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Infolampo: Università – Paternità

Università, assemblea nazionale FLC CGIL. Sinopoli:
“Giunto il momento per una vertenza generale”
Ha avuto inizio a Cosenza, presso l’ateneo della Calabria di Arcavacata, l’Assemblea nazionale della
FLC CGIL sull’Università, che si chiuderà domani pomeriggio (24 gennaio 2018, ndr) con l’intervento di
Susanna Camusso segretario generale della Confederazione di Corso d’Italia.
Nella sua relazione introduttiva ai lavori, Francesco Sinopoli, segretario generale della FLC CGIL, ha
colto la condizione di acuta sofferenza in cui versa l’università italiana, colpita in questi anni da una forte
deprivazione di risorse (mentre in Germania e Francia, ad
esempio, si aumentavano i fondi), da una generale
precarizzazione del lavoro, soprattutto nella ricerca e da
un’assenza di prospettive strategiche per il futuro. In
particolare, il segretario della FLC, ha sottolineato come in
questi anni abbia pesato l’enorme riduzione delle
immatricolazioni, dovuta all’innalzamento delle tasse che ha
impedito a centinaia di migliaia di studenti della classe media
impoverita di partecipare alla formazione universitaria. Inoltre,
ha proseguito Sinopoli, si è approfondita la frattura tra atenei
del nord e atenei del Mezzogiorno, in virtù di uno sciagurato
sistema di valutazione messo in atto dall’Anvur, che ha
premiato università già ricche e potenti, e ha devastato quelle
del sud, con l’effetto di una migrazione intellettuale di massa
da sud a nord che ricorda gli anni Sessanta e Settanta. Sono
ormai più di 25mila ogni anno gli studenti del sud che vanno a immatricolarsi in atenei del nord. E ciò è
un evidente freno per lo sviluppo dell’intero Mezzogiorno, poiché gran parte di essi difficilmente vi
faranno ritorno. Insomma, ha ribadito Sinopoli, dinanzi a questo ennesimo allarme sulla condizione
universitaria del nostro Paese, che va ben oltre le disuguaglianze tra sud e nord, è necessario avanzare
politiche di riforma dell’intero sistema universitario, che sappiano – come accade in altri paesi europei –
offrire qualità dell’insegnamento e accesso universale, condizioni di lavoro e di ricerca basati su standard
europei, ponendo fine alla piaga del precariato, e soprattutto fare in modo che la maggiore spesa pubblica
per l’università non sia dettata da vincoli di bilancio, ma assuma una sua precisa centralità, assieme al
finanziamento che spetta all’intero sistema dell’istruzione nazionale, che va rimpinguato di risorse. Infatti,
ha aggiunto Sinopoli, “il messaggio da Cosenza è dunque il seguente: noi vogliamo ricostruire i
paradigmi di senso dell’università, a partire da una Costituente che ne definisca la missione per il XXI

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giunto-il-momento-per-una-vertenza-generale.flc

«Mai più fascismi», l’appello
su change.org

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Reinventarsi la paternità
Non è vero che i padri non si mettono in gioco, alcuni hanno tutto il desiderio di viversi appieno
l’esperienza della genitorialità e di condividere la cura dei figli
di Annina Lubbock, Marco Deriu
Cosa sta cambiando nell’esperienza della paternità in Italia? Anche se più lentamente rispetto ad altri
paesi sembra proprio che inizi ad affermarsi un modello di paternità differente dal passato, più impegnato
e presente nelle responsabilità genitoriali. È quanto emerge dall’incontro La reinvenzione della paternità
che si è svolto a Parma a settembre[1] e che oltre all’intervento di noti studiosi della paternità[2] ha
ospitato, in uno spazio che includeva genitori e bambini, una sessione in cui associazioni e servizi hanno
condiviso le loro esperienze e i loro progetti. In particolare, la seconda giornata ha visto una sessione di
lavoro dedicata a concordare azioni comuni per far avanzare l’agenda della “paternità partecipe”, fra
queste la discussione per l’adesione alla piattaforma europea sui congedi[3].
Il modello di famiglia – culturalmente dominante negli anni del dopoguerra fino agli anni sessanta –
basato sulla rigida divisione di ruoli fra padre breadwinner e madre caregiver, era un modello che – hanno
notato alcuni relatori – dava sicurezza; abbassava l’età del matrimonio e aumentava la fecondità. Il
modello si incrina per effetto del generale mutamento economico e sociale, l’emergere di nuove
aspettative delle donne e delle madri e il contestuale crescere dell’occupazione femminile, ma anche per
effetto del desiderio di un numero crescente di uomini di investire nella costruzione di spazi di intimità e
di cura. L’abbassamento della natalità, l’innalzamento dell’età in cui si diventa padri, una diversa
aspettativa di maggiore condivisione dei ruoli, iniziano a cambiare il modo di vivere la paternità. Le
coppie sono ora più instabili e i modelli familiari e relazionali si fanno più complessi. Diversamente che
in altri paesi, dove sono state fatte negli anni compagne nazionali sulla paternità, il cambiamento in Italia
non è spinto e supportato da un’azione pubblica sul piano culturale e delle politiche – ma avviene in modo
spontaneo dal basso, anche se un po’ a chiazze, qua e là, nel territorio nazionale.
A fronte dei cambiamenti in atto nel ruolo paterno, la discussione pubblica – ma anche le rappresentazioni
cinematografiche – hanno dato tuttavia più attenzione alla ‘crisi del padre’ alludendo a un indebolimento
del ruolo paterno, piuttosto che al delinearsi di nuove figure positive di padre e all’affermarsi di nuove
relazioni, più paritetiche. “Massacrante ma meravigliosa” è stata definita da uno dei padri presenti
l’esperienza della paternità “impegnata” (engaged). Gli uomini – si è detto – devono fare i conti con le
paure e le incertezze, essere in grado di “ospitare sensazioni caotiche” dentro di sé. Sono state messe in
discussione le presunte dicotomie fra “famiglia fondata sulle regole” e “famiglia fondata sugli affetti”,
nonché fra “autorità senza intimità” e “intimità senza autorità”; la capacità di dare regole, ruolo che
tradizionalmente era attribuito al padre, si è detto non è inconciliabile con l’affettività e l’intimità.
Occorre ricercare e costruire un’altra prospettiva quella di una “pacata risolutezza” o di una “risolutezza
senza violenza”.
Gli studiosi intervenuti hanno riconosciuto che le soggettività delle esperienze legate alle nuove paternità
devono essere messe al centro della ricerca. Occorre quindi mettere a fuoco cosa avviene nei momenti di
crisi – nascita, separazioni, adolescenza – ed anche avere un’attenzione speculare ai cambiamenti nei
ruoli materno e paterno e nelle relative responsabilità. In generale, insomma, si rileva la necessità di più
sistematiche ricerche empiriche, condotte su campioni rappresentativi e con metodi rigorosi.
Sia nelle analisi degli studiosi che negli interventi degli attori sociali e istituzionali è emerso comunque il
permanere di una certa ambivalenza nei padri di fronte alle nuove responsabilità genitoriali. Per alcuni, il
lavoro è una via di fuga da un ruolo la cui gestione è molto complessa. In altri casi abbiamo padri che si
impegnano un po’ di più ma rimangono in un ruolo secondario e accessorio rispetto alle madri. Viceversa,
ci sono padri che sono in congedo, o fanno da genitore primario. Vi sono i padri “partecipi” che spesso si
scontrano con datori di lavoro poco rispettosi delle esigenze di un genitore, specie se uomo. Il
cambiamento del ruolo paterno – e specularmente di quello materno – dunque, è in corso, ma resta
incompiuta la metabolizzazione o l’istituzionalizzazione di ciò che significa essere un “buon padre”.
Queste incertezze sono lo specchio anche di una difficoltà più generale delle famiglie oggi. I servizi e i
centri che fanno counseling alle coppie o agli uomini, hanno parlato di insicurezze e sensi di impotenza
dei genitori, di difficoltà a porre le regole. Hanno sottolineato l’importanza dell’educazione dei futuri
padri nelle scuole, e dell’educazione emozionale anche per i genitori.
Importanti sono le esperienze di condivisione fra padri, rappresentate dai “circoli di papà” presenti al
seminario, i quali hanno però rilevato la difficoltà di ottenere e sostenere nel tempo la partecipazione dei
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