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Infolampo: Iussoli – fumo

diritto-ius-soliUltima chiamata per lo ius soli
Appuntamento venerdì 13 ottobre a Montecitorio per il Cittadinanza day, per sfidare i parlamentari
contrari alla riforma a confrontarsi con i ragazzi e le ragazze di origine straniera, nati e/o cresciuti in
Italia, cittadini di fatto ma non di diritto
di Filippo Miraglia, Arci
La riforma della cittadinanza sembra destinata ad arenarsi, proprio come avevamo previsto prima
dell’estate.
A luglio, in occasione di una delle tante iniziative promosse da L’Italia sono anch’io e dal movimento #
italianisenzacittadinanza, ci era stato promesso che il provvedimento sarebbe stato approvato facendo
ricorso al voto di fiducia alla ripresa dei lavori parlamentari.
Sapevamo che si trattava di un gioco delle parti, con il PD
che si diceva pronto a sostenere la legge ma purtroppo
bloccato da un riluttante Alfano.
Siamo consapevoli che questa battaglia di civiltà è oramai
quasi del tutto compromessa, almeno in questa legislatura.
Tuttavia, finché le Camere non verranno sciolte, faremo tutto
il possibile per richiamare i senatori e le senatrici alle loro
responsabilità.
Nei prossimi giorni, anche in vista della manifestazione
nazionale che si terrà a Roma il prossimo 21 ottobre contro il
razzismo, per i diritti dei migranti e l’uguaglianza, insieme a
tante organizzazioni e ad alcuni parlamentari che pensano
che non sia ancora tutto compromesso, ci mobiliteremo sia
localmente che a livello nazionale.
Abbiamo raccolto l’appello degli insegnanti, primi firmatari
Lorenzoni e Affinati, e oggi, in molte città italiane, abbiamo
manifestato con cartelli che rappresentavano i passaporti
italiani, per dire che a scuola nessuno è straniero.
Le iniziative nelle scuole andranno avanti per un mese, fino al 3 novembre, sperando che in questo lasso
di tempo il Senato approvi la legge che introduce lo ius soli.
Intanto ha trovato molti aderenti, anche nell’Arci, lo sciopero della fame lanciato dagli insegnanti come
ulteriore forma di pressione sui senatori.
Il prossimo 13 ottobre manifesteremo davanti a Montecitorio, promuovendo il Cittadinanza day, per
sfidare i parlamentari che sono contrari alla riforma a confrontarsi con noi e, soprattutto, con i ragazzi e le
ragazze di #italianisenzacittadinanza, giovani di origine straniera, nati e/o cresciuti in Italia, cittadini di
fatto ma non di diritto.
Alla manifestazione abbiamo invitato il mondo della scuola, genitori, alunni e insegnanti, per testimoniare
Leggi tutto: http://www.radioarticolo1.it/articoli/2017/10/06/8153/ultima-chiamata-per-lo-ius-soli
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Fumo, i numeri del vizio
Guadagni per 14,2 mld e una spesa medica che va tra i 6 e i 10. Mentre la nuova microtassa porterebbe
a un gettito di 600 milioni. Ecco il bilancio del mercato dei prodotti del tabacco nel nostro Paese.
di Carlo Terzano
Un centesimo in più per ciascuna sigaretta, così da sostenere la spesa sanitaria. A tanto ammonterebbe
quella che è già stata rinominata «microtassa sul fumo». Proposta nel 2016 per aumentare le risorse a
disposizione nella lotta al cancro, era stata poi accantonata a seguito delle proteste dei consumatori. Ma
potrebbe tornare ora, in tempo di Manovra economica, sebbene non ci sia stata alcuna ufficializzazione.
Da un lato, insomma, il dicastero guidato da Beatrice Lorenzin (che ha ribadito che la sua idea «resta
sempre valida») vorrebbe scoraggiare i fumatori, dall’altro punta sul loro vizio per scongiurare nuovi tagli
alla spesa. Ma quanto potrebbe portare nelle casse dello Stato? Quanti sono i fumatori in Italia? Quanto
incidono sulla spesa sanitaria e quanto contribuiscono economicamente al benessere della collettività
acquistando quotidianamente uno dei prodotti più tassati?
Partiamo anzitutto dal dato relativo alla tassazione sul tabacco. La micro-tassa proposta da Lorenzin nel
2016 sembra poca cosa: 1 centesimo a sigaretta. In realtà, il “fumo” è il prodotto più tassato dallo Stato. I
tabacchi lavorati, a fini impositivi, vengono distinti in: sigarette, sigari, sigaretti, trinciati, tabacchi da
fumo e da fiuto. Su questi gravano: il dazio (se proviene da Paese extraeuropeo), l’accisa e l’Iva. Marginali
l’aggio del rivenditore, nella misura fissa del 10% del prezzo, e la quota di spettanza del produttore che è
residuale.
TRA ACCISE, IVA E RICAVI. Questo vuol dire che, su un ipotetico prezzo pari a 100 per semplificare
il calcolo: 58,5 è l’importo versato nelle casse dell’erario a titolo di accisa; 18 è l’ammontare dell’Iva; 10 è
il guadagno del rivenditore; 13,5 l’ incasso per il produttore. Sommando le prime due voci, su un prezzo
pari a 100, la tassazione complessiva è di 76,5. La tassazione poi è mirata: maggiore per i prodotti più
venduti, minore per i prodotti meno diffusi. Per i sigari, per esempio, a fronte di un prezzo di 100, 25 è
l’accisa, 18,03 l’Iva e la quota maggiore è spartita tra rivenditore (10) e produttore (46,97). Il prezzo
corrente di ciascun prodotto della categoria dei tabacchi lavorati è indicato – e costantemente ritoccato –
nelle tabelle di ripartizione fissate con decreto del direttore generale dell’Amministrazione autonoma dei
Monopoli di Stato.
DOVE IL VIZIO COSTA CARO. Nonostante questo, l’Italia non è tra le nazioni in cui il tabacco costa di
più. Esistono persino applicazioni per smartphone che riportano quotidianamente i listini mondiali così da
venire incontro alle necessità dei fumatori in viaggio, indicando loro gli Stati in cui il vizio del fumo costa
meno. Si scopre così che chi è diretto negli Usa o in Australia farebbe meglio a dotarsi dei cerotti alla
nicotina, visto che il costo di un pacchetto oscilla dai 13 dollari di New York ai circa 20 di Melbourne
(16,67 euro). E in Europa? Il Paese in cui il vizio costa di più è la Norvegia: circa 12 euro a pacchetto,
cifre analoghe in Irlanda e nel Regno Unito. Per risparmiare bisognerebbe recarsi in Giappone (meno di 4
euro) o in Cina (poco meno di 3 euro).
Secondo i più recenti dati di Doxa, nel nostro Paese fuma regolarmente il 22,3% della popolazione, pari a
11,7 milioni di persone. Dato in lieve crescita rispetto al 2016. Gli ex fumatori sono invece il 12,6% e i
non fumatori il 65,1% della popolazione. Si fumano in media 13,6 sigarette al giorno con un picco di 14,1
sul target 45-64 anni e il 93% fuma sigarette confezionate. Dati che ci permettono di intuire la portata
della tassa proposta dal ministro Lorenzin: attorno ai 600 milioni di euro. Una cifra importante,
soprattutto se, come aveva dichiarato la ministra, fosse impiegata nelle terapie e nella ricerca contro il
cancro. A questo punto, la domanda sorge spontanea: lo Stato ha bisogno del gettito dei fumatori?
LO STUDIO IN REPUBBLICA CECA. Questo ragionamento era già stato fatto, nel lontano 2001, da
Philip Morris con un rapporto diffuso in Repubblica Ceca in cui all’epoca controllava circa l’80% del
mercato. Secondo lo studio della Arthur D. Little International, commissionato dal produttore di sigarette,
il fumo aiutava i conti dello Stato due volte: da un lato con un maggior gettito dato dalla tassazione sul
tabacco e, dall’altro, consentiva al Paese di risparmiare ogni anno circa 30 milioni di dollari tra assistenza
sanitaria e pensioni. Come? Con la morte dei tabagisti incalliti. In seguito alle proteste, la Philip Morris fu
costretta a chiedere pubblicamente scusa, ma la domanda, per quanto cinica, resta valida: per le finanze
dello Stato è più conveniente avere cittadini longevi e spendere quindi in assistenza sanitaria e pensioni,
oppure un’alta percentuale di popolazione che regala molti soldi ai monopoli e poi non arriva alla terza età
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