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Infolampo: Governo – Cura

La ricetta sbagliata del governo
Colla (Cgil) a RadioArticolo1: “Di fronte alla prevista flessione dell’economia, il governo farà un grande
condono fiscale per creare stabilità finanziaria. Invece bisognerebbe ridistribuire la ricchezza, e dare
vita a un nuovo welfare contro la povertà”
Poca crescita, dazi, aumento del petrolio, ristagno della domanda interna. Cosa dobbiamo aspettarci in
autunno per la nostra economia? Ha risposto a queste
domande il segretario confederale della Cgil Vincenzo
Colla, oggi ai microfoni di Italia parla, la rubrica di
RadioArticolo1.
“Di fronte alla prevista flessione della nostra economia –
ribadita dal ministro Tria e del resto confermata da tutti i
maggiori istituti a livello nazionale e internazionale -, ho il
timore che il governo farà un grande condono fiscale per
creare stabilità finanziaria e racimolare quei 24 miliardi
indispensabili per far fronte a flat tax, pensioni e reddito di
cittadinanza. In realtà, il Paese ha a che fare con il debito
pubblico più alto del mondo, una concentrazione di
ricchezza più alta del mondo e un’evasione fiscale più alta
del mondo. O affrontiamo questo trittico in modo serio,
oppure l’Italia sprofonderà nella massima precarietà
possibile”, ha affermato il dirigente sindacale.
“Nel decennio della crisi, c’è chi ci ha guadagnato e chi si è impoverito. Ora abbiamo un ceto medio
borderline, che ingrossa di continuo la fascia della povertà, Poi vi è un ceto ricco che concentra su di sé
un potere finanziario e produttivo senza precedenti. Per questo, è necessario intervenire al più presto con
una grande operazione di redistribuzione della ricchezza, seguita da un nuovo welfare come risposta alla
crescente povertà”, ha rilevato l’esponente Cgil.
“La ripresa è molto più lenta del previsto e i consumi interni non ripartono. Ma non può essere altrimenti,
se c’è il livello salariale più basso d’Europa. Al contrario di quel che pensano le associazioni datoriali, la
questione non si risolve con i voucher. C’è un colossale problema di incrementi salariali e produttività: o
riduciamo tale forbice, oppure è impensabile che solo con l’export risolviamo le cose, che tra l’altro
incide non oltre il 30%. Il grosso dei posti di lavoro perduti è sul mercato interno. Secondo la Cgil, la
ricetta per ripartire è più salari, più investimenti, sviluppo della filiera interna e messa in sicurezza del
territorio”, ha rilevato il sindacalista.
Per Colla, in ogni caso, “il decreto dignità non è la ‘Waterloo’ della precarietà, come sostiene il ministro
Di Maio, perché se io limito il tempo determinato, ma nel contempo reintroduco i voucher, succede che
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Solidarietà alla cooperativa La
Buona Terra di Castelvolturno

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Burocrazia della cura
Sempre più comuni in Italia affidano l’assistenza domiciliare delle persone anziane alle cooperative, una
delle conseguenze è un’alta burocrazia per tutti. Seguiamo la giornata tipo di un’operatrice: tablet alla
mano e un’auto elettrica come luogo di lavoro
di Sabrina Marchetti, Francesca Scrinzi
Sappiamo che il numero di famiglie italiane che fanno affidamento all’assistenza domiciliare fornita
dalle cooperative sociali è in crescita.[1] Si tratta di servizi destinati alle fasce di popolazione con
reddito più basso che le cooperative forniscono per conto dei comuni gratuitamente, e a seguito di una
convenzione che garantisce di rispettare determinati standard in termini di qualità e fornitura del
servizio.
Due casi, Milano e Reggio Emilia
Prendendo come esempio le pratiche di gestione adottate in una cooperativa di piccole dimensioni con
sede a Milano e in una di grandi dimensioni con sede a Reggio Emilia, abbiamo esaminato l’impatto che
approcci improntati a principi di economicità ed efficienza hanno sull’erogazione dei servizi di assistenza
domiciliare, sebbene organizzata da attori di natura pubblica e senza scopo di lucro. In ciascuna di queste
due città, in collaborazione con la direzione delle cooperative sotto esame, sono state realizzate dieci
interviste con il personale e la dirigenza.
La Lombardia e l’Emilia Romagna mostrano alcuni aspetti in comune che sono significativi dal punto di
vista dello sviluppo dei settori sociale e sanitario senza scopo di lucro. Entrambe sono caratterizzate da un
elevato livello di attuazione del modello di governance locale basato sul coinvolgimento di una
molteplicità di soggetti interessati. Tale modello viene promosso dalla nuova disciplina normativa sui
servizi pubblici descritti sopra. L’Emilia Romagna è da sempre la culla delle cooperative sociali, mentre
la Lombardia ha fornito terreno fertile per il loro sviluppo. Circa il 40% del personale di assistenza delle
cooperative in Italia è impiegato in queste due regioni.
Le cooperative come quelle da noi analizzate stanno adottando tutte le tipologie di strumenti volte a
soddisfare le richieste dell’assistenza domiciliare ‘di libero mercato’, finanziata (in parte) dagli enti
pubblici. Abbiamo notato come tali cooperative abbiano dovuto conformarsi alle richieste degli enti locali
al fine di mantenersi in linea con le esigenze dell’assistenza ‘di libero mercato’ senza scopo di lucro. Le
interviste realizzate hanno messo in luce alcuni esempi di strategie adottate dalle cooperative al fine di
raggiungere questo obiettivo. Tali esempi sono riportati di seguito.
Un piano assistenziale
L’approccio adottato verso le persone malate e con disabilità è basato su un progetto nell’ambito del
quale ciascun caso specifico viene considerato secondo una logica di efficienza economica. Non per
nulla, in queste cooperative, l’erogazione di assistenza alla persona viene chiamata “piano assistenziale”.
Esso consta di una serie di obiettivi prefissati sulla base di una valutazione analitica della situazione di
ciascun soggetto beneficiario, nonché dei relativi obiettivi in prospettiva futura. Il piano assistenziale
viene redatto da un(a) dirigente della cooperativa, da un(’)assistente sociale (per conto dell’ente locale) e
dalla persona interessata (insieme alla sua famiglia). In pratica, un piano assistenziale definisce il
trattamento di cui necessita ciascuna persona anziana, nonché la durata e la frequenza del trattamento. Dal
punto di vista dell’ente locale, è importante ridurre al minimo i costi e individuare quali tipologie di
prestazioni sono effettivamente necessarie in ciascun caso. Dal punto di vista della dirigenza, è
importante verificare che la cooperativa sociale sia in grado di erogare le prestazioni richieste, soprattutto
per quanto riguarda l’organizzazione delle proprie risorse e la disponibilità della forza lavoro.
Trenta minuti
Gli enti locali hanno richiesto alle cooperative sociali di calendarizzare la fornitura dei propri servizi sulla
base di finestre temporali di 30 minuti: in altre parole, l’erogazione di un servizio di assistenza dovrebbe
durare idealmente 30 minuti o multipli di questo intervallo. Ciò significa che ciascuna mansione eseguita
da un operatore o un’operatrice viene quantificata sulla base della sua durata: un tot di minuti per la
somministrazione dei medicinali, un tot per l’igiene personale, un tot per la somministrazione dei pasti,
un tot per alzare la persona assistita dal letto e portarla in bagno, ecc. Ad esempio, l’attività consistente
nel fare il bagno alla persona assistita deve durare esattamente 30 minuti. Per la somministrazione dei
medicinali è prevista invece una durata di 8 minuti. Sostanzialmente, secondo questo approccio, la
fornitura di assistenza prevede una serie di interventi pianificati con cura, i quali constano di molteplici
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