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Via libera a sagre, Confcommercio: Paradosso all’italiana

Grandi schermi che si riaccendono un pò per volta: sipari che si rialzano, scacciando la polvere del lockdown e il
mondo della notte prova a rianimarsi in modo articolato e caotico. L’ Italia è entrata nella fase 3. Date di riaperture
differenziate da regione a regione. Una riapertura nazionale a macchia di leopardo. Riapre gradualmente tutto, ma
non allo stesso modo. Difficilmente sarà una ripresa sprint. La confusione regna sovrana, le difficoltà evidenti.
Importanti pure le possibile ricadute economiche, con difficoltà pratiche nella definizione degli spazi nei locali e tante
norme stringenti. Sulle sagre la Confcommercio non ci sta proprio. “È un paradosso all’italiana la decisone di dare il
via libera alle sagre in questo momento –dichiara il direttore di Confcommerico Marche Massimiliano Polacco- le sagre
sono simbolo dell’assembramento del caos e molte volte sono ai limiti di una concorrenza sleale. È dunque un
controsenso, chiedere sacrifici, con il rispetto di protocolli strettissimi, ai pubblici esercizi e poi permettere che tornino
a volgersi sagre con pochissime limitazioni. Sulla ripartenza del settore abbiamo lavorato a lungo e con impegno per
garantire alle aziende, formazione e rispetto delle normative. La sagra rappresenta non solo assembramento ma
anche grande confusione ed è tenuta insieme dalla mancanza di quelle norme che regolano i pubblici esercizi. Per cui
tutto il lavoro fatto sul rispetto delle regole, sembra essere vano. In questo momento che le aziende faticano a
riaprire, si va per giunta a togliere fiato ad un settore che dovrebbe essere sostenuto. Questo momento storico
doveva, invece, era un’occasione per dare regole più precise e evitare che le finte sagre avessero ancora spazio”.
Conclude con dati alla mano: “L’anno scorso ci sono state più di 42mila sagre, con un giro d’affari di 900 milioni di
euro, inoltre secondo Fipe-Confcommercio 32mila sagre non avrebbero alcuna connotazione di tipicità e sarebbero
prive del rispetto delle norme richieste invece alla ristorazione “istituzionale” su igiene, sicurezza alimentare e
fiscalità”.
Paola Pieroni