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Infolampo: Legalità – Tempi

Storie di riscatto e di legalità, ricordando Peppino
Impastato
Il 9 maggio di 40 anni fa veniva ucciso Peppino Impastato, nello stesso giorno del ritrovamento del corpo
di Aldo Moro in via Caetani a Roma. Oggi in Sicilia si terrà una marcia per ricordare il giornalista
ucciso da Cosa Nostra. Anche noi vogliamo ricordarlo. Lo facciamo raccontandovi la storia di una
masseria confiscata alla camorra e restituita alla collettività. Una storia di riscatto e di rinascita. Il
miglior modo per onorare la memoria di chi è morto in difesa della democrazia e della legalità.
Un gruppo di killer della camorra riunito in un fortino in una zona isolata dell’area metropolitana di
Napoli. Tra loro e il resto del mondo ci sono 12 ettari di terreno con
al centro una masseria, all’interno stanno pianificando l’ennesimo
sterminio del clan rivale, l’eliminazione di personaggi scomodi, il
conteggio dei soldi ricavati con le attività criminali. Il loro capo si
chiama Vincenzo Magliulo. Lo chiamano l’”ingegnere della
camorra”. Un colletto bianco a capo di un’organizzazione
criminale. Uno tra i maggiori responsabili per i trenta morti
provocati a causa della guerra dichiarata alla cosca rivale dei
Moccia e capace, allo stesso tempo, di farsi eleggere assessore nelle
fila dell’allora Democrazia Cristiana, prima di essere arrestato, nel
1989: allo stesso tempo, Magliulo era mafioso e rappresentante
delle istituzioni di un paese. Un ossimoro inaccettabile.
Eppure, anche per una vicenda desolante come questa può arrivare
un epilogo inaspettato, un rovesciamento in grado di trasformare
una storia di violenza e criminalità in un simbolo di riscatto, di
speranza, di legalità e di vita.

La rinascita avviene venti anni fa circa, quando quel fortino-
masseria e il terreno intorno vengono confiscati e passano dalle

mani criminali a quelle dello Stato. Oggi quel luogo rappresenta il
bene confiscato più grande dell’Area metropolitana di Napoli. Si
estende su una superficie di circa dodici ettari, all’interno del
comune di Afragola, la cui Amministrazione con a capo il sindaco
Domenico Tuccillo ha non pochi meriti nell’esito della storia.
«Dal 1° marzo 2017 – racconta Gianluca Torelli, della Camera del lavoro Cgil Napoli – il bene è stato
assegnato a una rete di cooperative, associazioni e organizzazioni. Una rete formata da Il Consorzio di
Cooperative sociali “Terzo Settore”, nato nel 2002 e con una importante esperienza nella gestione di
servizi sociali in favore di anziani, diversamente abili e donne vittime di violenza; la Camera del lavoro
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Governo, Pedretti : serve
responsabilità di tutti

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Tempo di lavoro senza limiti
La riduzione dell’orario di lavoro è stata la questione che la Ig Metall, il sindacato dei metalmeccanici
tedeschi, ha posto al centro del rinnovo del contratto. Già nel 2003 era stata aperta una vertenza per
l’estensione delle 35 ore settimanali agli stabilimenti della ex Germania dell’Est.
Scritto da: Mario Sai
Nonostante uno sciopero molto impegnativo di quattro settimane e la disponibilità di alcuni governi dei
Lander orientali, allora aveva prevalso la posizione ricattatoria della Associazione degli imprenditori:
questi avevano detto no, perché l’orario ridotto sarebbe andato a scapito degli investimenti in una area
depressa, anzi avrebbe costretto le imprese a trasferirsi in altri paesi. La sconfitta del sindacato mise così
ai margini del dibattito politico e sindacale, in Germania e non solo, la questione della riduzione
dell’orario, che aveva avuto il suo punto culminante negli anni novanta del secolo scorso con la conquista
delle 35 ore settimanali in Germania e in Francia .
L’accordo di quest’anno prevede per i lavoratori a tempo indeterminato il diritto di ridurre, per un periodo
limitato da 6 a 24 mesi, il proprio orario di lavoro settimanale a 28 ore ( in alcuni casi con integrazioni
salariali) e la possibilità di lavorare 40 ore settimanali invece di 35. Gli apprendisti avranno diritto a due
giorni di permesso per preparare il loro esame finale. Rimane immutata la differenza di orario tra Ovest
ed Est, dove la settimana è ancora di 38 ore, differenza che nella fase di discussione della piattaforma i
lavoratori avevano chiesto con forza di superare.
La novità di grande importanza è che la flessibilità prevista per l’orario di lavoro è basata su una scelta
volontaria e personale. La contrattazione promuove, così, un’uguaglianza di opportunità tra esigenze
diverse in una prospettiva di maggiore autonomia nel lavoro. L’accordo si colloca, però, in un contesto
dove la tendenza dominante è la de-standardizzazione degli orari, in cui sono presenti stabilità e
precarietà, orari corti e tempi di lavoro lunghi. E’ la conseguenza di quanto è successo dopo la durissima
crisi del 2008 che ha visto aumentare la differenziazione degli orari di fatto per il diffondersi dei nuovi
sistemi di produzione flessibili di derivazione toyotista: il WCM (World Class Manufacturing) con cui
Sergio Marchionne ha riorganizzato la FCA e la lean production, che è il metodo che applica Del Vecchio
alla Luxottica.
Uno dei cardini del Toyota Production System è, infatti, il just in time, che ha capovolto le rigidità
tayloriste in flessibilità. In questa prospettiva, bisogna produrre solo quando e quanto è necessario e
questo lo decide il mercato, per cui la produzione deve essere pull, tirata dal cliente. Si tratta, in breve,
dell’inverso del toyotismo rispetto alla produzione di massa. Nelle aziende giapponesi, già negli anni
ottanta, i lavoratori erano divisi in cinque gironi: i dipendenti a tempo indeterminato con buoni salari ed
esteso welfare aziendale; gli occupati con contratto a tempo determinato rinnovabile ogni sei mesi; i
lavoratori assunti in occasione di picchi produttivi e per stagionalità; i lavoratori part-time, soprattutto
donne e, infine, i lavoratori occasionali, in genere studenti, senza diritti. In Giappone, secondo una
indagine del 2012, nelle imprese sotto i 100 dipendenti i lavoratori regolari a tempo pieno erano solo il
37,35 e in quelle sopra i 1000 il 53% .
Questa radicale trasformazione nel modo di produrre e di lavorare provoca non solo discontinuità,
instabilità, insicurezza in chi non ha un lavoro regolare, ma anche una spinta al superlavoro per i
lavoratori stabili. In Giappone sono oltre il 12% (il doppio rispetto ai precari); fanno orari che vanno
spesso molto oltre le 48 ore settimanali; rinunciano in tutto o in parte alle ferie e per questo si ammalano e
talora muoiono. Le Trade Unions denunciano che anche in Gran Bretagna quattro milioni di operai e
impiegati lavorano più di 48 ore settimanali e lo stesso superamento dell’orario legale si verifica per gli
occupati stabili americani. Similmente, la nuova legge del lavoro francese (2017) permette in caso di
“emergenza” e con un accordo aziendale di estendere l’orario settimanale a sessanta ore.
In Italia, il quadro normativo si può così riassumere: 40 ore settimanali nel settore privato e 36 nel
pubblico; oltre alle ferie ci sono per i privati permessi retribuiti (8/12 giornate). Nei contratti ci sono
accordi sia per orari ridotti nei cicli continui e per i turnisti sia per l’incremento delle ore di straordinario
obbligatorio. Ci sono, inoltre, limitate forme di flessibilità individuale per gli orari di ingresso e di uscita
e vi ò la possibilità di trasformare lo straordinario in riposi compensativi (banche ore).
Finita la lunga stagione dello scambio tra flessibilità e riduzione d’orario, che aveva portato a forti
riduzioni d’orario con il corrispettivo aumento dei turni di lavoro e la loro estensione al sabato e alla
domenica (significativo il caso del settore tessile), ora la flessibilità riguarda l’incremento degli
straordinari, gli orari variabili, la cassa integrazione nei periodi di crisi, i contratti di lavoro a termine o
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