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Infolampo: Orari – Istruzione

Regolare orari e aperture, subito la legge
La Filcams sulla proposta Di Maio: “Cambiare il Salva Italia è una nostra priorità. Abbiamo più volte
richiesto un incontro con il ministro. È indispensabile un confronto per porre un limite. In questi anni
stravolte le vite dei lavoratori”
Quella di regolamentare le aperture domenicali, è una priorità per il sindacato. A dirlo è la segretaria
generale della Filcams Cgil Maria Grazia Gabrielli, rispondendo alla proposta del vicepremier Di Maio
per la limitazione del commercio nei festivi.
“Intervenire sul decreto Salva Italia e le liberalizzazioni delle aperture e degli orari nel commercio è una
priorità per la Filcams Cgil – ha detto -, che ha più volte
avanzato proposte di modifica, richiesto un incontro con
il ministro del lavoro Di Maio e promosso iniziative,
mobilitazioni e campagne di comunicazione in occasione
delle festività. È indispensabile un confronto per porre un
limite alle aperture incontrollate sia domenicali sia
festive che in questi anni hanno stravolto il settore e la
vita delle lavoratrici e dei lavoratori delle aziende del
commercio”.
La Filcams chiede “la chiusura delle attività commerciali
nei giorni festivi, riconsegnando alle istituzioni locali la
competenza, per poter definire quante e quali domeniche
e con quali orari aprire e stabilire i nuovi insediamenti
commerciali. È ora necessario accelerare e concretizzare
il percorso per intervenire definitivamente sulla
deregolamentazione”.
L’esponente sindacale sottolinea anche che “le condizioni
di lavoro degli addetti del settore sono inevitabilmente peggiorate, con turni di lavoro ormai
strutturalmente su 365 giorni all’anno e con la sperimentazione dell’orario h24. Alle difficoltà nella
conciliazione dei tempi vita e di lavoro si aggiunge peraltro un’indisponibilità sempre più diffusa da parte
delle imprese a contrattare anche il riconoscimento economico per i turni di lavoro domenicali”.
Occupazione ridotta di almeno il 20%
“Negli ultimi anni nella grande distribuzione, in una situazione di liberalizzazione indiscriminata, si è
assistito ad una riduzione dell’occupazione pari almeno al 20%, al quale si deve aggiungere il dato
relativo alla diffusione di processi di terziarizzazione ed esternalizzazioni di parti rilevanti delle attività
commerciali”, afferma ancora Gabrielli. “Il 40% dei lavoratori è interessato da tipologie contrattuali che
determinano condizioni di forte precarietà: contratti a termine, lavoro somministrato, lavoro a chiamata e
indiretto, stage, merchandiser e promoter; e circa il 70% dei lavoratori ha un rapporto di lavoro part time
Leggi tutto: http://www.rassegna.it/articoli/liberalizzazione-orari-filcams-subito-una-legge
Ottavia Piccolo e l’Anpi fermati a
Venezia

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Cosa dice il rapporto Ocse sull’istruzione in Italia
Ascensore sociale bloccato. Università non aggiornata. Professori anziani e sottopagati. La fotografia
del nostro Paese che emerge dalla ricerca annuale Education at a glance.
Un Paese sostanzialmente fermo, dove l’accesso all’istruzione continua a essere facilitato per chi ha
genitori laureati, in cui i Neet sono il doppio che altrove, in cui l’università non si è aggiornata negli anni
della crisi fornendo sbocchi lavorativi e in cui i professori sono anziani e poco pagati. È la fotografia
scattata dall’Ocse con la ricerca annuale Education at a glance, un evento organizzato con l’associazione
TreeLLLe e ospitato dalla Luiss.
I NEET CORRISPONDONO AL 30% DEL 20-24ENNI
I giovani Neet (che non studiano, non lavorano e non cercano impiego) corrispondono al 30% dei 20-
24enni, contro il 16% della media Ocse, ma con variazioni regionali fortissime che vanno dal 12 al 38%
per la classe di età tra i 15 e i 29 anni. La quota Neet tra le donne aumenta molti tra i 25 e i 29 anni.
CORPO DOCENTE: IL 58% HA PIÙ DI 50 ANNI
Gli insegnanti italiani continuano a essere tra i più anziani nel panorama internazionale (il 58% ha più di
50 anni). I loro stipendi sono inferiori alla media Ocse. Infine l’Italia è uno dei Paesi che prevede il più
alto compenso retributivo per i dirigenti scolastici rispetto agli insegnanti.
SOLO IL 24% DEI BIMBI DA 0 A 3 ANNI VA ALL’ASILO
Dalla ricerca emerge che solo il 24% dei bimbi 0-3 anni frequenta asili nido, contro il 35% della media
Ocse. I bambini hanno maggiori probabilità di frequentare i servizi per la prima infanzia se provengono
da un ambiente socioeconomico avvantaggiato e quando le loro madri hanno conseguito un titolo di
livello terziario. Solo il 19% degli adulti con genitori senza istruzione secondaria superiore ha superato il
livello di istruzione dei genitori.
DONNE: PIÙ LAUREATE MA MENO OCCUPATE
Se la partecipazione delle giovani donne laureate al mercato del lavoro è elevata, quasi come quella degli
uomini, le giovani donne senza un laurea hanno tassi di inattività molto più elevati rispetto agli uomini.
Inoltre emerge che le retribuzioni medie delle donne sono inferiori a quelle degli uomini e il divario
aumenta per le donne laureate. Una percentuale maggiore di donne ha conseguito la laurea rispetto agli
uomini.
I LAUREATI NATI ALL’ESTERO HANNO MENO POSSIBILITÀ DI OCCUPAZIONE
Gli adulti nati all’estero hanno in media un livello di istruzione inferiore agli adulti nati in Italia. In Italia,
tra le persone con un titolo di studio inferiore al grado secondario superiore, quelle nate all’estero hanno
una maggiore probabilità di trovare un lavoro rispetto agli autoctoni. Come in molti altri Paesi Ocse, gli
adulti laureati nati all’estero hanno però molte meno probabilità di trovare un lavoro rispetto agli
autoctoni o agli adulti nati all’estero arrivati entro i 15 anni. È più probabile che chi è nato all’estero
guadagni meno degli autoctoni, indipendentemente dal livello d’istruzione. In Italia si stabiliscono
soprattutto immigrati scarsamente qualificati che competono con gli italiani senza titolo di studio sul
mercato del lavoro. Contrariamente agli altri Paesi, gli immigrati laureati in Italia occupano lavori meno
qualificati.
SCOLARIZZAZIONE INFERIORE ALLA MEDIA IN BASILICATA, ALTO ADIGE E VALLE
D’AOSTA
I maggiori divari regionali si riscontrano tra i 20-29enni: i tassi di scolarizzazione sono inferiori del 10%
rispetto alla media nazionale in Basilicata, nella provincia autonoma di Bolzano e nella Valle d’Aosta e
raggiungono il 25% in altre cinque regioni del Paese (Abruzzo, Emilia-Romagna, Lazio, provincia
autonoma di Trento e Toscana). Il tasso di occupazione è più nel Sud Italia e nelle Isole.
NUMERO DI ITALIANI CHE STUDIANO ALL’ESTERO AUMENTATO DEL 36%
L’Italia ha uno dei più bassi tassi di occupazione dei giovani laureati. Il numero di italiani che studia
all’estero per laurearsi è aumentato del 36% in soli 3 anni; nel frattempo il numero di studenti stranieri
iscritti all’università in Italia è aumentato solo del 12%. Tra le anomalie, contrariamente agli altri Paesi, il
tasso di occupazione dei giovani laureati in Italia è molto inferiore a quello dei laureati intorno ai 60 anni.
Inoltre le competenze trasmesse dall’università non sembrano ricercate dalle imprese.

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