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Infolampo: Pensioni – Occupazione

Pensioni, tutte le novità per il 2018
Dopo due anni di inflazione negativa, che ne aveva congelato il valore, da gennaio le pensioni
torneranno a crescere anche se di poco. La percentuale di aumento che si applica in via provvisoria è
dell’1,1 per cento. Ma non va dimenticato che l’Inps deve ancora recuperare lo 0,1 per cento versato in
più nel 2014.
Torniamo a parlare di rivalutazione delle pensioni perché nel 2018 e nel 2019 si annunciano due
importanti novità. Dopo due anni di stagnazione con
inflazione zero, l’indice dei prezzi che misura l’andamento
dei consumi delle famiglie italiane ha ricominciato a crescere.
Quest’anno è previsto un tasso di perequazione dell’1,1 per
cento, ottenuto confrontando i prezzi del 2017 con quelli
dell’anno precedente. Le pensioni del 2018 sono state
rivalutate secondo lo schema introdotto dalla legge 147 del
2013. Com’è già avvenuto negli anni precedenti, le pensioni
di importo fino a tre volte il trattamento minimo sono
rivalutate al 100 per cento. Una scelta giusta che non attenua,
però, la contrarietà del sindacato dei pensionati della Cgil alla
continua manomissione di un meccanismo che ha il compito
di salvaguardare il valore delle pensioni, non certo quello di
aumentarle. Dal 2019, invece, come confermato dall’accordo
sottoscritto con il governo il 28 settembre 2016, si torna al sistema di perequazione previsto dalla legge
388/2000, in vigore prima della legge Monti-Fornero.
La differenza tra i due sistemi è evidente. Nel primo caso l’intero importo della pensione superiore a tre
volte il minimo è rivalutato applicando una percentuale decrescente del tasso di perequazione; nel
secondo caso la pensione è suddivisa in tre fasce: la prima, comune alle pensioni di qualsiasi importo, è
pienamente rivalutata, la seconda e la terza sono rivalutate con un’aliquota ridotta.
Entrambi i sistemi riducono la copertura dall’inflazione a partire da quattro volte il trattamento minimo,
ma quello che entrerà in vigore dal prossimo anno lo farà con più gradualità, in coerenza con la natura del
sistema di perequazione la cui funzione non è quella di aumentare le pensioni bensì quella di difenderne il
potere d’acquisto. Le differenze possono apparire minime. Ma non bisogna dimenticare che la perdita di
valore si accumula con il tempo, come ben sanno quanti sono in pensione da qualche anno.
Quattordicesima e no tax area. Tutto questo non ci ha fatto perdere di vista la condizione di quanti vivono
con pensioni medio-basse. La scelta fatta già nel 2007 è stata quella di aumentare il valore netto della
pensione e non il valore lordo, per non mettere a rischio altre prestazioni previdenziali o assistenziali,
vincolate a limiti di reddito. Da qui la scelta della quattordicesima che con l’accordo del 2016 è stata
aumentata per quanti già la percepivano ed estesa ai pensionati con un reddito annuo fino a due volte il
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Economia, una legislatura
sbilanciata verso le imprese

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Cambiamento tecnologico, mansioni e occupazione
Il timore che il cambiamento tecnologico possa tradursi in disoccupazione di massa alimenta il dibattito
economico sin dalle prime fasi dell’industrializzazione. Lo studio della relazione tra tecnologia e
occupazione si accentua, a partire dagli anni 90’, con l’avvento dell’ICT e la globalizzazione dei mercati.
Recenti evoluzioni di questa letteratura – il passaggio dallo “Skill” al “Task biased technological change”
– hanno visto uno spostamento dell’attenzione dalla dotazione di skill dei lavoratori alle mansioni che
sono svolte da questi nei luoghi di lavoro. Sono le mansioni, a essere il “vero” oggetto della potenziale
sostituzione da parte delle macchine ed è, dunque, una qualificazione del lavoro per caratteristiche – i.e.
suscettibilità all’automazione – e peso relativo – i.e. importanza relativa di una certa mansione per una
data figura professionale – delle stesse mansioni a consentire di stimare l’impatto del cambiamento
tecnologico sul lavoro. Il focus sulle mansioni costituisce un passo avanti decisivo per l’identificazione
degli effetti occupazionali dell’innovazione(sebbene registrati dal solo lato dell’offerta). Proprio
adottando l’approccio del “Task biased”, che si sta tentando di valutare l’impatto occupazionale
dell’attuale processo di digitalizzazione e automazione delle relazioni socio-economiche.
Le stime sin qui prodotte fanno riferimento alla possibilità di effetti radicali dell’attuale transizione
tecnologica. Analizzando l’occupazione americana, Frey ed Osborne (2017) arrivano a prevedere la
sparizione del 40% dei posti di lavoro; l’OECD (2016), adottando un approccio metodologico
parzialmente diverso, prevede un più conservativo 9% di lavori a rischio. A prescindere dalla forte
eterogeneità delle stime, il grado di allarme implicito in entrambi gli scenari è evidente. Tuttavia, la
precisione di queste previsioni può essere posta in questione in virtù di valutazioni di carattere concettuale
e metodologico. In primo luogo, tali previsioni assumono implicitamente la stabilità delle condizioni
strutturali dell’economia nell’orizzonte temporale preso in considerazione. Si trascura cioè la cruciale
interazione (endogena e ricorsiva) che nel tempo viene a verificarsi tra innovazione, composizione
settoriale dell’economia, rapporti di forza tra gruppi sociali, variazioni nel sistema delle preferenze,
nonché vincoli politici, culturali e normativi all’adozione delle nuove tecnologie. Questo complesso
intreccio di fattori è ciò che effettivamente determina magnitudo e direzione della relazione tra tecnologia
e occupazione. La mancata considerazione di queste dimensioni riduce sostanzialmente l’attendibilità
delle stime che cercano di misurare l’impatto futuro del cambiamento tecnologico.
In secondo luogo, gli studi sin qui disponibili sembrano cogliere in modo parziale o eccessivamente
aggregato la relazione tra cambiamento tecnologico e mansioni. Il pericolo è di produrre stime non
corrette circa l’impatto dell’innovazione sulla singola professione. Si pensi a una professione che si
caratterizza per lo svolgimento di 10 mansioni. Si ipotizzi poi che 6 di queste 10 mansioni saranno
facilmente automatizzabili nel futuro. Dando una valutazione media – incapace cioè di tenere conto
dell’importanza relativa di ciascuna mansione per quella specifica professione – del “rischio di
sparizione” si potrebbe decretare la morte imminente di una professione che invece potrebbe sopravvivere
sebbene mutata in termini qualità e peso relativo delle mansioni svolte. Inoltre, gli studi disponibili
difettano di dati che consentano di valutare in modo granulare tutte le professioni. Ciò impone
aggregazioni – ad esempio, lo studio dell’OECD stima il rischio occupazionale (anche per l’Italia)
prendendo in considerazione le professioni al secondo digit della classificazione ISCO-08 quando la gran
parte dei sistemi statistici nazionali rileva il dato professionale arrivando fino al quinto digit della
medesima classificazione o della classificazione italiana (CP2011) – che non consentono di cogliere le
importanti eterogeneità che caratterizzano le professioni considerate minando ulteriormente l’affidabilità
delle previsioni.
Un’analisi pilota per lo studio della relazione tra cambiamento tecnologico e occupazione italiana. I
problemi analitici appena descritti non riducono la portata trasformativa e potenzialmente destabilizzante
del cambiamento tecnologico in corso. L’analisi degli effetti occupazionali è quindi cruciale ma è
altrettanto importante condurre tali analisi i) tenendo a mente i caveat concettuali e metodologici messi in
luce in precedenza e ii) usando dati che consentano di valutare in modo dettagliato il ruolo delle mansioni
caratterizzanti le singole professioni. Questo articolo espande l’analisi pilota condotta da INAPP –
pubblicata nel Policy Brief 4/2017 –analizzando (in termini descrittivi) il legame tra dinamica e struttura
dell’occupazione italiana e grado di routinarietà manuale/intensità cognitiva delle mansioni. L’analisi
esposta di seguito costituisce il primo passo di un lavoro in corso teso ad analizzare nel modo più
approfondito possibile il legame tra occupazione, caratteristiche delle mansioni e delle competenze,
natura tecnologica dei settori a cui tali occupazioni sono riconducibili e dinamica economica. In questo
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