Attualità a cura di Maurizio Donini

La Ue e la class action

L’Unione europea cerca da anni la strada per creare una serie di regole armonizzate in materia di
class action. Già nel 2018 la Commissione giuridica del Parlamento europeo commissionò uno
studio alla Commissione diritti dei cittadini e affari costituzionali per avere un chiaro quadro
normativo esistente negli Stati membri, approfondendo anche la normativa presente negli Stati
Uniti.
Il Parlamento Europeo si è mosso nelle righe di questo percorso adottando con 438 voti favorevoli,
84 contrari e 166 astensioni, la relazione di Lasse Antero Lehtinen. Il Parlamento ha accolto con
favore la comunicazione della Commissione e ha espresso l’apprezzamento per gli sforzi fatti in
direzione di una “cultura del consumatore”. In base alle prime norme approvate dall’accordo
raggiunto tra Europarlamento e Consiglio UE, i gruppi di consumatori Ue potranno avviare
procedimenti giudiziari collettivi per ottenere un risarcimento danni dalle imprese. I settori coperti
dall’azione collettiva sono: protezione dati, servizi finanziari, viaggi e turismo, energia,
telecomunicazioni, ambiente e salute.
La nuova legge mira anche a migliorare il funzionamento del mercato interno, migliorando gli
strumenti contro le pratiche illegali e facilitando l’accesso alla giustizia da parte dei consumatori.
Geoffroy Didier (Ppe, Francia), relatore del provvedimento, ha dichiarato: “I colegislatori hanno
cercato un equilibrio tra la protezione legittima degli interessi dei consumatori e la necessità della
certezza giuridica per le imprese. Ogni Stato membro ha almeno un ente qualificato per attuarla,
mettendo nel contempo in atto salvaguardie contro l’abuso dell’azione in giudizio. L’Europa deve
diventare uno scudo che protegge le persone. La direttiva dà nuovi diritti ai consumatori nelle loro
vite quotidiane e dimostra che l’Europa fa la differenza”.
Per quanto riguarda i criteri di designazione degli enti in questione, le regole distinguono tra i casi
transfrontalieri e quelli domestici. Per i primi, gli enti devono dimostrare di aver svolto almeno 12
mesi di attività nella protezione dell’interesse dei consumatori, al momento della richiesta di
essere nominati come ente qualificato. Devono inoltre avere un carattere non-profit e assicurare
di essere indipendenti da terzi, i cui interessi economici contrastino con gli interessi dei
consumatori. Per le azioni a livello nazionale, gli Stati membri dovranno stilare criteri adeguati agli
obiettivi della direttiva, che possono essere gli stessi che per le azioni transfrontaliere. Per evitare
le liti temerarie, viene introdotto il principio ‘chi perde paga’, che fa sì che la parte sconfitta paghi
le spese processuali del vincitore. Inoltre, per scoraggiare ulteriormente gli abusi, Tribunali o
autorità amministrative possono decidere di lasciar cadere i casi manifestamente infondati il prima
possibile.
MAURIZIO DONINI