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Infolampo: Caporalato – Migrazioni

Legge sul caporalato, un presidio di civiltà
Parla Enrico Pugliese: “Per la prima volta si mettono a nudo le responsabilità delle imprese che
traggono vantaggio dall’intermediazione degli sfruttatori. Questo è l’impianto fondamentale, non si può
mettere in discussione”
di Maurizio Minnucci
“La legge contro il caporalato non si tocca”. L’appello è contenuto in una lettera indirizzata a tutti i
deputati e senatori firmata da Flai Cgil, Terra!Onlus, Uila Uil e altre associazioni della società civile
come Libera, Amnesty, Emergency e Oxfam. Una presa di
posizione appena rilanciata dopo che nei giorni scorsi il
vicepremier Matteo Salvini e il ministro leghista
dell’Agricoltura Gian Marco Centinaio hanno messo in
discussione la legge 199 di contrasto al caporalato varata due
anni fa dal Parlamento dopo una lunga battaglia condotta dal
sindacato, Flai Cgil in testa. Rassegna ne ha parlato con
Enrico Pugliese, sociologo e docente universitario, che su
questi temi è uno dei principali esperti italiani.
Rassegna Professore, il ministro Salvini dice che la legge
complica le cose. Il titolare dell’Agricoltura aggiunge che
vuole parlarne con le associazioni dei produttori per capire
cosa non va. Lei cosa ne pensa?
Pugliese Penso innanzitutto che l’approvazione di quella
legge, per come è stata scritta e prodotta, è stata l’espressione
di un momento di civiltà nel nostro Paese. Poi è ovvio che una
legge “complica”, nel senso che rispettare le regole implica per l’appunto una “complicazione” di fronte
al puro mercato dove vince il più forte. Il tema vero è un altro: è valutare quanto si riescano a garantire i
diritti dei braccianti che prendono 2 euro l’ora a vantaggio dei caporali e delle aziende che non
dovrebbero mettersi in combutta con loro. La grande novità della legge 199 che probabilmente non piace
né a Salvini né al ministro dell’Agricoltura, è proprio il puntare sulle responsabilità delle aziende. Se la si
vuole rendere più efficace, va bene. Purché non si tocchino i principi fondamentali: la lotta sul piano
legale al caporalato e, soprattutto, il richiamo delle imprese alle proprie responsabilità.
Rassegna Proviamo a ricostruire la vicenda, perché questa non è la prima volta che in Italia si tenta di
metterci mano. Ci riassume com’è andata?
Pugliese È una storia antica. Mentre era in corso la campagna “Stop al caporalato” della Cgil, che si è
sempre mobilitata e non da sola, a un certo punto dall’Unione Europea venne la possibilità di una nuova
regolamentazione che permettesse di operare contro i caporali. Ma la cosa nacque male, nel senso che
quegli interventi erano pensati esclusivamente in una logica di contrasto all’immigrazione clandestina e
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Arriva la quattordicesima per 3
milioni e mezzo di pensionati

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Una crisi politica più che “migratoria”
Sempre meno persone arrivano in Europa via mare. Nonostante ciò, il dibattito a livello politico sembra
suggerire il persistere di un’enorme crisi migratoria. Ma la vera crisi è la cattiva gestione del fenomeno
e l’indecisione dei leader politici europei.
di Nikolaj Nielsen | Damiano Bacci
Cinque anni fa, le autorità italiane e dell’Ue rimasero in piedi in silenzio a osservare le bare accumulate
una sull’altra in un deposito dell’isola di Lampedusa.
“Bare di neonati. Bare di madri e figli appena nati. Quello che ho visto mi ha profondamente sconvolto”
disse l’allora presidente della Commissione dell’Ue Jose Manuel Barroso, al termine di quella visita.
Erano i primi giorni dell’ottobre 2013 e circa 373 persone erano annegate al largo della costa di
Lampedusa nel tentativo di cercare aiuto, asilo e opportunità in Europa.
La Commissione Europea non perse tempo e annunciò immediatamente piani grandiosi finalizzati a
ridurre il numero dei morti.
La sorveglianza ai confini sarebbe stata rafforzata, le navi che correvano in soccorso ai migranti non
sarebbero state multate, si sarebbero offerte protezione, sistemazione e vie legali per accedere all’Europa,
e i canali diplomatici avrebbero moltiplicato le loro iniziative con i Paesi africani.
Questo stesso elenco sarebbe stato snocciolato più volte come un vero ritornello negli anni a seguire.
Adesso, però, lo si fa con un’attenzione sempre maggiore per puntellare i confini e fermare i migranti,
così che non possano raggiungere l’Europa.
Le autorità europee e i capi di stato si incontrano a Bruxelles il 28 giugno, per parlare di migrazione. E le
riforme riguardanti la concessione dell’asilo all’interno dell’Ue sono state in buona parte accantonate.
Oggi, le navi delle Ong che prestano soccorso in mare sono multate, alcune devono far fronte a vere e
proprie cause penali, e l’Italia sta chiudendo i suoi porti. Mission Lifeline, una nave di soccorso di
un’Ong tedesca con oltre duecento persone a bordo, dopo sei giorni in mare deve ancora attraccare a
Malta.
Anche le morti sono continuate e nel 2016 hanno raggiunto il massimo storico di 5100. In ogni caso, è
probabile che molti più migranti ancora abbiano perso la vita attraversando a piedi i deserti nel tentativo
di raggiungere la Libia.
Molti migranti sono stati anche salvati grazie agli sforzi di Italia, Ue e Ong varie. Ma, mentre le
operazioni di Italia e Ue sono drasticamente diminuite, l’onere di raccogliere i migranti è ricaduto sulle
sole Ong, mentre adesso una Libia sempre più disgregata ha il compito di portare a termine la maggior
parte dei soccorsi in mare.
Per le autorità e i capi di stato, il dibattito sull’asilo e sul fenomeno migratorio si basa interamente sui
numeri e sulla politica.
Lasciando perdere quest’ultima, le cifre indicano che l’Europa è smarrita e indecisa, incapace di tener
testa al problema mentre combatte una battaglia di relazioni pubbliche con la xenofobia e l’allarmismo
populista propagati, prima e più di chiunque altro, dal primo ministro ungherese Viktor Orban e dal
ministro degli interni italiano Matteo Salvini.
Sempre meno persone si imbarcano per raggiungere le coste meridionali dell’Europa, eppure il dibattito
scuote con fragore il cuore dell’Unione europea.
All’apice del fenomeno, nel 2015, arrivarono via mare un milione di persone e il picco ci fu nel mese di
ottobre con 221mila sbarchi. Oggi, si calcola che negli ultimi sei mesi siano sbarcati 43mila migranti, con
un aumento degli arrivi in Spagna.
Parte di questo vistoso calo è dovuto a un accordo stretto l’anno scorso tra le autorità libiche e quelle
italiane e all’impegno profuso dall’Ue per far sì che la guardia costiera libica intercettasse in mare i
partenti. Il calo degli sbarchi si è verificato dopo che nel marzo 2016 l’Ue ha stretto un patto molto
discusso con la Turchia.
Nel frattempo, le trattative a tutto campo su come raggiungere un consenso politico per riformare il
trattato di Dublino – la regolamentazione che determina chi sia responsabile del processo di richiesta di
protezione internazionale – sono state rinviate. Questa riforma ha provocato profonde divisioni tra gli stati
dell’Ue.
Il Gruppo di Visegrad (V4), un’alleanza informale tra Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia e Slovacchia,
si oppone a qualsiasi piano di distribuzione o ricollocazione dei richiedenti asilo nei vari paesi membri
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