Attualità a cura di Maurizio Donini

Coronavirus, Covid19, alle prese con il Recovery Fund

La crisi Coronavirus Covid-19 ha inciso pesantemente sulla situazione economica e i suoi nefasti
effetti si protrarranno per un triennio prima di rientrare completamente, fermo restando che
tornare alla situazione precedente all’inizio della crisi per l’Italia vorrebbe dire recessione.
L’Europa, dopo qualche tentennamento, ha preso atto della gravità della situazione e si è mossa
con decisione, la BCE ha messo sul piatto un QE da 750mld sotto varie forme, soprattutto
abbandonando il principio statutario delle capital key, ovvero l’acquisto di titoli in base alla
percentuale di partecipazione di ogni stato al capitale della banca (Italia 13,8%). Questo ha
scatenato le ire degli integralisti tedeschi, ma di fronte ad una crisi asimmetrica, che ha colpito in
maniera differente gli stati membri, non si poteva continuare a operare con uno strumento
simmetrico. Si è poi mossa la BEI, la Banca Europea Investimenti, con uno stanziamento da 250mld
e la Commissione Europea con il Fondo SURE da 100mld per sostenere la CIG erogata per dare
sollievo ai lavoratori delle aziende in crisi. Abbiamo infine il MES, inspiegabilmente diventato
oggetto di scontro e bandiera incomprensibile dei pentastellati, altro strumento nato
specificatamente per funzionare in modo asimmetrico e spogliato di tutte le garanzie stringenti,
lasciando solo il vincolo della destinazione a spesa sanitaria, 37mdl non sono pochi per la sanità
italiana.
Ombre non mancano, fino a quando la BCE potrà continuare ad acquistare senza rispettare le
capital key? Il Fondo SURE si basa su un meccanismo partecipativo che sulla base di una garanzia
del 25% dovrebbe fare funzionare il 100% dell’ammontare previsto, in tutti i casi si tratta
comunque di prestiti erogati, pur a tassi nulli o quasi e a scadenze lunghissime, che andranno a
gravare sul debito pubblico degli stati.
Il premier Conte, da buon avvocato e abile navigatore con le parole come si è dimostrato, ha
annunciato in pompa magna la decisione di dare il via al programma dei Recovery Fund da
2000mld da parte della UE. In realtà si tratta solo di parole a cui dovranno seguire molti fatti, per
ora abbiamo una cornice indefinita di intenti per cui questi Eurobond dovrebbero essere proposti
al mercato con rating tripla A, ma rientrando nel quadro generale del bilancio pluriennale UE
2021-2027. Questo significa che di tutto questo si andrà a parlare il prossimo anno, e rimangono
da stabilire diverse cose, lo striminzito bilancio della UE, priva di qualunque potere impositivo e
politica fiscale, non può nemmeno lontanamente permettersi di varare un programma così
ambizioso. Le garanzie dovranno quindi rientrare in capo alla comunità degli stati membri,
prevedibili le resistenze dei paesi virtuosi del nord-Europa che per ora hanno abbozzato. Altro
problema che si presenterà sarà la ripartizione del finanziamento, a logica e con estrema
probabilità, se il MES è asimmetrico per natura, i Recovery Fund saranno simmetrici, ogni stato
riceverà in proporzione alla sua partecipazione all’emissione, quindi gli effetti non potranno essere
particolarmente eccelsi in linea teorica. I nodi da sciogliere restano ancora molti su questo fronte.
MAURIZIO DONINI