Da Infolampo: parole – europa
Cambiare il linguaggio serve a cambiare la sostanza. Soprattutto parlando di immigrazione. Basta
battezzare come clandestino qualsiasi migrante. Ma a cosa corrispondono davvero i nuovi Cie? E i lavori
svolti dai rifugiati saranno volontariato o che altro?
di Nuccio Iovene
Il Consiglio dei Ministri ha varato la scorsa settimana un decreto legge, parte di un piano più ampio,
sull’immigrazione predisposto dal Ministro dell’Interno,
Marco Minniti. Il suo contenuto (già anticipato all’indomani
del suo insediamento al Viminale) è stato presentato alla
riunione congiunta delle Commissioni Affari costituzionali
di Camera e Senato nei giorni scorsi che ancora non ne
hanno terminato l’esame.
Sul tema, sempre più centrale per le dinamiche demografiche
e migratorie che investono il pianeta, hanno pesato in questi
anni comportamenti altalenanti e scelte spesso
contraddittorie, condizionate dalla presenza di una
maggioranza di governo eterogenea e su questo punto
impegnata a mostrare, l’uno all’altro, la propria capacità di
condizionamento tra alleati. Uno dei sintomi più evidenti di
queste contraddizioni sta nel nervo scoperto del linguaggio
utilizzato. Nelle scorse ore il regista Ermanno Olmi, il
Presidente della Commissione Diritti Umani del Senato
Luigi Manconi, lo scrittore Nicola Lagioia, l’attore
Alessandro Bergonzoni, i giornalisti Giovanni Maria Bellu e Beppe Giulietti (segretario della FNSI)
hanno indirizzato una lettera a Gentiloni e ai Presidenti di Camera e Senato per denunciare l’utilizzo
improprio del termine “clandestino”, come sinonimo di migrante non regolare, nel recente trattato
sottoscritto da Italia e Governo Libico. Un termine giuridicamente infondato e contenente in se un
giudizio negativo e aprioristico, come ricorda la Carta di Roma adottata nel 2011 per una corretta
informazione sui temi dell’immigrazione, soprattutto nei confronti di coloro i quali richiederanno, una
volta arrivati nei Paesi europei, asilo.
All’appello ha immediatamente risposto, positivamente, la Presidente della Camera dei Deputati Laura
Boldrini che ha ribadito “la necessità di usare le parole in modo corretto e tale da non alimentare ,
nemmeno inconsapevolmente, pregiudizi e ostilità”. Altro errore si è dimostrato subito il riutilizzo, da
parte del ministro dell’Interno, del termine CIE (i famigerati Centri di Identificazione ed Espulsione) per
la nuova rete di centri che intende istituire. La memoria non poteva non riportare tutti all’obbrobrio
(umano prima che giuridico) che questi hanno rappresentato negli ultimi vent’anni. Minniti è dovuto
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Nelle Marche venduti sei
milioni di voucher
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Facciamo ripartire l’integrazione europea!
A poche settimane dall’anniversario della firma dei trattati fondatori dell’Ue, e mentre quest’ultima
attraversa una crisi senza precedenti, un gruppo di oltre 300 ricercatori e personalità europee hanno
firmato questo appello, per rilanciare l’integrazione europea e invitare la società civile, gli universitari, i
giovani e i cittadini a partecipare a una grande marcia per l’Europa, a Roma, il 25 marzo.
di Alberto Alemanno for VoxEurop
Il 25 marzo 2017 si celebra il sessantesimo anniversario della firma dei trattati di Roma, che hanno dato il
via all’esperimento di integrazione e di pace di maggior successo mai visto.
Questo giorno potrebbe essere ricordato come l’ennesima festa a porte chiuse noiosa e autocelebrativa dei
leader europei oppure come il germe della prima manifestazione autentica, popolare e patriottica europea.
Una Marcia per l’Europa – sul modello di quella che si era svolta a Londra all’indomani del referendum
sulla Brexit – è stata organizzata dall’Unione dei federalisti europei.
Purtroppo dietro a questa occasione unica di mostrare quanti cittadini sostengono e condividono gli ideali,
i valori e lo stile di vita europei ci sono solo i soliti noti – un pugno di organizzazioni filoeuropee.
Malgrado la manifestazione possa davvero costituire un appello sincero e pan-europeo per chiedere un
rinnovo dell’Unione attraverso un processo costitutivo inclusivo, il rischio che possa fallire è
pericolosamente elevato.
L’appello che segue vuole andare oltre la bolla tipicamente legata a Bruxelles che circonda al momento al
Marcia per l’Europa, e vuole allargarne la portata a un pubblico molto più vasto.
Non c’è mai stata un’occasione migliore per federare – proprio mentre la sua esistenza è in pericolo – la
moltitudine delle associazioni, dei movimenti e dei protagonisti sul terreno che credono nel progetto
europeo. Non c’è mai stata un’occasione migliore per far sentire la vostra voce e contribuire al nascente
spazio pubblico europeo. Non c’è mai stata un’occasione migliore per scrivere la vostra storia e quella
delle generazioni future.
Ci vediamo a Roma il 25 marzo. Aiutateci a diffondere l’appello con l’hashtag #MarchForEurope2017!
Una vera Unione Europea per garantire il benessere, la sicurezza e la democrazia
Noi cittadini europei siamo preoccupati e spaventati. La crisi economica e finanziaria ha impoverito la
maggior parte di noi. La disoccupazione giovanile rischia di creare una generazione perduta. La
disuguaglianza cresce e la coesione sociale è in pericolo. L’Unione europea è circondata da conflitti e
instabilità, dall’Ucraina alla Turchia, dal Medio Oriente al Nord Africa. Il flusso di rifugiati e migranti è
diventato una questione strutturale che dobbiamo affrontare insieme, in modo umano e lungimirante. In
molti Stati membri si manifestano tendenze autoritarie e l’ascesa di forze nazionaliste e xenofobe. La
democrazia e i valori fondanti della civiltà europea moderna sono sotto attacco. La stessa Unione Europea
è messa in discussione, sebbene abbia garantito pace, democrazia e benessere per decenni.
Noi cittadini europei non vogliamo che i politici nazionali si preoccupino solo delle successive elezioni
nazionali o locali. Chiedono soluzioni europee a problemi europei, ma poi agiscono per rendere tali
soluzioni impossibili o inefficaci. Ignorano le proposte della Commissione e non applicano le decisioni
già prese, incluse quelle approvate all’unanimità. Chiediamo ai politici e ai media nazionali di smettere di
presentare l’integrazione come un gioco a somma zero, mettendo così le nazioni l’una contro l’altra. In un
mondo interdipendente nessuna nazione da sola può garantire le necessità basilari dei suoi cittadini e la
giustizia sociale. In questo contesto l’integrazione e un governo sovranazionale europeo sono un gioco a
somma positiva. Il nostro modello sociale europeo fondato sulla democrazia liberale e sull’economia
sociale di mercato può sopravvivere solo in un quadro di governo multi-livello, sulla base del principio di
sussidiarietà.
Noi cittadini europei siamo consapevoli che la globalizzazione sta trasformando il mondo. Abbiamo
bisogno di un governo europeo per promuovere i nostri valori e contribuire alla soluzione dei problemi
globali che minacciano l’umanità. Il mondo ha bisogno di un’Europa cosmopolita e rivolta a contribuire
alla costruzione di una governance globale più democratica ed efficiente, per affrontare le sfide più
impellenti, dal cambiamento climatico, alla pace, dalla povertà globale, alla transizione verso
un’economia sostenibile sia dal punto di vista ambientale che sociale.
Noi cittadini europei riconosciamo l’Ue come una incompleta Res Publica. Ha un budget ridicolo (0,9 per
cento del Pil) e nessuna autonomia finanziaria, mentre le sue competenze e poteri sono incompleti per far
fronte con successo alle crisi attuali. Ha un legislativo, un giudiziario e una Banca Centrale Europea con
caratteri sostanzialmente federali. Ma la democrazia è la possibilità per i cittadini di scegliere il governo,
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