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Jobs Act, ovvero il libro dei sogni mai realizzati

nojbs“Fatti non parole. Da febbraio 2014 a oggi l’Istat certifica più 599mila posti di lavoro. Sono storie, vite,

persone. Questo è il Jobs Act”.

Matteo Renzi

“Risultati straordinari, segno che siamo sulla strada giusta”.

Giuliano Poletti

L’annuncio dell’Istat del calo di 78.000 unità dei disoccupati ha scatenato la frenesia mediatica del duopolio

Renzi-Poletti, i tweet del non più tanto osannato conducator fiorentino hanno invaso festosi l’etere come

neanche le api durante l’impollinazione. Peccato che in tutta questa auto-celebrazione non ci sia nulla di

vero!!

Torniamo un attimo indietro e capiamo come vengono calcolati i disoccupati dall’Istat, la cifra corrisponde

alla somma di quelli senza lavoro che sono anche definiti ‘inattivi’, cioè non cercano lavoro, scoraggiati dalla

situazione e dall’inutilità della perdita di tempo necessaria. Ora cosa succede? Se vogliamo vedere qualcosa

di positivo in una vicenda costellata da corbellerie e castronerie è aumentata leggermente la speranza,

forse l’ottimismo della stagione estiva. Resta il fatto che i famosi 78.000 non sono persone che ora lavorano

e godono di un posto con relativo stipendi, ma una massa di persone che si sono messe alla ricerca di un

impiego. Disoccupati di fatto, ma non statisticamente, tanto è bastato al mitologico premier italiano per

gridare al miracolo ed alle sue taumaturgiche doti.

Purtroppo resta il fatto che la crescita è debole, il governo si perde dietro molteplici passaggi a vuoto senza

costrutto litigando sul fumo, ma senza che ci sia un arrosto al fuoco. E mentre le nostre previsioni di

crescita vengono nuovamente abbassate ad un misero 0,8%, la bistrattata Francia, per quanto ferita dalle

bombe, viaggia fra l’1,2 e l’1,4% e la Spagna si regala un clamoroso 2,6%.

Meno crescita uguale meno tasse, meno tasse vuol dire meno soldi da spendere, e così si vaporizzano la

cancellazione del bollo auto, l’aumento del bonus e tanti altri benefit largamente promessi da Renzi e

Padoan. Un ministro delle Finanze che pare dare ragione ogni giorno di più a Paul Krugman quando lo

definiva l’uomo delle scelte sbagliate, continua a professare ottimismo, a dire che non è detto che non si

potranno fare le riduzioni fiscali previste, che non verranno attuate le clausole di salvaguardia, ma come

tutto questo succederà è chiuso nella sua mente. Non ha fornito una sola spiegazione su come reperirà le

risorse necessarie a colmare i buchi lasciati dalla mancata crescita, forse anche lui si affida allo stellone

italiano, ma è un astro che pare sempre più sbiadito nel tempo del governo renziano.

MAURIZIO DONINI