Sport

Nel segno di Zorro si apre la stagione della M&G Scuola Pallavolo

Weekend superlativo in compagnia del supercampione italiano. Massimiliano Ortenzi: “Abbiamo
colto nel segno.”
Tanta curiosità e tanta attesa per un evento che non ha tradito le aspettative. Un super ospite per una super
iniziativa racchiusa in due serate appassionanti e ricche di spunti. Il mix perfetto di sport, teatro e cultura
condotto dalla voce ferma e gentile di Luca Alici attraverso l’esperienza, i successi e le cadute di un
pezzo di storia del volley italiano.
Si è partiti dal teatro di Rapagnano con l’immancabile saluto delle istituzioni. Il sindaco di Rapagnano,
Elisabetta Ceroni, a fare gli onori di casa al primo cittadino di Grottazzolina, Alberto Antognozzi, fino
ai vertici sportivi della provincia, dal presidente del comitato Fipav Fermo-Ascoli Piceno, Fabio
Carboni, al delegato del Coni di Fermo, Cristina Marinelli.
Nel mezzo la benedizione del presidente della M&G Scuola Pallavolo, Rossano Romiti, a spiegare le
ragioni, non meno importanti, dietro la scelta di una cornice diversa dal solito: “Siamo a Rapagnano
perché la nostra filosofia è quella di abbracciare l’intero territorio. Vogliamo mettere lo sport al servizio
della nostra realtà provando a far sì che quella di stasera sia l’edizione zero di un format che ci
piacerebbe portare avanti e implementare negli anni. Non sappiamo ancora dove potrà arrivare questa
iniziativa ma è un’idea sulla quale puntiamo moltissimo.”
Una serata condita con un pizzico di ironia portata dai “Two Twins”, Valerio e Fabrizio Salvatori, che
hanno sottoposto all’ex campione italiano alcune domande e curiosità, rigorosamente anonime, dei
presenti in platea.
A seguire i passaggi più significativi di Andrea Zorzi.
Robert Musil diceva “Di un uomo importante non si deve sapere quello che fa, ma soltanto i suoi arrivi
e le sue partenze.”
“La mia partenza è stata qualcosa di totalmente imprevedibile. Sono stati mio padre e mia madre ad
accompagnarmi per la prima volta in un’avventura sportiva che mai mi sarei immaginato. Non mi era
neppure mai passato per la mente di diventare un pallavolista e questo ha stravolto totalmente la mia vita
in positivo. Mi resta più difficile, invece, parlare di arrivo perché mi piace pensare che sia qualcosa di
ancora lontano. La condizione peculiare della carriera di un atleta è che inizia e finisce quando si è ancora
giovani ed in virtù di questo si hanno due possibilità: o si sceglie di vivere due vite oppure di viverne una
sola passando la seconda parte di questa ad aver nostalgia della prima. Io ho deciso di reinventarmi
provando a guardare all’interno di un mondo come lo sport, che mi ha cresciuto e mi ha cambiato, e
provando a metterne in evidenza alcune complessità che spesso passano in secondo piano.”
Educazione e sport, un binomio da trattare con cautela?
“Da giovane ho sempre vissuto l’altezza come un disagio e da questo punto di vista la pallavolo mi ha
salvato, a tal punto che per anni ho pensato che quella palla fosse la cosa più importante della mia vita.
Ho deciso di smettere a 33 anni un po’ per orgoglio e un po’ per superbia, non riuscivo più ad essere
costantemente concentrato e così ho deciso di iniziare a guardare dentro questo meraviglio mondo che è
lo sport. Ne ho dedotto che quest’ultimo è educativo solo sotto certi punti di vista. E’ un ambiente
meritocratico ma anche competitivo e la competizione può portare alla sopraffazione. Ti porta a pensare
che la vita sia come una partita, o si vince o si perde, ma la vita non è solo questo. Fuori dal campo quella
riga che separa la vittoria dalla sconfitta non si adatta ad un mondo che, invece, è così vario e così ricco di
sfaccettature.
Credo che da questo punto di vista uno sport come la pallavolo possa esaltare sicuramente la
cooperazione, le responsabilità individuali ed il rispetto dei ruoli. Penso al concetto di rete e mi rendo
conto che quando la palla è al di là di questa non c’è niente che tu possa fare se non cercare di prevedere
le mosse dei tuoi avversari e prepararti alla prossima giocata, il che è sicuramente un’attitudine molto
valida per esempio nel mondo aziendale e del lavoro nel suo complesso.
Un concetto che invece reputo poco attinente allo sport è quello dell’inclusività ed è in parte legato a
quanto detto poco sopra in merito alla competizione. Lo sport non può essere maestro di inclusività

perché ha bisogno di specificità, è selettivo e tende a scegliere i migliori per poi naturalmente
categorizzarli in nome di una competizione il più possibile equilibrata ed appassionante. ”
Fairplay di oggi e di ieri, cosa si dicono gli avversari sotto rete?
“Devo ammettere che negli anni ‘90 il fairplay era molto meno accentuato di oggi. Quello sotto rete era
un regno di sguardi terrificanti e turpiloqui impossibili da riportare ai quali guardo ancora oggi con un
pizzico di nostalgia.”
Qual è la tua idea di leadership?
“Questo è un concetto del quale conosco molto poco perché nella mia testa di atleta l’allenatore è il solo e
unico leader e io l’allenatore non l’ho mai fatto. Esiste una separazione molto netta tra giocatori e tecnico
e le squadre che funzionano meglio sono proprio quelle dove c’è maggior chiarezza e distinzione dei
ruoli. Se parliamo di leadership bisogna parlare di profili come Velasco, Capello, Sacchi e De Giorgi.”
A proposito di Fefè… Cosa pensi dei recenti risultati ottenuti dalla nazionale maschile?
“La mentalità da giocatore mi porta a pensare subito al prossimo obiettivo ed in certi casi si rischia di non
apprezzare abbastanza la bontà di questa ciclopica impresa. Ciò che mi rende più orgoglioso è vedere dei
ragazzi così vincenti ed allo stesso tempo così giovani ma la mia sensazione è che Fefè sia dotato di
un’intelligenza e di una brillantezza fuori dal comune che gli permettono di districarsi in qualsiasi
contesto ed in qualsiasi situazione senza essere mai scontato né banale. La sua forza più grande sta nella
ricca esperienza accumulata in panchina grazie alla quale ha saggiato tutte le situazioni più belle e più
brutte della vita di un allenatore, dalle vittorie alle sconfitte fino all’esonero. Questo gli ha fornito
sicuramente una grossa stabilità senza nulla togliere al fatto che avesse già una grande intelligenza anche
da palleggiatore. Negli sport di squadra sono proprio palleggiatori e registi ad avere maggiori probabilità
di diventare bravi allenatori perché anche da giocatori si preoccupano di mettere i propri compagni nelle
condizioni migliori per fare punto. I finalizzatori così come i grandi campioni in generale fanno maggior
fatica sia per quella sana dose di egoismo che li caratterizza sia perché hanno avuto grande talento dalla
loro parte. Il talento in questo senso è quella dote che ti permette di crescere abbastanza in fretta da
evitare la frustrazione del fallimento e proprio dal fallimento passa, invece, quella capacità del giocatore
medio di faticare, adattarsi, ingegnarsi per migliorare in tutti quegli aspetti nei quali non eccelle. Va da sé
che quando ti affacci al mondo della panchina questa capacità si moltiplica esponenzialmente e fa la
differenza.”
Il ruolo dell’allenatore tra autorità e autorevolezza
“Esistono allenatori più autorevoli e carismatici ed altri più improntati alla collaborazione e condivisione
ma la cosa più importante è comprendere le proprie caratteristiche in modo da adattarle al meglio al
contesto nel quale si lavora. Se pensiamo ad Ancelotti, Velasco e De Giorgi vediamo che ognuno di loro
ha vinto in modo diverso, ecco perché ciò che conta è creare un ambiente che faccia sentire i giocatori il
più possibile a proprio agio. E’ ovvio che ci sarà sempre qualche voce fuori dal coro, in quel caso bisogna
prendersi la responsabilità di essere soli senza cercare supporto e conferme a tutti i costi da parte degli
atleti.”
La serata di sabato si è aperta con il benvenuto del sindaco di Grottazzolina, Alberto Antognozzi, ad
introdurre lo spettacolo “La leggenda del pallavolista volante”, messa in scena dallo stesso Andrea Zorzi
e dalla bravissima attrice Beatrice Visibelli, con la regia di Nicola Zavagli. Il PalaGrotta si è trasformato
in via del tutto eccezionale in teatro di scena per un remake della vita del plurimedagliato campione
veneto, dalla scoperta del volley fino al ritiro a soli 33 anni.
Allegria, autoironia ed un pizzico di commozione mista a nostalgia nel riavvolgere un nastro che ha
riportato indietro nel tempo i tanti appassionati presenti sugli spalti: dai primi ori, europeo e mondiale, nel
biennio 1989-90 fino a quelle maledette olimpiadi di Atlanta 1996 finite nelle grinfie olandesi. Al termine
dello spettacolo gli interventi del presidente Fipav Marche, Fabio Franchini, e del sindaco di
Montegiorgio, nonché presidente della provincia di Fermo, Michele Ortenzi, hanno preceduto la
presentazione ufficiale della prima squadra assieme a staff societario ed allenatori delle varie formazioni
dell’universo M&G Scuola Pallavolo.
“Torniamo in A2 dopo anni passati a costruire, mattone su mattone, un progetto fondato sul nostro
territorio – ha dichiarato il presidente Rossano Romiti -. Credo che questo sia soltanto un punto di

partenza, abbiamo grandi aspettative ma possiamo contare su una struttura composta da ragazzi e
ragazze che rappresentano il vero ecosistema di questa società e proprio da loro la serie A potrà trarre
grosso giovamento.”
“Da sempre crediamo fermamente nel portare avanti progetti di ampio respiro che non puntano soltanto
al risultato sportivo fine a se stesso – ha aggiunto il direttore tecnico e coach della Videx Yuasa
Grottazzolina Massimiliano Ortenzi -. Abbiamo vissuto una due-giorni veramente speciale e credo che
ancora una volta abbiamo colto nel segno riuscendo a coinvolgere un personaggio di questo calibro. Ci
stiamo allenando con grande entusiasmo, nei test affrontati fin qui abbiamo mostrato delle buone cose
perciò direi che abbiamo le carte in regola per recitare un ruolo da protagonisti e prenderci tutto quanto
sarà possibile.”
Doveroso anche il messaggio da parte del capitano della prima squadra, Riccardo Vecchi: “Siamo pronti
a ripartire con lo stesso entusiasmo con il quale abbiamo concluso la passata stagione pur sapendo che,
da neopromossi, ci aspetta un campionato complicato. Il salto di categoria porta differenze sostanziali
dal punto di vista tecnico e fisico ma è altrettanto vero che abbiamo un gruppo ben costruito e questo ci
lascia ben sperare per il futuro. Non vediamo l’ora di cominciare.”
Chiosa finale con Andrea Zorzi che chiede a Massimiliano Ortenzi: “Cosa ruberesti alla nazionale
campione del mondo?”
“Al mondiale abbiamo visto una squadra che sprecava pochissimo ed aspettava sempre il momento
giusto per piazzare il colpo giocando con grande pazienza e lucidità – ha spiegato Ortenzi -. Questa è una
qualità sorprendente vista la giovane età dei nostri nazionali e sono certo che se riusciremo anche noi a
riproporla potremo davvero esprimerci ad alto livello.”
Domenica 9 ottobre (ore 18) al PalaGrotta, contro la BCC Castellana Grotte, arriva la prima grande
occasione per mettersi all’opera.