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Meloni, non visoni: la PETA suggerisce carriera alternativa ad allevatori di visoni italiani

Roma – A seguito della sospensione delle attività di tutti gli allevamenti di visoni in Italia, a causa del COVID-19, la PETA ha scritto all’Associazione Italiana Pellicceria suggerendo un nuovo percorso professionale per gli allevatori colpiti dall’ordinanza del governo, ovvero la riqualificazione come frutticoltori.

Nella lettera (disponibile qui), la PETA sottolinea che lavorare in un settore interessante e scevro da ogni forma di violenza aiuterebbe queste persone a provvedere al proprio sostentamento economico mentre apprendono un mestiere che non comporti la morte violenta di innumerevoli animali o che non contribuisca a future pandemie.

“Gli allevamenti di animali da pelliccia, come ogni altro luogo in cui gli animali vengono ammassati e uccisi, creano un terreno fertile per le malattie”, dice Mimi Bekhechi, vicepresidente dei programmi internazionali della PETA. “Poiché il declino della moda della pelliccia è evidente, vogliamo offrire una speranza agli allevatori di visoni dando l’opportunità di intraprendere la più onorevole professione di coltivatore di meloni e altra frutta”.

I visoni possono trasportare o trasmettere un’ampia varietà di batteri e virus zoonotici – tra cui la MRSA, l’epatite E, l’influenza e la salmonella – e in quanto al rischio per la salute pubblica, gli allevamenti da pelliccia non sono diversi dal mercato degli animali vivi da cui si ritiene abbia avuto origine il coronavirus. In queste strutture, i visoni vengono messi uno accanto all’altro in gabbie metalliche, dove lo scambio di fluidi corporei facilita la diffusione della malattia.

Le indagini negli allevamenti di visoni italiani hanno trovato animali confinati in minuscole gabbie di filo metallico, senza accesso all’erba o all’acqua per nuotare. Molti erano gravemente feriti e alcuni erano ricorsi a episodi di automutilazione a causa del forte stress per la prigionia. Alla fine delle loro miserabili vite, vengono uccisi col gas.

Stilisti iconici italiani come Armani, Gucci, Elisabetta Franchi, Prada e Versace non usano pellicce; la fashion editor di alto profilo Anna Dello Russo non indossa più pellicce; e celebrità come Elisabetta Canalis si sono pronunciate contro questa moda e commercio crudele – persino l’icona italiana Sophia Loren ha recentemente sfoggiato un cappotto a figura intera di Stella McCartney in pelliccia vegana fatta con fibre vegetali.

La PETA – il cui motto recita in parte che “gli animali non sono nostri da indossare” – si oppone allo specismo, una visione del mondo suprematista umana. Per ulteriori informazioni, visita PETA.org.uk o segui il gruppo su FacebookTwitter o Instagram.