoccupazione, così, risale così a maggio all’11,3%, in

aumento di 0,2 punti percentuali. Peggiora anche il quadro

per i giovani, con la quota di senza lavoro che sale al 37%

con un incremento di 1,8 punti da aprile.

“Questi dati, purtroppo, non sono una novità, e confermano

ciò che sosteniamo da tempo: il mercato del lavoro è

stagnante. Essere ottimisti a tutti i costi non serve, meglio

affrontare i nodi e le mancanze delle scelte politiche degli

ultimi anni: occorre cambiare le politiche adottate sinora”.

Così Tania Scacchetti, segretario confederale della Cgil,

commenta le rilevazioni.

Secondo la dirigente sindacale “i numeri di ogni mese

contraddicono quelli del precedente. Il nuovo aumento della

disoccupazione, che non deriva da una diminuzione

dell’inattività, segnala una ripresa ancora fragile e non

strutturata, in cui la lieve crescita dell’occupazione,

nonostante la mole di incentivi messi in campo, non ha gli

stessi ritmi degli altri Paesi europei”.

Scacchetti sottolinea che “continuano a calare i lavoratori a tempo indeterminato e il lavoro che si crea è

precario e a termine, e ne beneficiano in modo particolare gli ultra cinquantenni”. “Drammatica è poi la

condizione dei giovani – denuncia – per i quali servono anzitutto opportunità di lavoro, valorizzazione

delle competenze e fiducia, come proponiamo nel nostro Piano straordinario per l’occupazione giovanile

e femminile”.

Per la segretaria confederale “è sbagliato riproporre vecchie ricette come quella degli sgravi per le

assunzioni dei giovani. Ricette che, come dimostrato dai dati Istat di oggi, non hanno determinato gli

effetti auspicati e che rischiano di generare una bolla come già accaduto con il Jobs act”. “A ciò si

aggiunge – prosegue – la preoccupazione che le agevolazioni fiscali possano riguardare il versante

contributivo: oltre al danno quindi anche la beffa di future pensioni, per i più giovani, povere o

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Manifestazione a Fermo contro

il razzismo

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Verso un’equa condivisione

Il divario occupazionale tra donne e uomini è dell’11,6% e costa all’Europa 370 miliardi di euro ogni

anno. Con l’approvazione del Social Pillar l’Ue propone una serie di misure per affrontare una sfida che

non è solo culturale ma fiscale

di Valeria Viale

A distanza di anni dall’inizio della discussione che ha portato all’approvazione del Social Pillar, il Pilastro

europeo sui diritti sociali, Valeria Viale racconta il primo passo di un percorso che continueremo a

seguire su inGenere in tutte le sue conquiste e contraddizioni.

Il 26 aprile 2017 la Commissione europea ha pubblicato lo European Pillar of Social Rights, proposta a

lungo attesa con la quale l’Ue mostra tutta la sua intenzione di rafforzare l’implementazione dei diritti

sociali in tutti gli Stati membri. Scopo del Pilastro è quello di essere guida efficiente verso nuovi tassi di

occupazione e di rispondere alle sfide cui l’Unione è chiamata in tema di diritti sociali. 20 i principi

chiave raccolti in tre macro ambiti: pari opportunità e accesso al mercato del lavoro, eque condizioni di

lavoro, inclusione e protezione sociale.

Nell’ambito del Pilastro europeo dei diritti sociali, la Commissione ha presentato una serie di iniziative

legislative e non legislative concernenti l’equilibrio tra attività professionale e vita privata. “Viviamo nel

XXI secolo e il nostro atteggiamento nei confronti della vita e del lavoro, delle donne e degli uomini deve

essere al passo con i tempi. Le nostre figlie e i nostri figli non dovrebbero essere tenuti ad aderire ai

modelli dei nostri nonni. Non esiste un solo ‘giusto equilibrio’: si tratta di scelte. È ora che diamo a tutti la

possibilità di scegliere davvero come desiderano plasmare la propria esistenza, crescendo i figli,

dedicandosi alla carriera, occupandosi dei familiari anziani, vivendo la propria vita.” ha dichiarato il

primo Vicepresidente Frans Timmermans nel giorno della presentazione del pacchetto.

Nell’Ue le donne sono ancora sotto rappresentate nel mercato del lavoro. La perdita economica dovuta al

gender employment gap è stimata essere di 370 miliardi di euro all’anno.

Nel 2015 il tasso medio di occupazione delle donne tra i 20 e i 64 anni nei 28 paesi Ue era pari al 64,3%

rispetto al 75,9% di quello degli uomini, tradotto significa che il gender employment gap in Europa è

dell’11,6%. Il gender employment gap varia molto tra gli Stati membri. Nel 2015 il gap inferiore era della

Finlandia con 2,1%, seguito dalla Lituania 2,4%, dalla Lettonia 4,1% e dalla Svezia 4,2%. Questi quattro

sono gli unici Stati membri con un gender employment gap inferiore al 5%.

Sono cinque invece, e in coda a tutti, gli Stati che registrano un gap superiore ai 15 punti percentuali:

Repubblica Ceca (16.6%), Romania (17,5%), Grecia (18%), Italia (20%) e Malta 27.8%. Questo dato così

poco confortante è dovuto alla bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro in questi paesi.

Per quel che concerne la popolazione, in generale il tasso di occupazione tra i 15 e i 64 anni nel 2014 si

aggirava tra il 54,9% e l’80,5%. Tra gli Stati che avevano un gender employment gap basso (al di sotto

del 5%) il tasso di occupazione era per l’Ue 28 intorno al 70,1%.

Tra i paesi, invece, che avevano un gender employment gap superiore al 15%, il tasso di occupazione era

in Grecia del 54,9%, in Italia del 60,5%, in Romania del 66% e a Malta del 67,8%, al di sotto dunque

della media europea.

Al diminuire del gender employment gap corrisponde quindi un tasso di occupazione generale più

elevato.

È perciò evidente che per innalzare il tasso di occupazione europeo è necessario innalzare il tasso di

occupazione femminile.

Sebbene le donne siano più qualificate degli uomini e raggiungano livelli di istruzione più elevati, molte

di loro “spariscono” dal mercato del lavoro a causa delle responsabilità di cura.

Questo è imputabile soprattutto al fatto che le vigenti politiche di conciliazione non hanno consentito

sinora a uomini e donne di condividere equamente i carichi di cura affinché possano entrambi essere parte

attiva a livello sociale ed economico.

Si evidenzia, inoltre, che la bassa partecipazione delle donne al mercato del lavoro si lega fortemente a

un persistente gender pay gap e gender pension gap aumentando così il loro rischio povertà.

Vale la pena ricordare che la forza lavoro europea si sta riducendo a causa dell’invecchiamento della

popolazione e della bassa crescita demografica. Agire, quindi, non è solo questione di equità, correttezza,

ma sta diventando un problema di sostenibilità fiscale che per gli Stati membri si traduce in un vincolo

sociale ed economico. L’iniziativa è stata sviluppata per affrontare questa sfida.

L’attuale struttura legislativa che si riferisce ai congedi risale agli anni ’90 e non consente un’equa

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