“Cicerone, dalla corruzione salvaci tu!”
“O tempora. O mores!” gridava Cicerone nel 63 a.c. al congiuratore Catilina al cospetto del
Senato di Roma.
Era la condanna del sistema corruttivo ordito dallo stesso Catilina e dai suoi accoliti, un sistema
che non conosce nè crisi nè fine, in un’epoca di indici in continuo ribasso, dal pil
all’occupazione, l’unico parametro in continua salita è proprio il grado di corruzione dilagante nel
nostro paese. Nero pessimismo e qualunquismo? Tuttaltro purtroppo, secondo la classifica di
Transparency International che misura l’indice di corruzione e malaffare, se nel 2011 eravamo
al 69 posto, nel 2012 siamo riusciti a scivolare ancora più in basso conquistando la poco ambita
poltrona del 72 posto, per intenderci siamo finiti dietro Ruanda, Lesotho e Cuba.
Il giro d’affari è valutato in 60 miliardi di euro e ha fatto dire al Presidente della Corte dei Conti
che la corruzione corrisponde ad “un sistema gigantesco e sistemico, una piaga che si annida
ovunque e che danneggia l’economia “, con un aumento del prezzo delle Opere Pubbliche
stimato nel 40% tutto a carico di noi contribuenti.
Ovviamente c’è chi definisce esagerati questi dati, quel che è certo, al di là di qualche
variazione statistica possibile, è che si è creato per l’appunto un sistema che come è così ben
descritto nel libro del prof. Ivan Cicconi “TAV, il libro nero dell’alta velocità”, è funzionale solo a
sé stesso e la cui morfologia è finalizzata unicamente al reperimento e successiva ripartizione a
soggetti ben definiti di risorse pubbliche. Per intenderci, sono dati inconfutabili che i costi per la
realizzazione dell’alta velocità, sono stati di 9,8 milioni al km. in Spagna e di 10,1 in Francia
contro i 70,2 spesi in Italia. Forse avremo linee 7 volte più performanti dei nostri vicini
transalpini? Ne dubitiamo assai….
La World Bank ha calcolato che una nazione che combatte “davvero” la corruzione ha un
vantaggio 2,4 punti annuali di crescita economica rispetto agli altri competitors, ma l’Italia
affronta seriamente la lotta al sistema della corrutela?
Ricordiamo come nei casi di tangenti gli amministratori implicati affermano di avere operato non
per loro tornaconto personale, ma per il bene dell’azienda e del paese Italia, come se questo
fosse motivo di vanto. Rammentiamo lo stupore ai tempi di tangentopoli e di Mani Pulite dei
tesorieri di partito che cadevano dalle nuvole di fronte alle contestazioni dei PM in quanto era un
fatto assunto che distrarre fondi per il bene del partito di turno era normalità, non si rubavano
soldi pubblici per il proprio tornaconto, ma il bene comune della politica e quindi dei cittadini,
quasi un’opera meritoria insomma.
Questo è la summa di un paese che è pervaso da sempre di un bizantinismo che ammanta tutta
la Pubblica Amministrazione e che si traduce in una situazione di deterioramento socio-culturale
che corrompe la vita stessa del paese. Bizantinismo è una parola coniata da Montesquieu e poi
ripresa da Edward Gibbons, l’etimologia deriva dall’Impero di Costantinopoli ed il termine
connota decadenza, degrado, corruzione e disonestà, se ricordiamo che Costantino trasferì
proprio la capitale dalla Roma di Cicerone a Bisanzio il cerchio si chiude idealmente nella
transizione tra la moralità e l’avidità.
Ma non possiamo scaricare tutte le colpe di questa situazione sui nostri politici se non
guardiamo anche noi stessi, facile per gli imprenditori gridare allo scandalo, ma furono 45 nomi
altisonanti dell’imprenditoria italiana a chiedere nel ’97 la depenalizzazione del reato di falso in
bilancio per solidarietà a Cesare Romiti. Finché accetteremo supinamente che sia normale
pagare tangenti per lavorare all’estero, finché ci sarà acquiescenza piuttosto che denuncia
rispetto alla richiesta di una tangente, finché non capiremo che scaricare i maggiori costi dovuti
al versamento di una tangente sul sistema paese porta al degrado dello stesso finendo per
peggiorare la vita di tutti, compresi quelli che di questo sistema si avvantaggiano nel breve
periodo, finché non cambieremo l’omertà con la denuncia, non usciremo dalla palude in cui
siamo finiti e dal 72 posto potremo solo scivolare ancora più in basso.
La corruzione non provoca solo danni materiali, ma mette in pericolo l’integrità stessa della
democrazia minando alle radici la fiducia nelle Istituzioni. Solo un forte, potente grido di rivolta
ed un travolgente bisogno di pulizia può salvarci, togliendoci dalla melma dei “favori” per farci
approdare, finalmente, nell’epoca del diritto.
MAURIZIO DONINI