Direttori dei musei italiani, fra porte aperte e confini mentali
“L’Europa unita ci renderà forti e dallo spazio è unica e bellissima. Moltissimi limiti li abbiamo inventati noi.
Pensi ai confini tra i vari paesi della Terra. Dallo Spazio non si vedono. Si vedono solo terre e mari.
Capolavori assoluti”.
Luca Parmitano
La nomina dei nuovi Direttori dei Musei italiani che ha visto la scelta di 7 stranieri su un totale di 20 ha
suscitato la solita, trita e stucchevole, polemichetta ferragostana di italica memoria. Parliamo di Europa, di
mondo, di aprirsi a nuove culture, per poi perderci in questa sorta di sciovinismo nazional-popolare, non si
discute tanto se le figure nominate siano o meno qualitativamente adatte, se il loro profilo sia di così alto
livello da potergli permettere di adempiere gli incarichi ottenuti, ma se la loro provenienza sia di qua o di là
dalle Alpi.
Ci riempiamo di orgoglio e non ci poniamo nessun problema se italiani di valore, e ce ne sono tanti,
assumono importanti incarichi extra-frontiera, dai Berliner di Abbado alla Chicago Orchestra di Muti, dalle
opere di Renzo Piano e Gae Aulenti, ma se uno “straniero” osa occupare una poltrona in italia apriti cielo.
Lo sciocchezzario sull’argomento ha visto scatenarsi un variegato mondo di amenità, secondo qualcuno
Renzi avrebbe venduto gli Uffici alla Merkel perché è stato nominato un tedesco alla guida del museo.
Personaggi in cerca di visibilità mediatica od in astinenza da talk-show hanno rimestato a più non posso ,
Philippe Daverio ci ha regalato una battuta per cui il prossimo ministro delle finanze sarà tedesco, e
vedendo i risultati dei nostri comandanti di detto dicastero potremmo solo augurarcelo, l’immancabile
Sgarbi non ha potuto esimersi nemmeno lui. D’altronde tante sono state anche le manifestazioni di
equilibrio sull’argomento, dire che debba valere il merito e non il paese di nascita sembra una tale ovvietà
che appare incredibile dover perdere tempo a discuterne.
La mia amica, la bravissima Maria Chiara Prodi, entrata nell’Opera Comique di Parigi, ne è poi diventata
parte apicale senza problemi, ed intervistata mi diceva come più che discutere di “fuga di cervelli italiani
all’estero” sarebbe stato meglio che l’Italia divenisse appetibile per i “cervelli stranieri”, non è forse motivo
di orgoglio che personaggi di alto profilo siano felici di venire a lavorare nel nostro paese?
La citazione in testa, poi riportata da tutte le testate, mi fu detta dall’astronauta Parmitano in occasione del
TedX Bologna ed è quanto mai illuminante. Un mondo fatto di confini artificiosi e chiusure mentali, di
campanilismi e particolarismi di ogni tipo e dove viviamo di derby quotidiani. Un mondo dove respiriamo la
stessa aria, beviamo la stessa acqua, mangiamo gli stessi cibi, godiamo dello stesso sole, ma diviso da mille
confini mentali.
MAURIZIO DONINI