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40 anni fa la Legge 194: le donne sono qui!

Sono passati esattamente 40 anni da quel 22 maggio del 1978 quando venivano emanate le “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”: la Legge 194. Una legge che ha dato alle donne il diritto di dire la prima e l’ultima parola sul proprio corpo riconoscendo che la maternità deve presupporre il desiderio e la scelta di diventare madri, non un obbligo o un dovere.

 

A distanza di 40 anni, l’aborto continua a essere un tema di scontro ideologico. Ancora oggi, come se questa scelta non fosse già abbastanza sofferta e tormentata per le donne, un ulteriore carico di sofferenza le viene imposto dall’esterno, come sta avvenendo in questi giorni con i cartelloni dei movimenti integralisti prolife apparsi anche a Osimo e ad Ancona. Si tratta di ennesimi attacchi alla libertà e autodeterminazione delle donne e a una legge dello Stato che, non ci stancheremo mai di dire, lo Stato deve applicare.

 

Per questo, nei giorni scorsi, migliaia di donne hanno sottoscritto un appello a quante siedono in Parlamento affinchè difendano la Legge 194 e contribuiscano alla sua piena attuazione, perché, come si legge nell’appello, le donne sono qui e non faranno un passo indietro e continueranno a tenere alta l’attenzione sull’applicazione della legge e sui troppi ostacoli che incontrano se chiedono di abortire.

 

Il principale ostacolo è costituito dal numero elevato di medici obiettori di coscienza. Dai dati forniti dalla Regione relativi alla presenza di ginecologi obiettori nelle varie strutture ospedaliere marchigiane, emerge un quadro sconsolante: a fine 2016 gli obiettori rappresentano il 70,1% dei ginecologi (v. http://www.marche.cgil.it/politiche%20di%20genere/IVG%20e%20obiettori%20nelle%20Marche%202016.pdf).

 

La situazione che si osserva nei singoli ospedali è ancora più preoccupante: sono tutti obiettori i 12 ginecologi dell’Ospedale di Fermo, così come sono tutti obiettori anche gli 11 ginecologi dell’Ospedale di Jesi. All’Ospedale di Ascoli Piceno sono obiettori 11 medici su 12, e l’elevato numero di IVG effettuato in tale presidio ospedaliero viene garantito grazie a una convenzione con l’AIED. Analogo peso degli obiettori anche all’Ospedale di Fano, con 10 obiettori su 12 cosi come all’Ospedale di Civitanova Marche, con 8 obiettori su 10 ginecologi. Ad allarmare c’è anche la continua crescita del numero degli obiettori: nel 2016 ci sono 29 ginecologi obiettori in più rispetto ai 81 obiettori di soli 8 anni fa.

 

Nel 2015 sono state 1.638 le donne marchigiane che hanno fatto ricorso all’IVG, di cui 167, pari al 10,2% si è recata in strutture fuori regione: dunque, più di una donna su 10 è dovuta andare ad abortire in un’altra regione (soprattutto in Emilia Romagna, Abruzzo, Lazio e Toscana), la percentuale più alta tra le regioni del Centro e tra le più alte d’Italia.

 

Occorre poi prestare la massima attenzione al fenomeno degli aborti spontanei dietro ai quali, c’è da chiedersi, se possa nascondersi il ricorso ad aborti clandestini o “fai da te”, con il ricorso a farmaci commercializzati per altre cure ma che possono provocare un aborto non distinguibile da quello spontaneo naturale.

 

La situazione nelle Marche è difficile ma, anche grazie alla forte e tenace mobilitazione e al protagonismo delle donne, alcuni risultati importanti sono stati prodotti. Innanzitutto per quanto riguarda l’utilizzo della RU486 e le procedure per l’aborto farmacologico, due anni fa, seguendo l’esempio virtuoso di tali regioni e provando a recuperare il tempo perduto, la Regione Marche ha avviato e poi esteso la sperimentazione dell’aborto farmacologico con ricovero in day hospital: una scelta importante che va nella direzione giusta.

 

Significativa è anche l’approvazione da parte del Consiglio Regionale, nell’autunno scorso, della mozione che impegna la Giunta a valutare la predisposizione di procedure pubbliche finalizzate ad assumere personale specificamente dedicato a prestazioni connesse all’interruzione di gravidanza, analogamente a quanto fatto dall’Ospedale “S. Camillo” di Roma.

 

Dal 1 maggio, poi, è operativo il Protocollo tra l’Area Vasta 4 e l’Area Vasta 3 che avvia un percorso di presa in carico da parte dei medici degli ospedali di Macerata e di Civitanova Marche delle donne fermane che fanno richiesta di IVG.

 

Risultati positivi e da valorizzare ma occorre fare di più e dare piena e concreta attuazione alla Legge 194/78 in tutto il territorio regionale. Occorre procedere all’assunzione straordinaria di medici, ostetriche e infermieri non obiettori prevedendo, nei bandi di concorso, l’assegnazione ai servizi e attività connessi all’IVG, ricorrere all’istituto della mobilità, e bisogna affidare la direzione delle strutture ospedaliere a chi garantisce la piena applicazione della legge.

 

Inoltre, occorre garantire la piena centralità ai consultori, potenziandoli adeguatamente affinché siano un reale punto di riferimento per la salute delle donne e per sostenere la loro libertà di scelta in materia di procreazione responsabile; occorre poi favorire e promuovere la cultura della prevenzione a partire da percorsi educativi nelle scuole sulla sessualità e la contraccezione.

 

Ma, soprattutto, bisogna consentire ai giovani di fare figli quando lo desiderano: si fanno pochi figli perché oggi avere un figlio è un lusso di fronte ai costi e alla precarietà del lavoro. Si deve costruire una società accogliente verso la maternità. E’ una grande battaglia perché questa società è ostile alla maternità: gli asili nido sono insufficienti e costano troppo e ancora troppe donne sono costrette a lasciare il lavoro quando nasce un figlio.

 

#SAVE194.

 

Ancona, 21 maggio 2018

 

 

Daniela Barbaresi

Segretaria Generale CGIL Marche