Il barometro politico di maggio 2021

L’intervento di Di Battista a “Otto e mezzo”, ospite di Lilli Gruber, ha scatenato una serie di commenti e
considerazioni francamente incomprensibili. Il tema principale è stato che, secondo Dibba, il governo
Conte è stato affossato dai mai sopiti “Poteri forti”. La prima cosa che viene da dire è: “Ancora?”. Hanno
fatto cadere il governo Conte-2, ma non il Conte-1? Il Conte-1 è stato fatto cadere da Salvini, il Conte-2 da
Renzi, entrambi arruolati da questi ‘fantomatici’ poteri forti in una sorta di ticket-for-Mattei? Alla domanda
precisa di Giannini, che chiede all’ex-mescitore di tequila a Puerto Escondido, di fare i nomi, il Dibba si
esibisce in una serie di balbettamenti confusi di cui è impossibile discernere alcunché. Francamente la
serata proposta da questo ex-movimentista, ora non si sa in quale fazione arruolato, è stata interessante
quanto una bisnonna in reggicalze.
I fatti e i numeri dicono che se i mercati, a ragione potremmo dire, hanno fatto andare in crisi il governo
Berlusconi facendo schizzare il famoso spread oltre quota 500 a suo tempo, nel caso del governo Conte
non c’è stata alcuna tensione. I fatti che hanno portato alla caduta sono stati tutta una serie di
provvedimenti sciagurati accumulati nelle due estensioni governative di Conte, dal reddito di cittadinanza a
quota 100 passando per una gestione della pandemia simile al circo Barnum. Un debito pubblico fatto
esplodere, una crescita nulla una lotta alla disoccupazione ridicola che ha trovato lavoro solo ai navigator.
Per inciso se un personaggio equivoco come Renzi ha incontrato il famigerato Mancini, si scopre ora che
tale incontro è avvenuto tra l’agente segreto(?) e Di Maio. Da una parte ci sono i babbi natalizi di
cioccolata, dall’altra baci e abbracci…
Dibba avrebbe potuto parlare dell’implosione dei pentastellati, da movimento apartitico contro la casta, a
una sorta di seconda DC, dove le correnti proliferano e le notti dei lunghi coltelli hanno cadenza
giornaliera, mentre, nel frattempo, tutti i mantra vengono riposti nel cassetto e il capo in pectore è tale da
tempo immemorabile, e la sua elezione non appare imminente. Cade il veto al secondo mandato, niente
più niet al ponte sullo stretto, il finanziamento pubblico ai partiti non è più il grande satana della politica e
il Rousseau ha smesso di essere il sancta sanctorum, l’eden delle anime pure e dure del movimento.
Le armi si spuntano, articoli e virologi, epidemiologi, esperti a tutto campo, che in tv affermavano fino a un
mese fa “Draghi ha sbagliato tutto sul covid”, “Draghi è la rovina dell’Italia”, stanno ritirandosi
sull’Aventino dei proclami falliti. Il prof. Galli ha deciso di non apparire più in tv, dopo i suoi strali sulla
sicura strage che sarebbe avvenuta dopo le aperture di Draghi, riuscendo a insultare persino quel pacioso
di Bonaccini. Scanzi ha candidamente, e onestamente diciamolo, ammesso di essersi sbagliato nelle sue
previsioni. Altri proseguono nella loro lotta ai mulini a vento, ma intanto la curva del contagio scende, nulla
è accaduto nemmeno dopo l’assembramento interista, l’economia si sta riprendendo. Le vaccinazioni
fallimentari della trimurti Conte-Arcuri-Speranza sono decollate con la gestione Figliuolo, anche se qualche
dotto commentatore radical-chic si diverte a puntualizzare che non tutti i giorni si sono superate le
500.000 dosi…
I sempre dotti volti prestati giornalmente alla televisione irridevano il recovery plan del team Draghi, che
comunque ha preso le 25 misere paginette di Conte e le hanno trasformate in 250 fogli dettagliati,
rispettando persino la scadenza, malgrado gli scongiuri dei succitati corvi. Per par condicio e onestà
intellettuale è doveroso citare anche il PD, il cui nuovo segretario Letta è riuscito nell’epocale impresa di
fare diventare FdI della Meloni il 2° partito nazionale. Ma non aspettiamoci dimissioni nemmeno in questo
caso, come dicevano i vecchi saggi dc, “Le dimissioni si annunciano e si minacciano, ma non si presentano
mai”.
MAURIZIO DONINI