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Rileggere la nota aggiuntiva al bilancio dello Stato del 1962

La “Nota aggiuntiva” di Ugo La Malfa e lo sviluppo sostenibile

di Giovanni Pizzo

Attualità dei principi di politica economica che ispirarono la “Nota aggiuntiva” di Ugo La Malfa per la definizione di una nuova politica economica di sviluppo “sostenibile”.

Nel 2003 ricorre il centenario della nascita di Ugo La Malfa; il modo migliore per rendere omaggio ad uno dei Grandi Padri della Repubblica Italiana, anima ed orgoglio del Partito Repubblicano Italiano, è quello di mettere in risalto la grande attualità del suo pensiero che ancora oggi può essere di orientamento per la nostra elaborazione politica, in un momento in cui il Paese rischia il declino e tutto il modello occidentale di sviluppo sta attraversando una complessa fase di transizione, fra globalizzazione, diseguaglianze, fratture di civiltà, degrado ambientale. Nella ricorrenza del centenario della nascita siamo orgogliosi di constatare l’attualità del pensiero di Ugo La Malfa che costituisce ancora oggi, forse più che ieri, guida e riferimento per le elaborazioni che dovremo sviluppare in materia di politica economica – ambientale dei prossimi anni. Con questo intervento spero di fornire agli amici Repubblicani l’occasione per dibattere su una materia – la politica ambientale – che ancora a qualcuno può apparire marginale e non affine alla identità culturale del Partito e invece, come vedremo in seguito, in quanto destinata a diventare unica cosa con la politica di sviluppo economico, si innesta nella tradizione e nel patrimonio culturale dei Repubblicani che sono stati sempre all’avanguardia nella elaborazione delle politiche economiche di sviluppo. Noi siamo “il nucleo dell’avvenire” e “consideriamo nostro compito vedere più avanti, proporre soluzioni anticipatrici, ascoltare le voci della società, del suo mondo intellettuale e produttivo, in uno sforzo di rendere uniforme (e sostenibile) lo sviluppo del Paese e più giusta la distribuzione dei redditi e delle possibilità all’interno di esso”.

Il Partito Repubblicano Italiano è il partito più antico presente nella scena politica italiana: l’anno scorso ha celebrato il suo 43° Congresso Nazionale; ciò, giustamente, è motivo di orgoglio e compiacimento per tutti noi che ritroviamo in questa Casa le radici di Valori per i quali ha senso un impegno in politica, in un momento in cui nuove aggregazioni politiche nascono e svaniscono continuamente. Ma, come avviene per qualunque aggregazione di uomini, avere una lunga storia costituisce un valore concreto per il presente quando si è capaci di realizzare l’accumulazione delle esperienze del passato attraverso il continuo travaso intergenerazionale e le nuove generazioni riescono a sfruttare questo bagaglio per elaborare le informazioni del presente e per delineare le strategie del futuro.

Altrimenti c’è solo la vecchiaia.

I Repubblicani, in materia di politica economica e politica di sviluppo, possiedono un bagaglio di storia e di esperienze unico nell’attuale panorama politico anche se quelle idee e quelle soluzioni politiche sono oggi patrimonio di tutti i grandi partiti, sia di destra che di sinistra; se riusciremo a cogliere gli elementi essenziali per elaborare strategie e proposte adeguate alle necessità del nuovo secolo, potremo continuare ad essere l’avanguardia culturale per gli sviluppi dei prossimi anni e contribuire alla elaborazione delle politiche che porteranno nella direzione della “sostenibilità” i processi di sviluppo economico di cui il Paese avrà bisogno. Questa unica forma di politica dello sviluppo – che chiameremo “politica dello sviluppo sostenibile” avrà come scopo quello di trovare nelle esigenze che deriveranno dalle questioni ambientali il motore per l’innovazione e creare così nuove occasioni di sviluppo economico; dovrà spezzare la correlazione fra crescita economica e degrado ambientale, utilizzando, in ultima analisi, le energie del mercato per il miglioramento delle condizioni ambientali e della qualità della vita.

Si tratta di una sfida complessa con tempi necessariamente lunghi durante i quali il “Transatlantico” della nostra economia di mercato, senza doversi fermare, deve realizzare una variazione di rotta di 90 gradi e indirizzare la prua – oggi rivolta contro una barriera costituita dalla insostenibilità ambientale – in una direzione parallela – a questa linea tale da garantire la continuità della navigazione anche per le generazioni future.

Ma come si può realizzare una simile trasformazione; se si tratta di modificare la rotta del Transatlantico dell’economia, la leva di comando naturale ed efficiente è il “timone”. (Anche se, come sanno bene gli appassionati di mare, esistono altri sistemi per modificare la rotta di una imbarcazione, meno efficienti dal punto di vista della dissipazione di energia: per esempio frenando il motore dell’elica destra ed accelerando quello dell’elica di sinistra il transatlantico virerà a destra). Non è difficile, a questo punto, cogliere l’attualità del pensiero di Ugo La Malfa e del suo concetto di “Programmazione” quale base per le politiche di sviluppo che dovremo delineare nei prossimi anni.

Oggi, la questione dello sviluppo sostenibile e degli strumenti per arrivarci fanno tornare prepotentemente di attualità il concetto del “timone” dell’economia, per guidare verso obbiettivi di progresso le forze del capitalismo, che appartiene al patrimonio di insegnamenti di Ugo La Malfa e di tutta la tradizione dei Partito Repubblicano.

Quella visione della politica economica fu rappresentata in modo mirabile nella famosissima “Nota aggiuntiva sui problemi e prospettive dello sviluppo economico e della programmazione in Italia” presentata dall’allora Ministro del Bilancio Ugo La Malfa al Parlamento il 22 maggio 1962 in occasione della Relazione generale sulla situazione economica del paese 1961″.

Una lettura di quel testo fatta oggi alla luce degli sviluppi in materia di politiche ambientali che la stessa Unione Europea sta delineando con il sesto programma di azione per l’ambiente, ci può dare un grande aiuto per formulare strategie politiche. Il Partito Repubblicano Italiano, che oggi si trova a ricoprire con il proprio Segretario Nazionale, una responsabilità diretta di governo come Sottosegretario all’Ambiente, forte delle esperienze in tema di Programmazione, è in grado di mettere al servizio di questa importante sfida il peso della sua antica tradizione, la forza delle idee di ieri e di oggi, e la capacità di rinnovamento che gli ha consentito di restare sempre all’avanguardia nel corso delle evoluzioni di oltre 150 anni di storia.

La politica economica deve (…) darsi carico della predisposizione di tutti i mezzi atti a rendere stabile il processo di sviluppo (…) Lo stesso progredire economico e il raggiungimento di livelli più elevati di reddito e di consumi lasciano scoperta (…) un’ampia serie di bisogni (…) la cui soddisfazione rappresenta la condizione di un ordinato e libero vivere civile (…) La politica economica può assumere un contenuto concreto solo facendo diretto riferimento a ciò che possa e non possa realizzarsi attraverso il meccanismo in atto (…) La politica di programmazione (…) non è altro (…) che un’azione rivolta ad indirizzare i processi di sviluppo in maniera che si tenga conto degli squilibri esistenti e dei problemi insoluti (Ugo La Malfa: Nota aggiuntiva sui problemi e prospettive dello sviluppo economico e della programmazione in Italia; 22.5.1962).

La “Nota” ricorda che in Italia ci sono stati imponenti trasferimenti di popolazione che hanno deturpato l’ambiente dei territori arretrati (pag. 37) e prosegue:

(…) In virtù di queste tendenze, la nostra spesa pubblica rischierebbe di essere sempre più impegnata a sostenere i maggiori “costi sociali” che derivano dall’eccessiva agglomerazione di popolazione nelle regioni altamente sviluppate e dalla necessità di provvedere (…) al sostentamento di situazioni sempre più precarie nelle regioni meno sviluppate. (Ugo La Malfa: Nota aggiuntiva sui problemi e prospettive dello sviluppo economico e della programmazione in Italia; 22.5.1962).

In queste parole ritroviamo quei tratti dell’agire Repubblicano che dovremmo sempre tenere presenti. Innanzitutto quella visione pragmatica della politica al servizio dei cittadini senza schemi ideologici: ricordiamoci che eravamo nel 1962 in pieno centrismo e La Malfa era alleato della Democrazia Cristiana di Scelba: questo non gli ha impedito di sostenere politiche che oggi sarebbero classificate di “sinistra”, spingendosi fino alla nazionalizzazione dell’industria elettrica, ma sostenne, contemporaneamente, (e qui sarebbe stato catalogato di destra) l’apertura dell’economia italiana all’Europa. Il punto di partenza del ragionamento era che la fase dello sviluppo tumultuoso degli anni cinquanta (il “miracolo italiano”) non sarebbe potuta continuare perché i meccanismi di mercato avrebbero impiegato troppo tempo per dare risposte adeguate alle questioni di fondo ancora presenti nella società italiana, (e in qualche modo anche acuite dalla stessa crescita), che allora erano la distribuzione sociale e territoriale della ricchezza (sacche di povertà nelle aree interne e nelle città, urbanizzazione tumultuosa, servizi inadeguati per le fasce deboli, questione meridionale); ciò avrebbe determinato inevitabilmente un peso per l’economia con una serie di costi che comunque sarebbero ricaduti sulla collettività, frenandone lo sviluppo. La Malfa vedeva gli effetti indesiderabili dello sviluppo economico quali l’eccessiva concentrazione industriale al Nord e lo svuotamento del Mezzogiorno, il depauperamento sociale delle campagne e gli assetti irrazionali delle città; la ricchezza che si andava creando veniva destinata sempre più per i consumi e per investimenti speculativi o poco produttivi e sempre meno per la soddisfazione di bisogni fondamentali del vivere civile.

La Malfa era un fautore delle virtù del mercato ma valutava che esso avrebbe fornito le necessarie risposte in tempi troppo lunghi (come sta avvenendo per la questione ambientale) con gravi conseguenze per l’equilibrio socio – politico, e propone quindi di forzare i tempi assegnando alla politica economica il compito di darsi carico dell’istruzione, della ricerca scientifica, della sanità, di un razionale assetto delle città e di attuare l’equità distributiva, in breve, di una programmazione dell’offerta (attraverso una politica di investimenti) e della domanda (con la politica dei redditi) che oggi definiremmo mirati all’elevazione della qualità della vita.

Alla programmazione economica devono essere assegnati i seguenti obbiettivi fondamentali. In primo luogo la programmazione dovrebbe approntare gli strumenti di un possibile intervento che venga richiesto dalla necessità di provocare uno sviluppo globale sulla base dei ritmi altrettanto elevati di quelli che si sono verificati nel passato; in secondo luogo si tratta di accelerare opportunamente il processo di superamento degli squilibri tradizionali; in terzo luogo occorre orientare l’evoluzione economica e sociale in modo da soddisfare le esigenze di civiltà democratica e di progresso (…) L’aumento e il miglioramento dei consumi pubblici rappresentano una delle forme più desiderabili di aumento del reddito reale e di miglioramento del tenore di vita, (qualità della vita) in quanto esse risultano più equamente distribuibili fra tutti i membri della collettività (…). Un’azione di questo genere richiede naturalmente una decisa volontà politica, alla formazione della quale sembra indispensabile l’adesione dei sindacati operai. Questi possono (…) contribuire alla ricerca del miglioramento delle condizioni dei lavoratori che provenga soltanto in parte dall’aumento dei salari, e si fondi, per il resto, su altre forme di aumento del reddito reale (buone scuole aperte alle giovani generazioni; migliore assistenza medica; minore tempo e minori spese per i trasporti tra casa luogo di lavoro, e così via)

Queste proposizioni sono state la base di quella “politica dei redditi” che ancora oggi sotto forma di “concertazione” costituisce uno dei pilastri della politica economica.

Gli strumenti per l’attuazione di quella politica, proposti da Ugo La Malfa, erano:

creare una Commissione di programmazione che riunisca insieme gli esperti con i rappresentanti delle maggiori organizzazioni economico – sindacali di imprenditori e lavoratori (…);

affiancare ad essa una Commissione per la riforma tributaria;

sostituire la Commissione interministeriale per la ricostruzione con la Commissione interministeriale per la programmazione;

trasformare il Ministero del bilancio in Ministero del bilancio e della programmazione economica;

di avviare una profonda riforma della pubblica amministrazione.

La politica della programmazione democratica associata alla politica dei redditi ebbe, come sappiamo, alterne fortune fino all’ultimo tentativo messo in atto da Giorgio La Malfa con Paolo Savona nei primi anni ottanta. Ma ciò che mi interessa evidenziare è come questa impostazione e relativa strumentazione siano ancora attuali, con gli opportuni adeguamenti al contesto nazionale ed internazionale, per costruire una nuova politica di sviluppo sostenibile.

L’irruzione della questione ambientale nei sistemi economici

Dopo il primo allarme scientificamente argomentato lanciato nel 1972 dal Club di Roma con “I limiti dello sviluppo”, numerosi documenti di istituzioni internazionali hanno trattato la materia dello sviluppo sostenibile: per citare solo i principali, la Conferenza di Stoccolma del 1972, riconosciuta unanimemente come punto di svolta nella politica internazionale dell’ambiente; il Rapporto Brundtland, (Our Common Future del 1987 delle Nazioni Unite nel quale si dà per la prima volta la definizione di “sviluppo sostenibile”) il programma Agenda 21, documento conclusivo della conferenza di Rio de Janeiro del 1992; i programmi d’azione della Comunità Europea dal 1973 in poi fino quello vigente (V programma d’azione 1993 – 2000) a favore dell’ambiente e di uno sviluppo sostenibile, ed il sesto programma in fase di emanazione per il periodo 2000 – 2010. Contestualmente tali principi ed enunciazioni sono entrati via via nel diritto dei singoli Stati sia a livello di carta Costituzionale che di legislazione corrente.

Quando si cominciò a manifestare, la questione ambientale fu percepita solo come esigenza di imporre limiti ed effettuare controlli (command and controll); ben presto ci si rese conto che tale approccio non sarebbe stato sufficiente (nella similitudine del Transatlantico questo approccio corrisponderebbe alla virata realizzata frenando un motore ed accelerando l’altro); con il “Quinto programma comunitario d’azione a favore dell’ambiente: verso uno sviluppo sostenibile” con il quale fu impostata la strategia comunitaria in materia di ambiente per il periodo 1992 – 2000, si prese atto dei limiti di una politica “passiva” i cui risultati erano stati, da un lato, di freno allo sviluppo economico, dall’altro non avevano impedito un ulteriore deterioramento delle condizioni dell’ambiente: inquinamento atmosferico, inquinamento delle acque, degrado del terreno, gestione della natura, ambiente urbano, gestione dei rifiuti, presentavano tutti elementi con segno negativo rispetto al decennio precedente, nonostante la enorme mole di normative e limiti emessi durante lo stesso periodo.

Con il Quinto Programma si comincia a mettere in discussione il modello di crescita per cercarne uno capace di essere sostenibile per l’ambiente. Siamo ad una svolta nella quale economia, sviluppo, ambiente entrano, finalmente in una interazione superando la impostazione massimalista che le poneva in contrapposizione (sviluppo = degrado dell’ambiente). Non a caso in coincidenza con la diffusione di questa nuova visione della questione ambientale si registra una perdita del consenso dei partiti “ambientalisti” che, originariamente, avevano puntato invece sulla contrapposizione per combattere, attraverso le questioni ambientali, lo stesso sistema dell’economia di mercato. I principi sui quali si fonda l’azione del quinto programma sono legati ad un maggiore coinvolgimento su base volontaria degli operatori e su una azione di sensibilizzazione della società per favorire cambiamenti nei comportamenti, e nell’integrazione delle istanze ambientali nelle altre politiche di settore. Non c’è solo una politica di tutela dell’ambiente, bensì il controllo delle implicazioni ambientali di tutte le politiche di settore e di tutta l’azione delle istituzioni pubbliche nell’economia. Un ulteriore passo in avanti sarà fatto con l’adozione il “sesto programma d’azione per l’ambiente” denominato “Ambiente 2010: il nostro futuro, la nostra scelta” nel quale, fra l’altro, viene indicata la necessità di un patto di collaborazione fra l’industria, lo Stato ed i consumatori per affrontare la sfida dello sviluppo sostenibile

I cardini di questo modello di intervento sono:

l’applicazione rigorosa della legislazione ambientale esistente;

l’integrazione più approfondita delle tematiche ambientali nelle altre politiche di intervento pubblico;

la collaborazione con il mercato, attraverso le imprese e gli interessi dei consumatori per creare “valore aggiunto” alle produzioni più sostenibili;

l’informazione dei cittadini sia come “utenti” dell’ambiente che come consumatori “consapevoli”;

le decisioni in materia di assetto e gestione territoriale negli Stati membri.

Ma l’aspetto centrale del sesto programma, nonché il fattore determinante per il suo successo sarà il coinvolgimento delle parti interessate, che dovrà permeare ogni fase del processo politico, dalla fissazione degli obbiettivi alla concretizzazione delle misure. (qui vengono in mente i soggetti coinvolti nella politica dei redditi di Ugo La Malfa). Questo processo è stato accompagnato dalla elaborazione di nuove teorie economiche da diverse scuole di pensiero e dalla implementazione di un complesso di norme e strumenti, che nel caso dell’Italia sono in maggior parte derivati dalla attuazione di impegni assunti a livello internazionale di norme europee, per le quali, peraltro, il nostro Paese registra un ritardo di attuazione notevolissimo. Come si vede la questione ambientale ha fatto già irruzione nel nostro sistema economico; le economie di mercato, anche in questo caso, come sempre è avvenuto storicamente, stanno reagendo, ma con tempi non idonei a scongiurare il manifestarsi di conseguenze anche gravi, forse irreversibili.(Qui ricordiamo la valutazione di Ugo La Malfa circa la lentezza con cui il mercato reagisce per superare le sue stesse contraddizioni).

La situazione italiana

Il nostro Paese ha vissuto questa rivoluzione in modo formalmente allineato con quello degli altri paesi sviluppati, ma senza una forte sintesi a livello di volontà politica e solo in virtù degli sforzi di un solo Ministero (peraltro istituito solo nel 1982) mentre gli altri ministeri sembravano remare contro; comunque, l’Italia è stata presente e ha sottoscritto i numerosi impegni internazionali in materia di ambiente e ha adottato con delibera CIPE del 28 dicembre 1993 il “Piano nazionale per lo sviluppo sostenibile in attuazione dell’Agenda 21”. Nel 1998 è stata costituita in seno al CIPE la VI commissione per lo sviluppo sostenibile e con delibera del 2 agosto 2002 è stato approvato il documento “Strategia d’azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia 2002 – 2010”. La suddetta Delibera indica gli obbiettivi e le strategie da attuare per il conseguimento dello sviluppo sostenibile:

applicazione della legislazione ambientale;

integrazione del fattore ambientale in tutte le politiche di settore attraverso l’uso degli strumenti di verifica della sostenibilità di tutte le opere (VIA) e dei programmi (VAS);

integrazione del fattore ambientale nei mercati attraverso la riforma complessiva in senso ecologico del sistema fiscale, la introduzione di ecotasse, la riforma delle politiche di sussidio alla produzione ed al consumo se distorsivi dal punto di vista ambientale, la promozione dell’adesione delle imprese a certificare la propria efficienza ambientale;

l’accrescimento della consapevolezza e capacità decisionale dei cittadini;

l’integrazione dell’attuale sistema di contabilità nazionale con indicatori rappresentativi dell’azione ambientale e dello sviluppo sostenibile;

il rafforzamento della ricerca scientifica e tecnologica sull’ambiente e lo sviluppo sostenibile;

il finanziamento dello sviluppo sostenibile.

Le aree tematiche di riferimento sono:

Clima ed atmosfera;

Natura e bio diversità;

Qualità dell’ambiente e qualità della vita negli ambienti urbani;

Uso sostenibile delle risorse naturali e gestione dei rifiuti.

Nel documento che viene approvato con la delibera sono sviluppati in modo puntuale tutti gli aspetti investiti dalla strategia proposta, quasi copiati in maniera “scolastica” dai documenti comunitari. E’ evidente a tutti che si tratta di un documento di carattere “formale” in cui la parte più concreta sembra essere l’introduzione e il monitoraggio degli indicatori delle performance ambientali, strumenti indispensabili per “guidare” il processo di programmazione di cui si dirà in seguito.

L’attualità del pensiero di Ugo La Malfa per la nuova politica economica di sviluppo sostenibile

Poiché non resta escluso nessuno dei settori che costituiscono il sistema economico, è evidente che, per dare una valenza strategica alle proposizioni enunciate nel documento di strategia approvato dal CIPE è necessario che si faccia una sintesi politica delle conseguenze di ciò che viene in esso indicato: questa sintesi consiste nel prendere atto che, i problemi dello sviluppo economico e quelli della conservazione dell’Ambiente tenderanno sempre più ad essere intrecciati fino a diventare unica cosa, come accade ai tronchi di certe piante che attorcigliandosi finiscono, nel tempo, col diventare un solo tronco (come la nostra edera): le politiche di sviluppo saranno le politiche ambientali o, se si vuole, le politiche ambientali saranno le politiche di sviluppo.

La gente dispone ormai in abbondanza di oggetti, di piaceri e divertimenti materiali e quindi si rivolge sempre più a ciò che sembra potere aumentare le proprie aspettative di vita e di benessere psichico. (Galbraith).

La questione centrale sarà quella della qualità della vita attuale e di quella delle future generazioni; questa nuova centralità, che piaccia o no, sostituirà in un tempo più o meno breve (al più qualche anno) quella classica dello sviluppo inteso solo come aumento del reddito monetario.

L’azione di Governo dovrà confrontarsi con questa nuova centralità: le sole politiche mirate ai fattori dello sviluppo economico e dell’aumento della ricchezza non sono più sufficienti ad evitare il degrado dell’ambiente e, forse, non sono più nemmeno in grado di garantire soddisfacenti tassi si sviluppo del PIL; esse dovranno sempre più considerare questa diversa centralità e puntare verso il conseguimento di un benessere misurabile attraverso la qualità della vita, intesa come mix di benessere economico in senso convenzionale e di qualità delle condizioni in cui i maggiori redditi possano essere fruiti oggi e in futuro; su questo terreno, con l’impulso alla ricerca scientifica ed delle innovazioni tecnologiche, potranno essere trovati nuovi sbocchi e nuove opportunità che l’attuale modello di produzione – consumo – scarico dei rifiuti non riesce più a dare per eccessivo avvicinamento alla “saturazione”.

Lo spot pubblicitario che si è visto durante le ultime feste natalizie nel quale si invitava la gente a comprare, ringraziandola perché fa girare l’economia, è un segnale di crisi strutturale molto importante a tale riguardo.

La chiave di questa nuova azione di Governo, in un sistema economico complesso e globalizzato, sta nel definire un ventaglio di azioni capaci di orientare verso l’obbiettivo le stesse forze del capitalismo; la sfida dello sviluppo sostenibile si potrà vincere se, attraverso l’uso delle opportune leve di comando, si riuscirà a realizzare il cambio di rotta ed invertire la attuale correlazione fra crescita economica e degrado ambientale. Ed è a questo punto che ritroviamo, in modo direi impressionante, l’attualità del pensiero di Ugo La Malfa: egli oggi ci indicherebbe nella collaborazione delle forze sociali intorno agli obbiettivi prioritari individuati nella strategia approvata dal CIPE, da conseguire attraverso lo strumento della programmazione democratica, la via per rendere sostenibile e duraturo il processo di sviluppo. Egli la definirebbe Politica economica in senso stretto; una politica economica che pone come obbiettivo centrale non solo lo sviluppo dei redditi, ma anche, e intrinsecamente, il miglioramento della qualità ambientale e la conservazione della stessa per le future generazioni come condizione per alimentare lo stesso processo di sviluppo. E sarebbe peraltro una politica finalmente comprensibile dalla gente; ormai la qualità dell’ambiente, le conseguenze sulla salute della popolazione, l’alimentazione sono temi sui quali l’opinione pubblica mostra una grandissima sensibilità al pari livello, se non superiore, dei temi più classici del lavoro, della sicurezza, della giustizia. Il suo approccio può essere oggi utilizzato per la nuova politica economica dello sviluppo sostenibile: si tratta di traslare verso questo nuovo obbiettivo centrale della politica economica i principi della politica di “Programmazione e Politica dei redditi”, avendo però cura di tenere in considerazione gli elementi di novità insiti nella modifica dell’obbiettivo centrale e nelle caratteristiche dei sistemi economici nazionali ed internazionali. I Soggetti di riferimento per la costruzione di questo progetto, come indicato anche dal sesto programma di azione comunitaria per l’ambiente, restano però gli stessi indicati da La Malfa: le Imprese, lo Stato e i sindacati dei lavoratori, oggi più propriamente identificabili come i consumatori – fruitori dell’ambiente.

Più complesso è il problema di identificare i Soggetti Istituzionali capaci di rappresentare ai tavoli della concertazione le categorie individuate; soprattutto per il Consumatore – fruitore dell’ambiente mancano Soggetti forti di riferimento e non basta più il Sindacato dei lavoratori dipendenti. In questo senso nel nostro paese siamo ancora molto indietro (a differenza degli Stati Uniti dove queste forme di aggregazione di utenti costituiscono un vero e proprio contro potere capace di infliggere dure sconfitte al mondo delle imprese quando necessario). E’ necessario lavorare per far crescere queste aggregazioni (il Partito Repubblicano potrebbe farne oggetto di specifica azione politica rilanciando in tal senso l’ENDAS) che avranno in futuro una grande importanza politica e sociale; le Organizzazioni dei consumatori potrebbero costituire un nuovo Soggetto rappresentativo degli interessi costituiti, affiancando quello tradizionale, in un ipotetico schema “Programmazione e politica della qualità della vita” da costruire per attuare la nuova politica economica orientata a realizzare la virata del Transatlantico.

Accanto a queste linee di azione risultano ancora attuali perfino gli strumenti proposti allora da Ugo La Malfa:

creare una Commissione di programmazione che riunisca insieme gli esperti con i rappresentanti delle maggiori organizzazioni economico – sindacali di imprenditori e lavoratori (…);

affiancare ad essa una Commissione per la riforma tributaria. E’ noto che fra le azioni ritenute più incisive ai fini del cambiamento di rotta del transatlantico c’è quella di ristrutturare l’attuale organizzazione dei prelievi tributari che penalizzano il lavoro – che è una risorsa rinnovabile – a scapito dell’uso delle risorse primarie)

sostituire la Commissione interministeriale per la ricostruzione con la Commissione interministeriale per la programmazione. Esiste già in seno al CIPE;

trasformare il Ministero del bilancio in Ministero del bilancio e della programmazione economica. Oggi si potrebbe rilanciare la proposta di ricostituire il Ministero del Bilancio che diventerebbe il “Ministero della programmazione dello sviluppo sostenibile” e dovrebbe riunire l’attuale Dipartimento dello Sviluppo del Ministero dell’Economia e la Direzione Sviluppo Sostenibile del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio.

avviare una profonda riforma della pubblica amministrazione. Oggi si tratterebbe di definire, nell’ambito del processo di federalizzazione in atto, i livelli di coordinamento fra Stato e Regioni e l’uso delle relative Agenzie tecniche.

Conclusione

Il Partito Repubblicano, che storicamente è stato sempre particolarmente attento ai temi dello sviluppo economico e della distribuzione della ricchezza, è in grado, meglio di altri, di cogliere questo mutamento di scenario e può contribuire alla costruzione degli strumenti di governo di cui l’opinione pubblica avverte il bisogno. Il PRI ha espresso le sue migliori risorse umane sul terreno dell’economia, nell’ambito della tradizione liberal democratica e di una visione pragmatica delle scelte di politica economica guidate dall’unico fine di assicurare il benessere dalla società. Questi principi, se opportunamente “travasati” alle nuove generazioni, danno al PRI strumenti privilegiati per elaborare nuove idee per il governo dei problemi economici del futuro, in un momento in cui si avverte chiaramente il limite degli approcci classici, non solo nell’incomunicabilità con le nuove generazioni, ma, anche in termini di risultati. Per un Repubblicano di oggi il faro non può che essere il pensiero di Ugo La Malfa del quale, nel mese di maggio del 2003 ricorre il centenario della nascita. Ugo La Malfa, con la sola forza delle sue idee, nell’Italia del 1949 divisa fra socialisti e comunisti pregiudizialmente ancorati al mito della rivoluzione socialista, da un lato, ed il blocco conservatore degli agrari e dei latifondisti legato alla Democrazia Cristiana, dall’altro, riuscì ad imporre al partito di maggioranza scelte decisive – fortemente contrastate dagli interessi conservatori – che delinearono il nuovo volto dell’Italia industriale: la riforma agraria, la creazione della Cassa per il Mezzogiorno; la liberalizzazione degli scambi con l’estero e l’apertura dell’economia italiana all’Europa. Non furono scelte di destra o di sinistra: erano le scelte obbligate che avrebbero assicurato la nascita di un’Italia industriale e che hanno reso possibile il boom economico degli anni successivi.

L’espressione più nitida della visione lamalfiana della politica economica la ritroviamo nella famosa ” Nota aggiuntiva sui problemi e prospettive dello sviluppo economico e della programmazione in Italia” presentata al Parlamento in qualità di Ministro del Bilancio il 22 maggio1962. Quel documento segnò l’avvio della stagione del “centro – sinistra” e fu considerato il manifesto ideologico di quella politica; oggi, quel documento potrebbe rappresentare il manifesto di una nuova politica per lo sviluppo sostenibile. In questa relazione, che intende essere anche un omaggio al grande Ugo La Malfa in occasione del centenario dalla sua nascita, ho cercato di mettere in evidenza la grande attualità di quelle idee che oggi ci possono guidare per elaborare strategie di politica economica adeguate ad affrontare le sfide del capitalismo dei primi decenni del terzo millennio.

Quaranta anni dopo la famosa nota di La Malfa, Joseph E. Stiglitz, Nobel per l’economia 2001, membro del Consiglio dei consulenti economici sotto la presidenza di Bill Clinton, si esprimeva in questi termini:

Avevo studiato i fallimenti sia dei mercati sia dei governi e non ero tanto ingenuo da pensare che l’intervento pubblico potesse rimediare a ogni guasto del mercato. Non ero neppure così sciocco da ritenere che i mercati, da soli, potessero risolvere qualsiasi problema sociale. Disuguaglianza, disoccupazione, inquinamento: erano questi i nodi in cui il governo doveva svolgere un ruolo decisivo. (Joseph E. Stiglitz Nobel per l’economia 2001).

12 aprile 2003