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Infolampo: pensioni – ansia

Pensioni: il cantiere sempre aperto fa solo danni
Discutere continuamente di riforme, con proposte sempre diverse, è un fatto controproducente. È invece
necessario puntare su un insieme coerente di misure, un pacchetto organico che riordini in un unico
provvedimento le principali questioni irrisolte
di Gianni Geroldi, economista, già professore ordinario di Scienza delle finanze
Da anni, in Italia, il funzionamento del sistema pensionistico è uno dei temi più ricorrenti del dibattito
economico e politico. Oltre alle riforme attuate, ad ogni legge di bilancio, l’argomento torna d’attualità
nei lavori parlamentari e nei confronti tra governo e parti
sociali. I giornali e gli altri media dedicano largo spazio
alle pensioni, con discussioni che, purtroppo, non sempre
mostrano la competenza e il rigore analitico che sarebbero
necessari. L’emergere continuo di dati e di notizie
contrastanti accresce l’apprensione dei lavoratori, sempre
più insicuri e dubbiosi circa i possibili cambiamenti di un
quadro normativo da cui dipendono le condizioni di vita
degli attuali e dei futuri pensionati. Già da questa
premessa si capisce come il cosiddetto “cantiere sempre
aperto”, cioè discutere continuamente di pensioni da
riformare, con proposte sempre diverse, sia in sé un fatto
controproducente. Dare sicurezza alle persone è infatti
l’obiettivo fondamentale di un sistema di protezione
sociale. Anche tenendo conto delle analisi critiche sui
sistemi tradizionali di welfare, non si può negare che negli
anni del grande sviluppo post bellico il futuro da anziani
era meno carico di incertezza rispetto a quello che si prefigura oggi per i lavoratori, giovani e meno
giovani.
Due sono gli elementi basilari su cui si basa, anche nel confronto europeo, la valutazione dei sistemi
pensionistici: essi sono la sostenibilità finanziaria e la sostenibilità sociale, ossia l’adeguatezza dei
trattamenti rispetto al livello di vita raggiunto nel corso della carriera lavorativa. Vediamo, in estrema
sintesi, come le due questioni sono valutabili nella realtà del nostro paese. Cominciando dalla sostenibilità
finanziaria, si possono elencare alcuni fatti. Dall’inizio delle riforme, più precisamente dal 1990, la
dinamica del rapporto tra spesa per pensioni e prodotto interno lordo – l’indicatore usato a questo scopo –
è caratterizzata da un progressivo contenimento della spesa per pensioni e da un sempre più basso tasso di
crescita del Pil che, negli anni della crisi, è diventato addirittura negativo. Il contenimento della spesa per
pensioni è in larga misura dipeso dal numero di pensioni erogate che, con il progressivo inasprimento dei
requisiti di accesso, ha dapprima rallentato, iniziando poi a calare dal 2009. L’ammontare medio delle
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Concrete. Costruiamo il fare.
L’Assemblea delle donne dello Spi

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Come e perché questa è l’età dell’ansia
“Se non siete ansiosi e abitate sul mio stesso pianeta, allora vorrei tanto sapere che cosa nascondete
nell’armadietto delle medicine”, scrive Laurie Penny in un articolo acuto e brillante (le due cose non
sempre vanno insieme) tradotto nel numero 1232 di Internazionale con il titolo Una generazione di
ansiosi.
di Annamaria Testa, esperta di comunicazione
L’ansia è una condizione di disagio psicologico. Ed è una condizione ambientale: si riferisce a una
indistinta, ma pressante, sensazione di allarme. C’è dentro preoccupazione, paura, la tensione fisiologica
del corpo che, in vista di un potenziale pericolo, si prepara ad attivare la reazione di attacco o fuga (fight
or flight).
David Spiegel, docente di psichiatria alla Stanford university, dice che tra ansia e stress c’è una differenza
fondamentale: mentre lo stress è riferito a un fatto specifico, ed è associato a nervosismo e frustrazione,
l’ansia è riferita a una più generale situazione di vulnerabilità.
L’ansia è solo un sintomo
Penny parla dei giovani nell’America di Trump, che di sicuro hanno più di un motivo per essere ansiosi.
Del resto, una recentissima ricerca dell’American psychological association dice che quasi due terzi degli
americani (non solo i giovani, dunque) sono in ansia per il futuro del paese. È il livello più alto mai
raggiunto: maggiore che durante la seconda guerra mondiale, la guerra del Vietnam, la crisi dei missili di
Cuba e l’11 settembre.
“L’ansia è uno stile di vita per la generazione Y. In un mondo insicuro, è una sorpresa?”, titola il
quotidiano The Guardian. La testata è britannica, ma l’articolo è scritto dall’australiano Simon Copland (e
con ciò abbiamo già toccato tre continenti). Copland elenca una serie di cause possibili: insicurezza del
lavoro, difficoltà di trovare una casa, instabilità dell’economia e del reddito individuale, cambiamento
climatico. Aggiunge che diverse ricerche evidenziano come l’insicurezza (sul lavoro o la casa, per
esempio) sia ancor peggiore, in termini di ansia generata, di una perdita reale.
A pensarci bene, la cosa ha un senso: se qualcosa di brutto capita effettivamente, ci si può attivare per
reagire. Ma il permanente timore che qualcosa di brutto possa capitare è più difficile da gestire.
Qualsiasi notizia ormai raggiunge chiunque, subito e in qualsiasi istante
In realtà, scrive Copland, la situazione è ancora più complicata di come appare: la rottura delle reti di
solidarietà e di vicinato, l’isolamento e la solitudine individuale, la crisi dei valori che per decenni hanno
orientato lo sviluppo della società occidentale tolgono punti di riferimento e accrescono l’incertezza.
L’ansia individuale (o generazionale) è solo un sintomo, e curare quello non basta. Bisogna rimuovere le
cause, e trovare soluzioni a lungo termine.
Mica facile, però.
Il New York Times Magazine sottolinea che l’ansia è un dono – si fa per dire – dei tempi più recenti: se
gli anni novanta sono stati tendenzialmente depressi, l’età contemporanea, e in primo luogo i suoi
giovani, sono costantemente preoccupati e agitati. Del resto, oramai è difficile perfino dire “dove finisce
lo stato ansioso individuale e dove cominciano le notizie dal mondo reale”.
Rimedi sensati e praticabili
D’altra parte, fino a una manciata di decenni fa le persone avevano da preoccuparsi solo di ciò che le
poteva coinvolgere direttamente. Ora, tutto quanto succede nel mondo riguarda tutti, dato che qualsiasi
notizia ormai raggiunge chiunque, subito e in qualsiasi istante. E di solito si tratta di cattive notizie, dato
che le buone hanno meno impatto e, quindi godono, a parità di rilievo, di minore diffusione.
L’ansia non è razionale. Non è coerente. Consuma un sacco di energia. È polivalente, e si può applicare a
qualsiasi cosa: si può essere contemporaneamente ansiosi per le possibili conseguenze del riscaldamento
globale e per un invito a cena con gente che non si conosce. Tra l’altro, si può perfino essere ansiosi sul
fatto di essere ansiosi.
Per evitare che questo articolo concorra a sua volta a suscitare ansia sull’ansia, concludo con alcuni dei
più sensati e praticabili rimedi a disposizione, tra quelli suggeriti da undici esperti. Primo tra tutti,
riconoscere lo stato d’ansia e accettarlo. Rallentare. Concedersi pochi minuti seduti, a non fare nient’altro
che respirare.
Poi: proteggersi dal bombardamento delle notizie e permettere a se stessi di allentare, ogni tanto, la
vigilanza. Accorgersi delle cose buone che succedono. Occhio: sembra che l’alcol riduca l’ansia, ma non
è proprio così. E ancora: stringere le reti di sostegno (parenti, amici) e condividere. Prendersi cura di sé
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