Intervista al dott. Massiah UBI banca

Dottor Massiah, quello trascorso è stato un anno complesso per il Gruppo. Come descrive
i risultati del 2017?
È stato un anno complesso, ma allo stesso tempo estremamente positivo, perché abbiamo fatto
tante cose insieme e le abbiamo fatte bene. Abbiamo completato il progetto di “Banca Unica” a
febbraio – era previsto per la fine di giugno – quindi in anticipo. Abbiamo eseguito prima l’offerta e
poi l’aumento di capitale per le tre banche: Banca Marche, Banca Etruria, Carichieti. L’esito di
questo aumento di capitale è stato estremamente positivo per la nostra valorizzazione in Borsa: il
mercato ha molto appezzato l’operazione e la nostra market cap si è rivalutata molto di più dei 400
milioni dell’aumento di capitale stesso. Abbiamo poi eseguito, nei tempi, la migrazione prima di
banca Marche e poi di Banca Etruria: a fine novembre avevamo le due banche più grandi già fuse
dentro il nostro istituto. Infine, a dicembre, abbiamo avviato e realizzato la riportafogliazione su
tutti i clienti. Anche dal punto di vista dei risultati economici e patrimoniali abbiamo realizzato dei
risultati estremamente interessanti.
Nonostante avessimo tutte queste cose da fare siamo stati in linea con quelli che erano i risultati
previsti del primo anno del piano industriale. Certo abbiamo alcune cose che sono andate un po’
meglio e alcune cose che sona andate un po’ peggio.
Cominciamo dalla cose andate un po’ peggio. Quello che è andato un po’ peggio è stato il margine
di interesse nella sua componente di markup, cioè la componente di spread sugli impieghi. Il
motivo? L’influenza del TLTRO per quanto riguarda la competizione sul mercato. Gli spread sono
stati, sul mercato, molto più bassi a causa dei tassi negativi che di fatto guidavano la dinamica di
mercato.
Come abbiamo compensato? In parte sul margine di interesse stesso attraverso la riduzione più
aggressiva del costo del funding, in parte attraverso una crescita molto robusta delle commissioni,
simboleggiata a mio avviso dall’importante crescita di quote di mercato nel risparmio gestito.
Abbiamo i costi, direi, perfettamente sotto controllo, sono stati completati una serie di accordi
sindacali che ci permettono di restare nei piani per quanto riguarda la riduzione sia del costo del
personale che della chiusura delle filiali; abbiamo continuato a investire in maniera significativa
nella tecnologia e poi, per quanto riguarda il costo del credito, abbiamo un costo del credito
nell’ambito di circa 80-81 basis point, che includono e assorbono una componente molto
importante dell’ispezione BCE sul nostro credito corporate che si sta completando ma che
ovviamente per le componenti che già in parte conoscevamo, abbiamo già accantonato nell’anno
2017. Tutto insieme ha comunque portato a un utile che è più alto, in termini normalizzati, di quello
dell’anno precedente e che ci mette in linea con quelle che sono le attese di piano per il 2018.

Le banche italiane, anche sollecitate dalle autorità monetarie, stanno affrontando il tema
della riduzione dei crediti deteriorati. Qual è il suo punto di vista sulla situazione italiana
e qual è la strategia di UBI riguardo agli NPL?
È evidente che il “busillis” della gestione degli NPL si risolve attraverso un opportuno bilanciamento
tra due componenti. Da un lato c’è un mercato che chiede di accelerare l’alleggerimento dello stock
degli NPL. Il mercato, e ancora più le autorità di vigilanza. Dall’altro lato c’è da seguire un passo che
non metta le banche nelle mani dei compratori di NPL e quindi nei fatti svalutando, a causa di un
eccesso di offerta nello stesso tempo il valore di questi asset. Noi, come sempre, cerchiamo una via
bilanciata.

Da un lato continuiamo con la nostra strategia che prevede attraverso oltre quattrocento persone
che se ne occupano la gestione interna di questi asset che mi sembra stia facendo molto bene:
pensate che nel solo 2017 la gestione interna ha ridotto questi asset di settecento milioni.
Dall’altro lato andiamo a sfruttare un’opportunità che ci viene data dai nuovi principi contabili che
vengono adottati nel 2018. Nell’ambito degli IFRS9 c’è l’opportunità di utilizzare in termini di first
time adoption – cioè in termini di primo utilizzo di questa regola – la possibilità di portare a stato
patrimoniale e non a conto economico e con un addebito sullo stato patrimoniale, per quanto
riguarda il capitale, degli effetti della svalutazione rateizzato in cinque anni, di un pacchetto di
cessione di crediti non performanti. Noi adottiamo, per una dimensione abbastanza significativa,
questa soluzione: ciò ci permette di accelerare l’alleggerimento complessivo e ci permette di poter
rendere realizzabile l’obiettivo di essere nell’ambito di una dimensione di singola cifra percentuale
entro l’orizzonte di piano. Se poi il contesto di mercato ci permetterà di fare queste cessioni in
maniera più veloce di quanto abbiamo previsto – evidentemente questo vuol dire un’offerta, da
parte dei compratori, a un prezzo più vicino a quelle che sono le nostre valutazioni – noi potremmo
raggiungere questi obiettivi già anche nell’anno 2019.

Nel 2017 sono state integrate in UBI Banca le tre Banche acquisite nel mese di maggio,
che si aggiungono alle sette banche rete incorporate in attuazione del progetto di Banca
Unica a fine 2016 / inizio 2017. Si è proceduto alla creazione di 7 macro aree commerciali
e alla riportafogliazione di un numero importante di clienti del Gruppo. Quali sono i passi
di integrazione ancora da compiere e quali i risultati attesi che UBI Banca potrà
raggiungere nella sua nuova e semplificata articolazione?
Avere realizzato tutti i progetti previsti per il 2017 e avere adottato il principio IFRS9 in termini di
first time adoption ci permette di creare le condizioni per un 2018 estremamente favorevole.
Cosa manca? Manca, dal punto di vista logistico-organizzativo, il completamento della migrazione di
CariChieti, attuale Banca Teatina, che verrà realizzata entro febbraio di quest’anno. A valle di
quest’ultimo adempimento noi andremo ad accelerare in termini di nostra capacità competitiva sul
mercato, e cosa ci attendiamo:
– Una crescita su tutte le variabili più importanti: una crescita sul margine di interesse grazie
a un’ulteriore riduzione del conto del funding; una crescita in termini commissionali grazie al
fatto che abbiamo veramente realizzato tutte le condizioni per poter crescere su ogni singola
componente, sia dal punto di vista dell’asset management che dal punto di vista assicurativo
che dal punto di vista delle commissioni sulle attività più tradizionali
– Dal punto di vista dei costi l’ulteriore spegnimento di un sistema informativo (quello dell’ex
CariChieti, ndr) e l’andare in continuità, in realizzazione sugli accordi sindacali ci permetterà
di ridurre ulteriormente la componente costi
– Infine, sul credito, è evidente che tutte le azioni che abbiamo rappresentato prima sia in
termini di 2017 che di primo accoglimento dei principi IFRS9 dovrebbero portarci a un costo
del rischio più basso di quello del 2017.
Se sommiamo tutte queste componenti è evidente che il 2018 ci dovrebbe portare un incremento
estremamente significativo della redditività e quindi un’ulteriore realizzazione del Piano Industriale
che abbiamo presentato.