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Infolampo: Pensioni – prevenzione

pensioniPensioni, oltre ai conti considerare le persone
Bankitalia e Corte dei Conti chiedono al Parlamento di non tornare indietro sulle riforme.
Ghiselli (Cgil): “Insopportabile non ricordarsi che l’attuale sistema previdenziale italiano
è il più restrittivo d’Europa. Il governo mantenga le promesse”
“È singolare che quando si parla di pensioni, si considerino solo i conti e mai la
condizione reale di vita e di lavoro delle persone”. Così il segretario confederale della Cgil
Roberto Ghiselli commenta le dichiarazione di Banca d’Italia e Corte dei Conti nel corso
delle audizioni in Commissione Bilancio di Camera
e Senato sulla Nota di aggiornamento al Def. La
magistratura contabile chiede esplicitamente di non
tornare indietro sulle pensioni: “Ogni arretramento
– ha detto il presidente Arturo Martucci –
esporrebbe il comparto e quindi la finanza pubblica
in generale a rischi di sostenibilità”. Così anche
Palazzo Koch, secondo cui “le ultime proiezioni
sulla spesa pensionistica mettono in evidenza
l’importanza di garantire la piena attuazione delle
riforme approvate in passato, senza tornare
indietro”.
“La cosa è ancora più insopportabile – prosegue Ghiselli – poiché non si tiene conto del
fatto che l’attuale sistema previdenziale italiano è il più restrittivo d’Europa”. Per il
dirigente sindacale, “queste autorevoli istituzioni non vogliono considerare che con la
legge Fornero non si è fatta una riforma previdenziale, ma solo cassa, scaricando sui
lavoratori e sui pensionati l’onere principale del risanamento del paese. E che – aggiunge –
è necessario trovare il coraggio politico di apportare a tale legge una radicale, seppur
graduale, modifica, mettendo anche in conto la necessità di una redistribuzione degli oneri
sociali da sostenere, per superare così la profonda iniquità che l’ha caratterizzata”.
“Ma queste sono considerazioni sociali e politiche che non competono ai soggetti ascoltati
oggi”, sottolinea l’esponente della Cgil. “Quindi è bene che sia il governo ad assumersi la
responsabilità di dare risposte chiare al documento sindacale sulle pensioni, in tempi
celeri, come si era impegnato a fare”.
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I danni delle catastrofi naturali: quale strategia per la
prevenzione?
“Qui succede Casamicciola”. Questa locuzione, nell’area napoletana, è frequentemente usata per
indicare il rischio di una grave catastrofe e sembra che anche Eduardo Scarpetta se ne servì in un suo
testo teatrale dell’inizio del ‘900. A originarla è stato il terribile terremoto che nel 1883 colpi l’isola di
Ischia, e in particolare Casamicciola, causando crolli e distruzioni che significarono la morte per 2300
dei 4000 abitanti.
di Marcello Basili e Maurizio Franzini
Il terremoto di origine vulcanica di magnitudo 4 che il 21 agosto scorso ha colpito Ischia, e in particolare i
comuni di Casamicciola e Lacco Ameno, provocando l’abbassamento di 4 cm del suolo, 2 morti, 42 feriti
e circa 1500 sfollati, non è dunque un evento unico. Infatti, dal 1275 l’isola è stata interessata da 12 sismi,
di magnitudo 3-4, come risulta dal catalogo dei terremoti italiani.
Siamo, dunque, di fronte a un evento che si ripete, anche se con non altissima frequenza e, con i necessari
adattamenti, questa affermazione vale per gran parte del nostro territorio.
Se ci riferiamo all’Italia nel suo insieme, oltre il 40% dei comuni si trova in aree a rischio sismico, mentre
sono 7.145 (88,3% del totale), i comuni a rischio frane e/o alluvioni e in ben 7 regioni il 100% dei comuni
è a rischio idrogeologico. Secondo il Rapporto Dissesto Idrogeologico in Italia (ISPRA 2015), “le frane
censite nell’Inventario dei Fenomeni Franosi in Italia sono 528.903 e interessano un’area di 22.176 km2,
pari al 7,3% del territorio nazionale … supera i 7 milioni il numero degli abitanti residenti in aree a
rischio frane e alluvioni (12% del totale), dei quali oltre 1 milione vive in aree a pericolosità da frana
elevata e molto elevata (P3 e P4), mappate nei Piani di Assetto Idrogeologico (PAI) e quasi 6 milioni
vivono in zone alluvionabili classificate a pericolosità idraulica media P2 con un tempo di ritorno fra 100
e 200 anni (perimetrate nell’ambito della Direttiva Alluvioni)”.
Nelle previsioni si parla, in realtà, di probabilità di eventi sismici nei prossimi 50 anni fin oltre il 30% e
ancora più elevate sono quelle relative ai disastri idrogeologici.
Si tratta di probabilità non piccole di fronte alle quali un comportamento maggiormente orientato alla
prevenzione sembrerebbe razionali. E ancor di più sarebbe così se si tiene conto degli enormi danni che
possono verificarsi al concretizzarsi dell’evento. Nell’ultimo terremoto di Ischia, i danni sono stati
consistenti, malgrado la bassa intensità del sisma. E’ accaduto che gli effetti dello scuotimento sugli
edifici sono stati amplificati dal cosiddetto effetto sito cioè dalla presenza di terreni non consolidati.
Tuttavia ciò che più colpisce – anche se non si tratta di una novità – è la presenza di crolli puntuali, cioè a
macchia di leopardo: case e chiesa rase al suolo contigue ad abitazioni che, pur lesionate, hanno resistito.
Ma i danni potrebbero essere enormemente più gravi, anche in termini di vite umane. Restando nell’area
napoletana il pericolo viene soprattutto da due vulcani, il Vesuvio e i Campi Flegrei, che sono tra quelli a
più alto rischio nel mondo. E, si ricordi, nei dintorni dei due vulcani abitano circa 3 milioni di persone.
Il Vesuvio nel corso di 17 mila anni ha prodotto almeno 5 eruzioni pliniane (stromboliana violenta) – cioè
violente come e più di quella che nel 79 d.C. distrusse Ercolano e Pompei – e non soltanto sub-pliniane
che prevedono l’evacuazione dei 600 mila abitanti dei 18 comuni della zona rossa, alle pendici del
vulcano. Il Vesuvio è un vulcano a condotto chiuso e in questo caso ogni previsione sulla quiescenza
basata sulla frequenza delle eruzioni è praticamente inutile. Alcuni ricercatori, come il prof. Giuseppe
Mastrolorenzo, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), ritengono che l’assenza di
una specifica teoria sui cosiddetti precursori dell’eruzione, renda arbitraria la decisione di basare i piani di
sicurezza su uno scenario sub-pliniano, soprattutto quando la probabilità di un evento catastrofico
pliniano con coinvolgimento dell’intera area metropolitana di Napoli è stata stimata, dagli stessi
scienziati, all’11%.
I Campi Flegrei sono il vulcano più grande e pericoloso d’Europa con un indice di esplosività di sette su
una scala di otto. Nell’eruzione di 39mila anni sembra che la cenere raggiunse Groenlandia e abbia
contribuito all’estinzione dei Neanderthal. In un articolo pubblicato su Nature Communication (15
maggio 2017), Kilburn (UCL), De Natale e Carlino (INGV) analizzano le deformazioni del suolo
(bradisismo), le correlano alla presenza (accumulo) di energia nella crosta terrestre e quindi alla sua
rottura con conseguente eruzione. La ripresa della dinamica (innalzamento di 30 cm) potrebbe avviarsi su
un sentiero come quello osservato nel 1982-1984 con 2 metri di sollevamento del suolo e indicare la
formazione di un lago magmatico sotterraneo che accelererebbe la rottura della crosta e quindi
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