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Infolampo: Pensionati – Inclusione

Marche, pensionati più anziani e più poveri
Sette su dieci con meno di 750 euro al mese
Sono 552 mila le prestazioni pensionistiche e assistenziali attualmente erogate dall’Inps nelle Marche di
cui 297 mila pensioni di vecchiaia (pari al 53,7% del totale), 39 mila pensioni di invalidità (7,1%), 119
mila pensioni ai superstiti (21,6%), 15 mila pensioni/assegni sociali (2,8%) e 81 mila prestazioni a
invalidi civili (14,8%). E’ quanto emerge dai dati dell’Inps 2018 (escluse le gestioni dei lavoratori
pubblici), elaborati dall’Ires Cgil Marche. Negli ultimi 5 anni, il numero delle pensioni complessivamente
erogate è diminuito del 3,8%, pari a circa 22 mila prestazioni in meno. Diminuiscono, in particolare, le
pensioni di vecchiaia (-1,7% pari a 5 mila prestazioni in meno),
per effetto delle riforme che si sono succedute e che hanno
innalzato i requisiti anagrafici e contributivi, e, in controtendenza
al dato nazionale, diminuiscono anche le pensioni di invalidità,
quelle di reversibilità e gli assegni sociali, mentre aumentano
notevolmente le invalidità civili.
Nello stesso periodo si è notevolmente innalzata l’età media dei
pensionati. Ciò è particolarmente evidente per l’età di coloro che
sono stati lavoratori dipendenti: dal 2013 ad oggi, i pensionati con
meno di 65 anni di età sono passati dal 15,8% al 10,2% del totale,
mentre coloro che hanno oltre 80 anni sono passati dal 31,5% al
38,0%. L’importo medio delle pensioni vigenti nelle Marche è di
741 euro, con valori medi che variano dai 953 euro medi delle
pensioni di vecchiaia ai 414 euro delle pensioni e assegni sociali.
Nelle Marche, gli importi delle pensioni sono di gran lunga
inferiori a quelli nazionali: -126 euro lordi medi mensili.
Particolarmente significativa è la differenza negli importi delle
pensioni di vecchiaia dei lavoratori dipendenti che, nelle Marche,
sono di 1.039 euro, ovvero -296 euro mensili rispetto ai valori
medi nazionali. Differenze si contano anche tra i diversi territori delle Marche nei quali le pensioni di
vecchiaia dei lavoratori dipendenti passano da 1.169 euro medi nella provincia di Macerata, a 1.166 euro
a Pesaro-Urbino, a 1.159 ad Ascoli Piceno, a 1.097 euro ad Ancona, fino a 1.015 euro a Fermo.
Significativa è anche la differenza tra uomini e donne: se i primi percepiscono nelle Marche 1.183 euro, le
donne arrivano a 683 ovvero mediamente 500 euro in meno ogni mese; una differenza che per le
pensionate ex lavoratrici dipendenti arriva a -603 euro mensili.
Osservano Daniela Barbaresi, segretaria generale Cgil Marche e Elio Cerri, segretario generale Spi Cgil
Marche: “i dati dell’Inps evidenziano come le diseguaglianze tra uomini e donne presenti nel mercato del
lavoro si riflettano anche nella pensione; emerge, poi, la condizione di difficoltà di migliaia di pensionati
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Reddito di inclusione. I meriti del sindacato, oltre le
polemiche
Ieri l’Inps e il Ministero del Lavoro hanno presentato i dati dell’Osservatorio statistico sul reddito di
inclusione (Rei). Il sussidio per i più poveri è andato, nei primi tre mesi del 2018, a 110 mila famiglie
raggiungendo 317 mila persone, per un importo medio di 297 euro mensili a famiglia. Nel 72% dei casi è
arrivato al Sud. In particolare in Campania, Calabria e Sicilia (60% del totale). L’importo medio varia
da 177 euro per i single a 429 euro per le famiglie con 6 o più persone.
Ma cos’è il Rei? Reddito di Inclusione è una misura nazionale di contrasto alla povertà che si compone di
due parti: un beneficio economico, erogato mensilmente attraverso una carta di pagamento elettronica
(Carta REI) e un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa finalizzato al
superamento della condizione di povertà.
Sul sussidio si sono scatenate le polemiche, tra chi dice che il Rei sia una misura poco inclusiva e chi
sostiene che invece funzioni già così e che, al contrario, il reddito di cittadinanza proposto dal Movimento
5 Stelle costerebbe troppo e non sarebbe sostenibile.
«Il reddito minimo c’è già e si chiama Rei», ha detto il presidente dell’Inps Tito Boeri commentando i
dati. Un merito che Boeri riconosce dunque ai Governi Renzi e poi Gentiloni. E proprio Gentiloni ieri ha
rivendicato il buon lavoro fatto. Secondo Boeri il reddito di cittadinanza promosso dal M5S costerebbe tra
i 35 e i 38 miliardi.«Una cifra molto consistente», dice il presidente dell’Inps. Ma i capigruppo del
Movimento ribattono «è falso, l’Istat ha calcolato 14,9 miliardi la spesa annua, più due di investimento il
primo anno per riformare i centri per l’impiego».
Il balletto dei numeri prosegue anche oggi. E le forze politiche dunque si contendono i meriti di quanto
fatto e anche di quanto si dovrà fare.
In realtà le somiglianze tra il reddito di cittadinanza e il Rei sono molte. Entrambi si propongono di
accompagnare il beneficiario fino al reinserimento nel mondo del lavoro. Diversi sostanzialmente sono gli
obiettivi: il reddito di cittadinanza, infatti, intende raggiungere una platea più ampia, 9 milioni di persone,
con una maggiore integrazione del reddito (arrivando fino a 780 euro al mese per un singolo).
Ma dal sindacato arriva un chiarimento. A lanciarlo dal proprio profilo Facebook è Ivan Pedretti,
segretario generale dello Spi Cgil, che ha ricordato a tutte le forze politiche in campo e ai commentatori
che in realtà il Rei è una conquista del sindacato.
“Centinaia di migliaia di famiglie italiane hanno cominciato a ricevere il Rei, il reddito di inclusione” –
ha detto Pedretti. “Sta arrivando a persone povere, perlopiù residenti nelle regioni del sud Italia che
vivono una situazione di profondo disagio sociale. Ci terrei a segnalare a tutti che il Rei è stata una nostra
conquista, costruita in anni di battaglie dell’Alleanza contro la povertà di cui facciamo parte insieme a
tante associazioni”.
“Lo strumento – continua Pedretti – funziona e sta dando i primi frutti. Penso che non ci dobbiamo
inventare niente, che non debba essere smantellato ma che vada piuttosto rafforzato stanziando più
risorse. Così come non ci dobbiamo dimenticare che la vera risposta alla povertà è il lavoro. Se non c’è
quello e se non ci sono investimenti non affronteremo mai i veri problemi del nostro paese”.
Una precisazione che arriva in un momento delicato per la politica italiana. Nei prossimi giorni infatti si
delineerà più chiaramente il Governo che dovrà guidare il nostro paese. Governo che sarà chiamato a fare
i conti con tante emergenze, dalla lotta alla povertà, appunto, a una legge per la non autosufficienza che il
sindacato chiede a gran voce. Bisognerà vedere però quali temi il futuro Governo porrà in cima all’agenda
del proprio operato. Intanto, c’è da giurarci, le polemiche sul reddito minimo terranno banco ancora per
molti giorni.
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