Attualità a cura di Maurizio Donini

Freedom House report di democrazia in Italia e nel mondo

Freedom House (FH) è una Organizzazione Non Governativa internazionale con sede negli Stati
Uniti, ed è la più autorevole in materia di ricerca e approfondimento nel campo delle libertà
politiche e dei diritti umani e la diffusione di informazioni inerenti il loro effettivo rispetto. L’ultimo
rapporto pubblicato, ovverossia il 2019, ribadisce il preoccupante regresso del livello di
democrazia nel mondo. La categorizzazione prevede tre distinte situazioni, classificazioni utilizzate
da FH: Free, Partly free, Not free (libero, parzialmente libero, non libero). I paesi vengono
classificati sulla base di 25 indicatori, ognuno con un voto da 0 a 4, che così vanno a comporre
l’aggregate score finale.
Come anticipato la situazione non è rosea, il titolo assegnato al rapporto 2019 da Freedom House
è Democracy in Retreat (democrazia in ritirata). Viene mostrato come il progresso di
democratizzazione si sia non solo arrestato, ma abbia iniziato a regredire; dal 1988 al 2005 la
percentuale di Paesi etichettati come “not free” da FH crollò di 14 punti percentuali (dal 37 al 23
per cento) e contestualmente i Paesi “free” balzarono dal 36% al 46%. Ma dal 2006 la tendenza si
è invertita accentuandosi negli ultimi anni, non indifferente a tutto ciò l’ascesa a POTUS di Donald
Trump, “L’agente arancione” come lo definisce Spike Lee che si rifiuta persino di farne il nome,
non ha portato gli USA fra i paesi non democratici, ma ha causato la discesa di alcuni fattori.
Altri motivi sono l’ascesa a livello di grandi players mondiali di stati come Cina e India, non
esattamente campioni di democrazia; così come a livello globale la crisi del 2008 ha visto la
progressiva erosione della classe media, da sempre motore trainante in questo campo. Il risultato
è che a oggi solo il 44% del mondo viene classificato come FREE. Il rapporto evidenzia come in
Italia, Svezia, Brasile, Stati Uniti, e in parte Australia, l’ascesa di movimento di destra razzisti e
sovranisti, che disconoscono la democrazia parlamentare a favore del consenso popolare tout-
court, abbia abbassato la percentuale di democrazia. In particolare il direttore di FH prende di mira
The Donald, “Il presidente Trump esercita un’influenza sulla politica americana che mette a dura
prova i nostri valori fondamentali e la stabilità del nostro sistema costituzionale, attraverso
la demonizzazione della stampa, il disprezzo per il sistema di stato di diritto (rule law)”.
La situazione si è aggravata in maniera netta in Medio Oriente e nell’Africa sub-sahariana,
Camerun, Nigeria, Mali e Burkina Fasu, dove i governi sono praticamente privi di autorità. In chiara
discesa l’america latina di El Salvador e su tutti il Brasile del controverso Jair Bolsonaro; l’estremo
oriente e gli stati europei di Ungheria e Serbia.
La situazione italiana, in regresso, vede luci e ombre, se il processo democratico parlamentare è
considerato di garanzia, gli strali di FH si appuntano sulla possibilità di chiusura di siti web senza la
validazione giudiziaria. Molto negativa la valutazione della situazione giustizia, con una lunghezza
dei procedimenti che non garantisce il diritto. Grave la situazione nella gestione dei servizi
telefonici, nella primavera del 2018, l’Autorità Antitrust italiana ha multato TIM 4,8 milioni di euro
(5,6 milioni di dollari) per pubblicità ingannevole in merito al suo servizio a banda larga in aree
svantaggiate. Secondo l’autorità, TIM ha omesso informazioni pertinenti sui suoi piani e sulle loro
limitazioni. Sempre nel febbraio 2018, la polizia e le autorità dell’Agenzia antitrust italiana hanno
perquisito gli uffici di Telecom Italia, Vodafone, Fastweb, Wind Tre e la società di lobbying
industriale Asstel, nell’ambito di un’indagine sui prezzi dei servizi fissi e mobili. Sospettano i

regolatori che le società avevano sovraccaricato i propri clienti fatturandoli per i loro servizi ogni
quattro settimane anziché una volta al mese.
Anche i media di notizie non sono esenti da forme di censura, nel marzo 2018, la rivista Famiglia
Cristiana ha cancellato un articolo sul sequestro di una nave spagnola che trasportava rifugiati da
parte della Marina italiana, forse in violazione del diritto internazionale in materia di asilo. Dopo
24 ore, è stata pubblicata online una versione modificata dell’articolo e l’autore originale ne ha
ritirato il nome. La menzione della Marina italiana è stata eliminata dal titolo e le menzioni del suo
coinvolgimento sono state modificate. In precedenza, a gennaio 2018, l’allora ministro degli
Interni Marco Minniti ha annunciato una nuova iniziativa della polizia postale per combattere la
diffusione di notizie false. Il progetto, denominato “Red Button”, ha offerto ai cittadini
l’opportunità di segnalare “notizie false” utilizzando un portale sul sito web della polizia. Il Centro
nazionale di informazione anti-crimine per la protezione delle infrastrutture critiche (CNAIPIC) è
stato incaricato di analizzare il contenuto segnalato. La polizia ha quindi pubblicato controlli di
fatto basati su queste analisi. David Kaye, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di
opinione e di espressione, ha espresso preoccupazione per l’iniziativa, citando la sua vaga
definizione di notizie false. In una comunicazione formale, ha esortato il governo a riconsiderarlo.
Il governo ha successivamente confermato che l’iniziativa si è conclusa entro pochi giorni dal voto
dell’Italia del 4 marzo 2018. Non è chiaro quanti rapporti la polizia ha ricevuto, quanti casi di
presunti sono state valutate notizie false e se è stato rimosso qualsiasi contenuto. Le cause
diffamatorie contro i giornalisti, compresi quelli che operano online, sono un evento comune.
L’onere finanziario di lunghi procedimenti legali può avere effetti agghiaccianti sui giornalisti e sui
loro redattori. Ossigeno per l’Informazione, un’organizzazione che tiene traccia delle minacce ai
giornalisti in Italia, dal 2011 ha denunciato 562 “azioni di diffamazione senza motivo” contro i
media, che include casi contro i media online.
MAURIZIO DONINI