Infolampo: Pedretti – Declino
Pedretti: Ape sociale misura utile nata da confronto
governo-sindacati
“L’Ape sociale si sta dimostrando una misura utile e sono tantissimi i lavoratori che in queste ore si
stanno recando al nostro patronato per fare domanda. Realisticamente decine di migliaia di persone
potranno andare in pensione un po’ prima senza perdere un euro, visto che la misura è integralmente a
carico dello Stato”. Lo ha scritto il Segretario generale dello Spi-Cgil Ivan Pedretti sul suo profilo
Facebook.
“Oggi – ha continuato Pedretti – Matteo Renzi ci ha messo il cappello sopra, esaltandone la positività.
Ricordo sommessamente a lui e a tutti che l’Ape sociale è
nata nel confronto tra sindacati e governo e che è grazie al
nostro intervento se ha queste caratteristiche. Secondo le
intenzioni iniziali del governo infatti questa misura doveva
essere onerosa per il lavoratore. Ogni tanto ripristinare un
po’ di verità non fa male”.
Ape sociale: Cos’é, a chi spetta e a quali condizioni
La procedura per avere accesso all’Ape sociale (anticipo
pensionistico senza costi) richiede un doppio passaggio: un
primo snodo è chiedere all’Inps la verifica dei propri
requisiti; successivamente, una volta accertata l’esistenza di
questi requisiti, si fa la domanda per avere l’assegno.
La prima domanda. Nella prima fase è necessario dimostrare di rientrare in una delle categorie di
beneficiari che rende possibile l’accesso all’Ape: • stato di disoccupazione; • assistere da almeno sei mesi
un familiare convivente con handicap grave; • invalidità civile almeno al 74 per cento; • svolgere
un’attività gravosa.
Gli altri requisiti possono essere maturati in seguito, ma comunque entro l’anno di riferimento: ci
riferiamo ai 63 anni di età, al minimo contributivo (di 30 o 36 anni di contributi versati), ai tre mesi dal
termine del sussidio di disoccupazione (per i disoccupati), all’aver svolto per almeno sei anni negli ultimi
sette un’attività gravosa (per i lavori gravosi).
Il requisito contributivo può essere soddisfatto utilizzando sia i contributi accreditati nell’assicurazione
generale obbligatoria dell’Inps, sia quelli delle forme sostitutive ed esclusive della medesima nonché
presso la gestione separata dell’Inps. Gli eventuali periodi coincidenti saranno utilizzati solo una volta ai
fini del diritto.
La verifica dell’Inps. Le domande vengono verificate dall’Inps. Se tutto è a posto viene comunicata
all’interessato la prima decorrenza utile. Se i fondi non sono sufficienti viene posticipata la decorrenza
(che sarà confermata successivamente). Se non ci sono i requisiti, invece, la domanda viene rifiutata
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sindacati.html
Codice Antimafia, Cgil:
niente «alleggerimenti»
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La politica che spinge al declino
“I fondi pubblici per la ricerca sono nella media europea”, ha detto Matteo Renzi. Peccato che non sia
vero. E ancora meno sono i fondi privati, a cui pure – in nome dell’ideologia di lasciar fare al mercato –
è stata in pratica appaltata la materia. Le conseguenze si vedono, e chi volesse tentare un recupero
avrebbe un compito assai arduo
di Sergio Ferrari
Secondo il nostro precedente presidente del Consiglio e attuale aspirante a riprendere quel posto, Matteo
Renzi, “in Italia i fondi per la ricerca non sono più bassi, a livello pubblico, della media europea.” (Il
Fatto Quotidiano, 21 maggio 2017). Il pregio di questa battuta consiste nel fatto che, non essendo i
numeri delle opinioni “soggettive”, è facile verificarne la veridicità avendo a che fare, in caso contrario,
non con una diversa opinione ma semplicemente con una falsità. E i numeri dicono questo:
Il fatto che esistano altri personaggi, incominciando dalla ex ministra Gelmini, che condividano quella
battuta, ci dice solamente che questa falsità ha un numero di sostenitori tali da porre degli specifici
interrogativi intorno alla questione del cui prodest.
Per la verità questo dibattito sulla pochezza della spesa in ricerca nel nostro paese, sia quella pubblica e
ancor più quella privata, non è di oggi ma si pone da vari decenni, per cui anche con queste motivazioni si
sono giustificati interventi tali da “agevolare” gli investimenti in materia di ricerca da parte delle imprese.
Gli effetti sono stati negativi come dimostrato dalle verifiche effettuate anche dalla Banca d’Italia, ma
poiché questi esiti negativi erano in buona misura previsti e prevedibili si è preferito non approfondire le
cause e per non “danneggiare” le imprese, che un qualche “beneficio”, comunque, ne traevano. Anche
questi risultati sono stati inseriti nella strategia del silenzio.
Nel frattempo economisti, studiosi, politici e interessati vari si sono ampiamente spesi nel tentativo di
individuare terapie efficaci nel confronto della questione centrale, cioè la costante difficoltà del nostro
Paese a sostenere uno sviluppo economico e sociale adeguato alla sua collocazione tra i paesi sviluppati.
Le politiche alla jobs act sono state uno dei risultati di quell’impegno e non a caso sono servite anche per
eliminare la questione della nostra competitività e del nostro sviluppo e, in parallelo per scaricare sul
lavoro gli oneri di adattamento del nostro sistema economico, ed alimentare la riduzione della spesa
pubblica, ivi compresa la spesa in ricerca, come sembrano dimostrare le affermazioni di Renzi.
Naturalmente non è che siano mancate o che manchino tutt’ora nel nostro paese le necessità di attuare
riforme e ammodernamenti ma, rinviando ad una analisi specifica queste questioni, un paio di
osservazioni generali è opportuno avanzare. La prima è che un conto è individuare un difetto e un altro è
la capacità di correggerlo; e la seconda consiste nel fatto che quel difetto, se non corretto, può alimentare
forme di adattamento altrettanto negative.
In qualche misura questo è successo anche nel caso della ricerca e dell’innovazione: la difficoltà di
correggere la nostra debolezza in questa materia ha accresciuto il ruolo del sistema delle imprese e nel
momento in cui la cultura economica generale guardava ai miracoli del libero mercato, la responsabilità
diretta di quel “sistema” veniva riconosciuta anche dalla politica. Non con una propria assunzione di
responsabilità ma, in omaggio ai “principi” correnti, con una delega pressoché ufficiale, coma si deduce
anche dalla nomina a ministri dello Sviluppo di esponenti delle organizzazioni industriali. .
Nel frattempo il costante peggioramento della nostra competitività in genere e di quella tecnologica in
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